Nel post precedente ("Nomen omen: il Logos") abbiamo accennato alla complessa articolazione del logos attraverso cui l'umano, al di là di dar vita a un suono sofisticato e unico tra i viventi, esercita il suo potere su cose e persone riconoscendole e facendosi riconoscere (ovvero legandole a sé) attraverso -appunto- la parola.
Ed è proprio la natura di questo legame, di questo incontro tra il soggetto che emette un suono e le cose e le persone che questo suono incontra e lega a sé, che evoca la natura relazionale insita nel logos, nella parola, quella natura che vorremmo esplicitare con il concetto di "paideia".
Il senso della "paideia" (che, come abbiamo già avuto modo di dire nel post precedente, con "logos" dà origine al lemma "logopedia" e battezza il nostro centro terapeutico: "LogoPaideia"), non rinvia dunque solamente a una sorta di educazione della voce che, male educata per patologie o disturbi d'altra natura, deve essere riabilitata attraverso specifiche metodologie, tecniche e saperi propri di quella branca della medicina che è -appunto- la logopedia.
Paideia significa, invece, per noi, anzitutto la precisa e feconda attenzione a tutto quel mondo delle relazioni che la parola, il logos, col-lega o vorrebbe col-legare, e che deve essere parimenti curato attraverso un'adeguata azione pedagogica (che pure il lemma "paideia" comprende), poiché in quei legami cui la parola aspira, si celano profonde risorse affinché la parola stessa abbia più ampie possibilità di essere efficacemente rieducata nella sua capacità di espandersi nel mondo creando relazioni "nutrienti".
Per questo da noi le famiglie e, comunque, l'universo affettivo e educativo del soggetto in cura (si pensi alla scuola nel caso che il soggetto sia un minore) non aspettano fuori dalla porta del terapeuta, ma sono parte sostanziale del processo terapeutico stesso; partecipano, quali protagonisti attivi: prima chiamati ad apprende, in studio, le tecniche della cura in una sorta di training accompagnato dal terapeuta che lavora col soggetto, poi chiamati a somministrare esercizi e strategie fuori dallo studio, dando continuità giornaliera alla cura stessa.
Allo stesso modo: soggetto in cura, famiglie e contesti affettivi e educativi correlati sono accompagnati, in un attento percorso pedagogico, a comprendere le risorse più adeguate e gli accorgimenti più proficui affinché la parola, il logos, trovi, nelle relazioni cui tenta (pur con tutte le sue difficoltà) di legarsi, configurazioni facilitative in cui siano promosse le risorse e rimossi gli ostacoli.
Quando la parola, il logos, viene meno, o è in qualche modo compromesso, non è solo il soggetto deficitario che necessita di essere curato, ma tutto il suo contesto affettivo e educativo rischia, se non adeguatamente accompagnato, di innescare, suo malgrado, atteggiamenti disfunzionali che possono finire per limitare le possibilità di accesso al benessere del soggetto.
Massimo Silvano Galli
Magazine Salute e Benessere
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