Quali sono i comuni denominatori che possono contribuire a rendere ciascun essere umano unico nel suo genere e l'intera umanità peculiarmente votata alla diffusione di intelligenza, arte e discipline tecnico-umanistiche? Attraverso quali leve è possibile impostare percorsi di crescita e consapevolezza capaci di estendersi fra generazioni differenti, valicando quindi i limiti temporali?
A queste e molte altre domande può ( cercare di) rispondere, con tutti i possibili ed inevitabili limiti, il concetto di cultura. A questa parola viene ricondotto, anche etimologicamente, un processo di crescita ed accrescimento dell'esistente in termini di competenze e capacità degli esseri umani.
Non a caso, infatti, la stessa parola sembra avere radici imperniate sulla parola latina cultus.
La stessa rispondeva, in origine, al participio passato del verbo colere che significa coltivare.
Fare cultura può quindi significare, non a caso, coltivare e trasmettere nel tempo e nel suo perdurare specifiche forme di conoscenza e consapevolezza da estendersi su dimensioni extra-generazionali.
Cosa ne potrebbe essere dell'essere umano senza la cultura e la capacità di trasmettere e raccontare la stessa nel corso degli anni? Cosa può significare per l'essere umano avere una cultura ed una coscienza da trasmettere alle generazioni successive?
Il rispondere a domande simili rischia di essere una questione estremamente complessa, proprio perché moltissime sono le variabili che rendono la cultura un fenomeno fortemente esteso e prolungato ( o prolungabile) nel tempo.
Ammesso che non sia possibile terminare esaurientemente la presente riflessione, potrà essere sempre lecito interrogarsi con consapevolezza relativamente a quanto la cultura possa essere importante per l'umanità intera. A prescindere dagli estremi temporali di riferimento.
A questa questione possono ricollegarsi, in termini espliciti, i concetti di sapere e crescita culturale; quali sono le " frontiere" verso le quali può spingersi il sapere? Come può rendere e trasformare la conoscenza? Il limite estremo ( e/o di volta in volta rinviabile?) coinciderà, brevemente, con l'accezione secondo cui si perviene al celebre " sapere di non sapere"?
Attorno a queste domande è possibile imbastire una riflessione molto lunga ed elaborata, proprio perché infinite sono le possibilità ed i confini entro cui potersi al meglio destreggiare.
Tale riflessione potrebbe essere agevolata dalla lettura dell'opera " Noi siamo cultura - Perché il sapere ci rende liberi", scritto da Edoardo Boncinelli e pubblicato da Rizzoli Editore.
Il fine dell'opera risulta chiaro, sin dalla copertina principale:
"[...] Che cosa fa di noi quello che siamo?
Se è vero che buona parte della nostra vita è già scritta nel nostro codice genetico, è altrettanto innegabile che le nostre esistenze sono influenzate dall'ambiente che ci circonda e da un infinito numero di elementi puramente casuali [...].
L'interazione di questi tre fattori (genoma, ambiente e caso) genera un numero potenzialmente infinito di individualità, ma questa ricetta sembra lasciare poco spazio alle nostre scelte personali: non siamo noi a comporre il nostro Dna, incidiamo sul mondo molto meno di quanto lui incida su di noi e [...] la nostra volontà è pressoché impotente davanti al caso. [...]"
Nonostante certe dinamiche possano rendere impotenti od anche svuotate le volontà degli esseri umani, dovrà essere importante adoperarsi per rendere al meglio possibile la consapevolezza di unicità ed esclusività degli esseri umani:
"[...] ogni giorno facciamo, pensiamo o diciamo qualcosa che rispecchia in pieno [...] la nostra unicità. E nel nostro continuo tentativo di affrancarci dall'idea di un destino immutabile abbiamo un alleato: la cultura. [...] Edoardo Boncinelli riflette sulla natura umana concentrandosi sulla pulsione che più di ogni altra ci distingue dagli animali: quella a sapere, conoscere, definire e regolamentare. E ci dimostra che la cultura scientifica e quella umanistica contribuiscono in egual misura nello sforzo collettivo di interpretare la realtà, fornendoci al tempo stesso gli strumenti per comprenderla.
'Noi siamo cultura' è un richiamo a dare un senso alla nostra libertà e un invito a coltivare l'umano bisogno di trasmetterla. Perché non c'è umanità senza conoscenza e non c'è conoscenza senza umanità. [...]"
Conoscenza ed umanità legano la cultura ed il suo accrescersi entro una serie assai precisa di confini e specifiche, definite proprio dalla necessità di accrescersi e migliorarsi il più consapevolmente possibile:
"[...] Chi possiede una buona cultura sta meglio. Sa di più e per questo può imparare di più. E' più al corrente delle cose del mondo ed è più in contatto e in sintonia con esse, senza perciò essere supinamente conformista. Anzi, più sa, più è in grado di formarsi idee proprie su questo o quell'argomento. In che modo si può dunque acquisire cultura? Come se ne fruisce?
Come si produce e come se ne possono incentivare l'appropriazione e la diffusione?
Quali forme di cultura esistono e che senso può avere entrarne in possesso? [...]"
Le parole ed i concetti chiave che percorrono le fibre di questa opera cercando di fornire alcuni indirizzi di risposta alle domande precedenti sono riportate sinteticamente nel seguito:
- Collettività e sua influenza rispetto al singolo;
- Cervello e sue trappole di comprensione ed elaborazione delle informazioni;
- Trasmissione del sapere;
- Modalità di adattabilità rispetto ai contesti esterni;
- Coltivare i semi del talento e della curiosità per costruirsi teste piene;
- Libertà 'residente' nel concetto di cultura;
- Elaborazione di particolari concezioni fra determinismo, libero arbitrio e crescenti complessità;
- Definizione delle idee di meraviglia, fra arte e scienza;
- Impostazione di forme di progresso differenti le une dalle altre, arrivando a costruire saperi a più velocità;
- Imprese collettive e rivoluzioni necessarie.
Fare cultura si richiamerà, pertanto, alla necessità di essere maggiormente liberi e sicuri delle proprie insicurezze. L'individuazione dei propri limiti è un percorso costante e da coltivare nel tempo, proprio per ( cercare di) scoprire quali risorse sia possibile mettere in circolo per crescere e migliorare l'umanità intera e la percezione del proprio ruolo nel mondo.
"[...] Possiamo rinunciare a tutto tranne che alla conoscenza. Perché è la nostra ricchezza più grande, l'unica eredità che conta e che non perde mai valore. [...]"

