Probabilmente vi chiederete, dando un’occhiata ai film che ho recensito finora, come mai ho deciso di scrivere un articolo su questo film; potreste pensare che sia una critica per stroncarlo, visto il Paese in cui è stato realizzato (il nostro), gli attori con cui è stato realizzato (i nostri), poiché, diciamoci la verità, apparte Sorrentino (il fenomeno) e qualche altro che ancora resiste, l’Italia, che un tempo insegnava cinema, ora vive di interpretazioni ridicole, di pseudo-film d’autore di una noia mortale e di cinepanettoni; invece scrivo questa recensione con molto piacere, non per stroncare il film, ma per elogiarlo, sento il dovere di farlo, perché come appunto ho già accennato, visto il basso livello cinematografico in cui siamo arrivati, ogni tanto quando esce un piccolo gioiello è doveroso tesserne le lodi, anche per infondere una vena di speranza, forse il cinema italiano non è ancora morto.
Per chi non lo avesse visto la trama è semplice: Diego (Luca Argentero), Fausto (Edoardo Leo, che è anche il regista) e Claudio (Stefano Fresi) sono tre sconosciuti che decidono di acquistare un agriturismo in campagna perché insoddisfatti delle proprie vite; a loro si uniranno Sergio (Claudio Amendola) un comunista proprietario della rete televisiva dove lavora Fausto (il quale gli deve dei soldi), ed Elisa, una ragazza incinta; ben presto la quiete sarà rotta da Vito (Carlo Buccirosso), un camorrista di poco conto che è venuto a chiedere il pizzo.
Come ho detto prima, questo film è un piccolo gioiello, un piccolo gioiello di comicità, in cui spiccano le interpretazioni del sempre ottimo attore di teatro Carlo Buccirosso, nella parte del camorrista, e quelle degli altri camorristi che seguiranno a lui, perché si, questo film è comico nel suo sviluppo, ma tratta un argomento molto serio, e tutti gli attori che interpretano la malavita sono perfetti nei loro atteggiamenti e nei loro dialoghi, nessuno escluso; ma più di ogni altra cosa, la vera forza del film è l’interpretazione di Claudio Amendola, si, avete capito bene, colui che per tutta la sua carriera ha quasi sempre svolto parti praticamente uguali e quasi sempre banali, qui lo si riscopre eccezionalmente comico nell’interpretare un comunista rissoso che piglia a schiaffi tutti i camorristi (e non solo) uno dopo l’altro, e c’è una scena di una comicità tale che vale da sola il prezzo del biglietto (chi ha già visto il film immagino sappia già a quale mi riferisco, a chi non lo avesse ancora visto non voglio spoilerare nulla).
Capolavoro della comicità? Forse, la mia idea di capolavoro è particolare, come ho già scritto nell’articolo degli Oscar, per me basta una scena o una frase detta in un certo modo per salvare tutto il film; però c’è una cosa su cui proprio non posso passare sopra: Luca Argentero.
Ragazzi, mi dispiace dirlo, ma è inguardabile, la sua interpretazione è ridicola, forzata al massimo, credibilità zero, se mettevano un cane al posto suo la faceva meglio quella parte (ma come per lui la stessa cosa vale per la maggior parte degli attori italiani contemporanei).
Davvero un peccato, ma apparte questo non trascurabile difetto, gli altri sono stati più o meno tutti bravi (Amendola su tutti), e il film procede a tutto gas, tra risate e riflessioni varie.
Il finale è furbo, si vede che Edoardo Leo (molto comico anche lui nella parte del troglodita romano Fausto) ha studiato bene il da farsi, perché è un finale che implica per forza un seguito: si realizza un film, si vede come vanno gli incassi (e finora sono andati a gonfie vele), e poi, se vanno bene, hai già in mano le carte per il prossimo incasso…ma in questo caso dico, ben venga.
EDOARDO ROMANELLA