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C’è un fantasma che si aggira per il nuovo dei Baustelle. Lo spettro del cinema. L’ultimo lavoro di Francesco Bianconi e compagni propone infatti chiare atmosfere da colonna sonora, com’è facilmente intuibile dai titoli di testa e da quelli di coda che aprono e chiudono il disco. E c’è persino un intermezzo tra primo e secondo tempo. È un film, più che un semplice concept album sulla tematica del tempo, il nuovo dei Baustelle. Cosa positiva, perché regala al sound della band toscana milanesizzata atmosfere evocative, grazie anche a echi morriconiani d’altra parte già presenti in Amen. Cosa che potrebbe risultare anche meno positiva, perché non sempre le colonna sonore funzionano altrettanto bene senza le immagini. Anche se in questo caso si tratta solamente di immagini mentali e non impresse su pellicola.
Il progetto dei Baustelle è dunque molto amibizioso, ancor più dei già parecchio ambiziosi precedenti dischi. Il gruppo ha un po’, un po’ tanto, lasciato per strada l'immediatezza pop delle sue hit più note, come Charlie fa surf e La guerra è finita, e anche il primo singolo La morte (non esiste più) non è molto accessibile, fin dal titolo. È un pezzo che ha bisogno di ascolti, di respiro, per conquistare con tutta la sua viva bellezza (che esiste ancora). Ulteriore attenzione va concessa al resto del programma. Attenzione per coglierne le sfumature e per apprezzare la complessità dei testi. Attenzione che non significa sia un album ostico, anche se un po’ sì. L’attenzione qui coincide con il piacere della scoperta, sia per le musiche che per i testi. Le note più belle dell’album arrivano nei brani maggiormente orchestrali, davvero affascinanti, con la voce di Bianconi che si fa solenne e fuori dal tempo come non mai. Soprattutto, mai così vicina a quella di Fabrizio De André. L’altro ingombrante fantasma che si aggira per la casa dei nuovi Baustelle. Convincono un cicinin meno invece i brani cantati dalla Rachele, che questa volta appaiono leggermente estranei al resto del programma. Ho detto leggermente e ti voglio comunque bene, Rachel. Menzione a parte merita “Conta’ l’inverni”, in dialetto romanesco. Sinistramente fascinosa, oppure una cafonata? Ai posteri, o ai prossimi ascolti, l’ardua sentenza. Comunque, ah Francè: ma che stai a ‘ddì?
Nonostante ci abbiano regalato anche questa volta qualche nuova bella melodia, i Baustelle hanno allora fatto un disco poco pop. È più un trip sonoro, atmosferico, culturale, che dimostra una notevole maturità e consapevolezza nei propri mezzi. A discapito dell’immediatezza. Ma hey, non si può avere tutto dalla vita. Soprattutto se sei un Fantasma. (voto 7+/10)
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