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Noi siamo gli intoccabili e voi ci avete rotto.

Creato il 09 aprile 2013 da Postscriptum
 

arbitro tagliavento

Le dure parole del presidente dell’Inter Massimo Moratti e del capitano nerazzurro Javier Zanetti hanno indispettito non poco Marcello Nicchi, presidente dell’Associazione Italiana Arbitri. I due esponenti del malcontento nerazzurro hanno messo in discussione la buonafede dei fischietti italiani, i quali (ed è parecchio evidente) non si sono risparmiati di colpire la squadra milanese durante tutto l’arco di questa stagione con rigori non fischiati, rigori fischiati contro e squalifiche che hanno rasentato il limite dell’assurdo.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata il rigore completamente inventato dall’arbitro Gervasoni in Inter-Atalanta di domenica sera.
Zanetti sbotta, Moratti accusa e Nicchi fa muro contro muro indignandosi.

 

In realtà che l’Aia e i suoi appartenenti fossero intoccabili lo si era capito anche l’anno scorso quando, dopo il gol più evidente della storia non visto da Tagliavento (foto), arbitri e loro designatori avevano fatto fronte comune contro le accuse di incompetenza e mancanza di tempra.
Intoccabili perché dopo Calciolpoli e le sue conseguenze non si è più potuto parlare di sudditanza psicologica, errori condizionanti e malafede anche se, di errori che hanno deciso le sorti di parecchie partite ce ne sono stati a raffica.
Tanto per chiarire: ho detto errori.
La malafede è nel non riconoscerli.

Io lo dico da tempo, gli arbitri italiani sbagliano perché sono pressati dal clima di tensione creato dalla mancanza di un dialogo costruttivo tra le società di calcio, l’Aia e la FIGC: dopo il 2006 pare che federazione e club non possano in alcun modo dialogare civilmente con l’associazione degli arbitri. Quest’ultima, forse per espiare alla vergogna che li ha travolti durante il suddetto scandalo, ha chiuso le comunicazioni con tutti arroccandosi in una torre d’avorio fatta di preconcetti e luoghi comuni. “Errare è umano e l’arbitro è un uomo“, “Tutti possono sbagliare” e “Bisogna lasciare tranquilli gli arbitri” sono le frasi preferite da Nicchi e dalla sua cricca di nuovi teoreti del calcio pulito; peccato che gli errori degli arbitri siano ormai diventati una componente fondamentale nella determinazione del risultato di una partita di calcio. La situazione è peggiorata dall’atteggiamento di alcuni fischietti che, tronfi nella loro tracotanza, sembrano semidei inavvicinabili pronti ad ammonire, espellere e squalificare per poi, in un meccanismo mentale di puro stile orwelliano, dimenticare di farlo quando sarebbe opportuno. Così ti capita di venire squalificato per una parola detta troppo forte e poi chi trancia le gambe ad un avversario la passa liscia, vedi giocatori espulsi che a fine partita rientrano in campo a vendicarsi e non vengono notati e, ciliegina sulla torta, un’intera panchina che entra in campo a protestare (ingiustamente) e che viene punita con l’equivalente una ramanzina paterna.

Il peggio però deve ancora venire. Ci sono arbitri che si lasciano scappare commenti parecchio preoccupanti, del tipo “voi è meglio che non parlate” e “non me la sono sentita” oppure che arricchiscono i referti dei match scrivendo falsità che nessuno può contestargli.

Ci vuole chiarezza e trasparenza. Ci vuole un regolamento più chiaro che non lasci spazio ad interpretazione personale. Ci vogliono punizioni pesanti per gli arbitri che sbagliano grossolanamente e ripetutamente. Ci vuole il coraggio, da parte dei club, di affidarsi totalmente agli arbitri ma ci vuole anche quello, da parte dell’Aia, di capire che tanti, troppi, errori non sono accettabili e che forse sia il caso di sollevare dall’incarico i diretti interessati.

Ci vorrebbe intelligenza perché la pazienza, da sola, non basta più.

 


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