Fine della quinta ora. La ‘povna arriva in sala professori barcollando dopo una giornata insulsa (con troppe poche ore in assoluto, e poche passate in classe), onusta del carico di libri e quaderni. S(t)olida la accoglie con il sorriso imperturbabile:
“Posso parlarti, ‘povna”.
“Prego, dimmi pure”.
“Volevo dirti che i Pesci sono davvero insopportabili, e bla, e bla, e poi l’ha detto anche Patty, e bla, e la collega di ginnastica, e Mickey Mouse, e bla, e io, e bla, ho già fatto loro parecchie ramanzine”.
S(t)olida – seguendo il motto della pioggia e del fascista – ha ragione da vendere. Al secondo anno di scuola i Pesci si dimostrano una classe opaca, illeggibile e sfuggente: e le (pochissime) eccezioni di impegno singolo non servono a salvare il gruppo da un condiviso atteggiamento di antipatia generale. Prova ne sia che – come già successe, ai tempi, con i Bufali dell’Orda – una serie di ragazzi (tra cui Inquieta), pur promossi, hanno deciso di lasciare la classe; e anche tra i bocciati la maggior parte non si è ripresentata a scuola. La ‘povna – che su di loro aveva nutrito perplessità fin dal primo giorno – è consapevole che è su queste classi, e non altre, che si mette alla prova l’essere davvero insegnanti, e infatti ha chiesto di essere il loro coordinatore anche quest’anno. Ma ciò non toglie che il lavoro che le si prospetta davanti sia spesso complicato ed estenuante. Anche perché – come si ricorderà dall’anno scorso – in media, non può contare sull’aiuto dei colleghi.
Proprio per questo ascolta scettica le parole di S(t)olida: la fregatura è dietro l’angolo, e non tarda ad arrivare.
“E dunque io stessa sabato ho messo una nota sul registro, però, volevo dirti, è una nota, non un rapporto, e ho deciso che a casa non voglio chiamare”.
“Vedi, S(t)olida – (sospiro di “santa pazienza”) – “il problema non è quello che preferisci. Ti ricordo che la differenza tra note e rapporti è stata abolita dal collegio dei docenti, addì 10 settembre. E, mi spiace dirtelo, è normato dal regolamento anche il fatto che si debba avvertire le famiglie. In caso di rapporto collettivo è compito esclusivo” – (singhiozzo di afflizione cosmica) – “del coordinatore”.
“Ecco, lo sapevo che non avresti capito, ‘povna” – continua lei, mentre mantiene con puntiglio fede al nome che la identifica su Slumberland – “quella regola del collegio per me è ingiusta, non mi trova d’accordo. E dunque ho deciso che non la voglio applicare”.
La ‘povna fa appello all’ultimo residuo di pacatezza:
“Sai, S(t)olida: anche a me non piaceva questo emendamento. E infatti ho preso la parola, il 10 di settembre; ho fatto notare, al microfono, che cosa non mi sembrava giusto. Peccato che, a parte Mr.House, su 250 docenti non ci sia stato un cane che abbia voluto votare. Inoltre” – aggiunge – “ti ricordo che noi siamo cittadini, e per di più ufficiali pubblici: il fatto che non ci piaccia una legge ci può spingere ad agire per cambiarla, ovvio; ma, dall’altra parte, è nostro dovere seguirla, e farla rispettare”.
“Io non ci sto, ora basta, con te non si può ragionare” – S(t)olida alza la voce, proterva – “se la metti su questo piano, io ora faccio due freghi, zac, zac, e cancello la nota dal registro: così ti tolgo da sotto il naso ogni scusa per chiamare”.
La ‘povna ha esaurito ogni residuo di didattica pazienza. Urla anche lei. E urla più forte. “Fai come ti pare” – scandisce – “però non mi venire mai più a rompere l’anima con i Pesci; e non ti azzardare a lamentarti di come si comportano. Se vuoi fare una cosa così palesemente sciocca io non posso impedirtelo. Però sappi che mi dimetto da coordinatore di classe…”.
“E fallo!” – infila quella, sibilando.
“…ovviamente” – aggiunge glaciale la ‘povna – “con una doverosa lettera che spiega le mie motivazioni a tutti: alla preside Barbie, al vicepreside DaddyLongLegs, a Esagono” – pausa – “e, va da sé, ai rappresentanti dei genitori”.
Il colpo va a segno. S(t)olida sbianca. Balbetta.
“No, sai, è che ho sbagliato io, la verità è questa. Al collegio non ero stata attenta, e quella nota l’ho scritta per pararmi il culo in caso di rimostranze, perché la maggior parte delle cose sono successe quando, a campana suonata, non ero ancora entrata in classe”.
“Ah, ecco, brutta stronza, allora lo ammetti” – pensa la ‘povna. Ma invece ad alta voce dice altro, perché dopo la vittoria, se si è superiori, è il tempo del perdono.
“Non una parola di più, S(t)olida, ho capito benissimo. Intanto, un consiglio di grammatica: la prossima volta, se vuoi solo scrivere una comunicazione sulla classe, limitati a usare parole come “si registra”, o simili, così, forse, tutto questo pandemonio eviti di crearlo. E poi, nell’immediato, permettimi la domanda schietta schietta: ma pensi davvero che cancellare la nota sia il modo più incisivo per tutelarti rispetto alla questione?”.
“No, ehm, io, veramente…”.
“Ecco, appunto, facciamo così, allora. Io scrivo, adesso, una bella lettera alle famiglie, come da regolamento. La faccio personalizzata, basata sul futuro e sulla descrizione del presente: in modo che rimanga tutto agli atti, loro subiscano la punizione che si aspettano, ma noi, nello stesso tempo, abbiamo mano libera se decidessimo, in caso di miglioramento, di non farla valere…”.
S(t)olida ha capitolato, e pensa a questo punto di filarsela (tanto, a gestire tutto, resta quell’idiota della ‘povna), ma:
“…dunque, se aspetti un minuto, la scrivo qui insieme a te, così la leggi, e sei sicura che ti possa andare bene”.
“No, ma io, veramente” – S(t)olida borbotta, in sottofondo, la parola “pranzo”.
“No, no, tranquilla, nessun disturbo: domani è anche il mio giorno libero, almeno la chiudiamo subito. Avrò tempo per pranzare”.
Seduta al computer di sala insegnanti, la ‘povna tippetta la tastiera con lentezza esasperante. Scrive, cancella, ricontrolla, rilegge. Mafalda (che ha assistito allo scontro insieme a Mr. Higgs, dandole all’occorrenza manforte) le sorride complice.
“Ecco: ora possiamo leggerla; ad alta voce, tutti insieme!”.
“E poi la porto io direttamente al protocollo, ché domani sono nell’altro plesso” – le si fa incontro Mafalda (che ha intercettato nello sguardo della ‘povna la simmetrica paura che S(t)olida, altrimenti, la faccia sparire).
“Ah, ecco, beh, allora grazie” – borbotta S(t)olida quando, all’alba delle due e mezzo, lascia la sala insegnanti.
“Grazie a te, S(t)olida” – è il largo sorriso ‘povnico – “è sempre un piacere potersi chiarire le proprie visioni didattiche”.
“E cercare di evitare che tu faccia troppi danni” – è il commento a mezza voce, voltando la testa. Mafalda se la ride: “Allora 1-0 per te, ‘povna”.
Uno a zero, e palla al centro. A coordinare i Pesci, sarà un anno lunghissimo. Ma la ‘povna, questa volta, non ha nessuna intenzione di fare il fantoccio scaricabarile dei suoi piùcherettissimi colleghi.
Magazine Diario personale
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