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NO TAV: Buoni e cattivi

Creato il 01 marzo 2012 da Italianiaparigi
NO TAV: Buoni e cattivi

Due bandiere NO TAV

Da un paio di giorni un video sembra avere monopolizzato l’attenzione dei principali media italiani.
Nel breve filmato si vede un giovane manifestante del movimento NO TAV che si rivolge provocatoriamente a un poliziotto chiamandolo “pecorella” e invitandolo a sparare qualche colpo di pistola sul corteo.
Il militante del movimento NO TAV, che da mesi protesta contro la costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità in Val di Susa, scimmiotta con una certa violenza verbale e con un atteggiamento offensivo e indisponente quel rappresentante delle forze dell’ordine chiamato a svolgere la sua funzione.
Il video possiede una grande forza mediatica poiché mostra i due personaggi in un cruento faccia a faccia che vede il giovane manifestante sputare un fiume di parole sul poliziotto che resta impassibile alle sue provocazioni.
Immagini crude e foriere di un pungente senso di sfida che hanno richiamato l’interesse dell’opinione pubblica suscitando una lunga riflessione sul significato di questa scena.
Ho seguito buona parte dei dibattiti e delle discussioni su telegiornali, giornali, radio e siti web riguardo questo episodio e sono rimasto tristemente colpito dal giudizio generale che emerge.
La maggior parte delle perbeniste testate italiane e dei commentatori buonisti dei principali talk-show ha elogiato il comportamento indefesso del poliziotto che, ligio al dovere, non ha accennato una minima reazione mentre hanno etichettato il manifestante barbuto come un delinquente.
Il perverso meccanismo della gogna mediatica ha rapidamente fatto diventare carnefice il manifestante, a volto scoperto e disarmato, e vittima il poliziotto nascosto dall’enorme casco protettivo.
Ritengo giusti i complimenti e le parole d’encomio rivolte al paladino della giustizia che ha mantenuto la calma e il sangue freddo ma non sono d’accordo con l’etichetta scelta per il ragazzo che lo ha provocato.
La scena ripresa dall’occhio indiscreto della telecamera mostra un poliziotto che, sapendo di essere filmato, mantiene i nervi saldi e non reagisce.
Tuttavia la storia del nostro Paese ci insegna che non sempre le cose vanno in questo modo e che spesso, in assenza di telecamere che possano documentare l’accaduto, le reazioni dei poliziotti verso i manifestanti non sono state così pacate e controllate.
Mi balenano in mente mentre scrivo queste righe le immagini della scuola Diaz di Genova durante il G8 del 2001; in quell’occasione una squadra di spietati poliziotti si rese protagonista una vera e propria missione punitiva contro i manifestanti pacifici che alloggiavano nell’edificio.
Centinaia di giovani che si erano accampati nella scuola per trascorrere la notte subirono violenze tremende e i poliziotti si lasciarono alle spalle un orribile lago di sangue.
Cito questo esempio (se ne potrebbero citare molti altri) per sottolineare l’atteggiamento di chi troppo facilmente tende a identificare il lupo e l’agnello, i buoni e i cattivi, il bene e il male.
Ancora una volta, ho apprezzato l’atteggiamento del poliziotto che ha mantenuto i nervi saldi e stimo profondamente il lavoro delle forze dell’ordine che lavorano per il bene del Paese, mi piace però ascoltare anche la voce e le ragioni del manifestante NO TAV prima di definirlo come un poco di buono.
Nel suo impetuoso monologo il ragazzo sostiene delle verità scomode e pone l’accento  sul fatto che il poliziotto, con tanto di casco e manganello in mano, si trova in quel posto solo per necessità.
E’ il bisogno che causa quest’assurda lotta tra poveri dove giovani (magari entrati in polizia soltanto per campare la famiglia) devono reprimere altri giovani che lottano per difendere il proprio territorio e la propria dignità.
Le parole del manifestante, imbevute dell’amaro sapore della verità e mistificate dai media, pesano come macigni e meritano una giusta considerazione riguardo ai motivi della mobilitazione.

La costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità che colleghi Torino a Lione rientra nel progetto strategico di dare maggior respiro alla prospettiva europea dell’Italia e di spostare il trasporto delle merci dalla strada alla rotaia.
Sulla carta si tratta di un progetto avveniristico che mira a rilanciare l’economia italiana velocizzando lo scambio delle merci. In realtà la situazione è diversa e implica molteplici interessi e aspetti controversi.
Il movimento dei NO TAV, spesso tacciato come un gruppo di facinorosi che si oppongono ciecamente all’avanzata del progresso, è composto da gente che lotta per il proprio territorio e per la propria dignità, gente che non accetta di rinunciare alle proprie terre per lasciare posto a un inutile tunnel ferroviario.
Il ciclopico progetto di costruire una linea ferrata di 50 km che attraversi le Alpi è considerato superfluo e inopportuno per varie ragioni.
Innanzitutto perché una linea ferroviaria, il tunnel del Frejus, che collega l’Italia con la Francia esiste già e potrebbe essere sfruttata maggiormente per il trasporto di merci e passeggeri.
In secondo luogo perché un triste aspetto di quest’opera faraonica è il drammatico impatto ambientale sul rigoglioso territorio della Val Susa, che verrebbe trasformato in un corridoio industriale, causando un grave dissesto idrogeologico, inquinamento acustico, materiali da smaltire e pericolose emissioni radiologiche provenienti dall’amianto e dall’uranio delle montagne valsusine.
Di fronte a tutto ciò, l’argomentazione di ridurre l’inquinamento passando dal trasporto su gomma a quello ferroviario sembra essere davvero un debole pretesto.
Infine, dagli studi effettuati emerge che il guadagno economico derivante dalla costruzione della ferrovia ad alta velocità sarebbe esiguo e non giustificherebbe i costi dell’oneroso progetto (soprattutto considerando che le previsioni degli spostamenti di passeggeri e merci verso la Francia sono in calo).
Sembra, dunque, che la realizzazione della TAV più che agli italiani interessi alle losche lobby che hanno investito sul progetto e che vogliono specularvi biecamente.

Si tratta di un progetto anacronistico, privo di ogni fondamento e paradossale che appare ancor più insensato se si contestualizza nella situazione economica che l’Italia sta vivendo in questo periodo.
Una situazione al limite dell’assurdo che richiama istintivamente il progetto di costruzione del ponte sullo stretto di Messina caldeggiato da Berlusconi e, fortunatamente, messo in stand-by da Monti.
Spendere una considerevole somma di denaro pubblico per la creazione di quello che sarebbe il ponte più lungo d’Europa equivale a schiaffeggiare la dignità di una Sicilia che presenta ben altre priorità e dove la rete stradale e ferroviaria  rasentano il limite dell’impraticabilità.
In Val di Susa, dove un’ingente quantità di capitale pubblico è stata destinata ai lavori per la TAV, si sta verificando una situazione analoga e si cerca di far apparire per prioritaria un’opera che non è minimamente necessaria.
Le priorità dell’Italia sono ben altre e i soldi pubblici andrebbero impiegati per migliorare le infrastrutture esistenti, dagli ospedali alle scuole passando per il sistema ferroviario e autostradale, e con esse la qualità di vita dei cittadini.
Nonostante il ministro Passera abbia dichiarato più volte che i lavori devono continuare ignorando le proteste degli abitanti della zona, confido molto nel buon senso di Mario Monti che ha già preso decisioni sagge da quando governa il Paese (in particolar modo la scelta di non candidare Roma per le Olimpiadi e la sospensione del progetto del ponte sullo stretto).
E’ giunto il momento prendere in considerazione le grida disperate e gli appelli lanciati dagli abitanti della Val di Susa e di valutare attentamente i vantaggi e gli svantaggi legati all’alta velocità ferroviaria in quella parte d’Italia.
Il 9 febbraio scorso un gruppo composto da 360 insegnanti universitari, ricercatori e specialisti ha indirizzato al primo ministro italiano una richiesta di rivalutazione del progetto e di discussione con le parti sociali. Speriamo che quest’appello non rimanga inascoltato e che il governo prenda la decisione giusta per il bene dei cittadini, anche se ciò vorrà dire andare contro gli interessi delle banche e di molti partiti.
Ridurre la faccenda NO TAV a un mero susseguirsi di scontri e incidenti equivale a calpestare la dignità della gente di quella zona e insabbiare i veri motivi della loro lotta.
Dopo l’incidente occorso al leader del movimento Luca Abbà, precipitato dal traliccio di corrente elettrica al quale si era arrampicato in segno di protesta, l’attenzione della stampa verso la questione NO TAV è aumentata considerevolmente.
La gente che partecipa ai sit-in di protesta in Val di Susa per garantire un futuro alle proprie famiglie e proteggere il proprio territorio va rispettata.
La lotta dei valsusini va interpretata come una resistenza ostinata dei cittadini onesti contro i poteri forti della politica e della finanza internazionale, uno scontro carico di una forte valenza simbolica che profuma della fragranza di molte altre battaglie.

NO TAV: Buoni e cattivi


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