Lo scorso 7 novembre è venuta a mancare un'icona horror come Gunnar Hansen e in tale occasione ho deciso di rendergli omaggio guardando il film che lo ha consacrato ad imperitura memoria, Non aprite quella porta (The Texas Chain Saw Massacre), diretto e co-sceneggiato nel 1974 dal regista Tobe Hooper. Se fate parte del pugno di lettori che si dilettano a leggere questo blog ormai avrete capito che lo slasher non è proprio il mio genere. Sarete quindi stupiti di sapere che Non aprite quella porta è uno di quei film che non mi stancherei mai di riguardare, per quanto mi faccia male, male, male da morire ogni volta che la sua perversione, follia e cattiveria mi vengono sbattute in faccia. E siccome ogni critico cinematografico horror che si rispetti ha detto la sua su ciò che sta dietro al film, sulle tecniche utilizzate da Hooper, sul periodo storico in cui la pellicola è stata girata e sulla grandissima influenza di Non aprite quella porta sul cinema che è seguito, vi inviterei a leggere i saggi di chi ne sa molto più di me e a stare attenti agli SPOILER perché il mio sarà un post per nulla tecnico e molto "de panza".
Trama: durante un viaggio in furgone, cinque ragazzi incappano in una famiglia di folli cannibali e vengono coinvolti in un sanguinoso incubo...
Ah, il Texas degli anni '70, che meraviglia. Cimiteri violati, corpi in decomposizione illuminati dai flash di una macchina fotografica, cadaveri dissotterrati e ricomposti in pose plastiche e fantasiose, armadilli morti sulle superstrade e un caldo talmente torrido che anche a novembre mi ritrovo a grondare sudore guardando Non aprite quella porta. Con questi presagi di morte neanche troppo sottili Tobe Hooper fin dall'inizio pare volerci dire che, per la nostra salute mentale, sarebbe meglio non sapere quello che è successo alla giovane Sally e ai suoi amici e forse sarebbe anche meglio uscire dal cinema o spegnere la TV, così come i protagonisti dovrebbero fuggire dal puzzo di carne macellata che impesta tutta quella parte del Texas, attaccandosi a capelli e vestiti come se la morte viaggiasse a mo' di carogna sulle loro spalle. Ma si sa, l'essere umano pecca di voyeurismo ed eccessiva curiosità e noi non possiamo fare a meno di salire sul torrido furgone assieme ai protagonisti e avvicinarci, allegri e spensierati, all'appuntamento con la morte. Non sarà un bel viaggio, tra l'effettiva antipatia dei protagonisti (Sally e i suoi amichetti carini sono odiosi da morire ma il fratello di lei, comprensibilmente incattivito dal fatto di essere paraplegico, forse è anche peggio) e gli inquietanti figuri che popolano le strade del Texas, primo fra tutti l'imprevedibile autostoppista che i nostri caricano con ammirevole sprezzo del pericolo, una sorta di folle e sanguinario messaggero di morte col compito di infastidire ed inquietare lo spettatore, predisponendolo a temere il peggio. E il peggio arriva nelle vesti del "festeggiato" Gunnar Hansen, alias Leatherface, protagonista di una delle scene più efficaci della storia del cinema horror.
Dal momento in cui compare Leatherface per me Non aprite quella porta diventa un delirio di terrore non tanto visivo, quanto uditivo. In effetti, se ci si pensa, la prima apparizione del "mostro" non coincide con una mattanza splatter quanto con un urlo, un atto di violenza neppure troppo efferato e, soprattutto, con il colpo fortissimo di una porta scorrevole che si chiude, celando di fatto agli occhi dello spettatore gli indicibili orrori a cui andrà sicuramente incontro la prima vittima di Leatherface. Da quel momento in poi, i grugniti di Gunnar Hansen, il suono della famigerata motosega e gli strilli terrorizzati e disperati della povera Sally (e dell'amica che avrà la sfortuna di precederla finendo appesa a un gancio da macellaio) saranno la colonna sonora della pellicola, un crescendo di suoni sempre più stridenti capaci di richiamare alla mente dello spettatore, assieme alle folli scenografie messe in piedi dai realizzatori, tutte le nefandezze che Hooper ci lascia solo intuire, senza mostrarci, condecendosi solo una volta al salto sulla sedia gratuito (non aprite quel congelatore più che Non aprite quella porta...); regia e montaggio, serrati e "grezzi", ci avvolgono nelle spire di un incubo claustrofobico nel quale non esistono salvezza o vie di fuga dalla follia che sta attanagliando il Texas. L'apice dell'orrore è la concitata, grottesca scena finale in cui Sally viene costretta ad "andare a cena" con la famiglia di assassini cannibali capitanata dal terrificante nonno mummificato; la sequenza durerà sì e no 10 minuti ma agli occhi dello spettatore ormai annichilito dall'orrore e dall'angoscia sembra interminabile e fa realmente venire voglia di andare lì per uccidere finalmente Sally e liberarla dalle sofferenze piuttosto che aspettare che lo faccia il nonno, che gioca coi nervi scoperti di tutti i coinvolti con quei terribili colpi di martello incapaci di andare a segno.
La fuga di Sally è, a mio avviso, un altro pezzo di grande Cinema. Dopo i lazzi maligni della famiglia cannibale, le urla disperate della protagonista e i suoni metallici del martello, con un ultimo fragore di vetri infranti la ragazza lascia la sala da pranzo buia, sanguinosa e maleodorante e praticamente "rinasce", cadendo pesantemente sulla nuda terra baciata da un sole accecante. In quel momento Non aprite quella porta si "ferma", godendo di un attimo di silenziosa sospensione in cui tutte le speranze dello spettatore e della protagonista si cristallizzano in un momento di ottimistica quiete. E' solo un attimo, ovviamente, ché la fuga di Sally mica è finita lì. Un attimo in cui allo spettatore ormai sfiancato viene concesso di riprendere fiato prima dell'ultimo, rumorosissimo rush di motosega verso l'inevitabile conclusione; dovessi dire la verità, il pre-finale è l'unico punto debole di Non aprite quella porta, forse perché manca sia della ferocia delle prime due, inaspettate apparizioni di Leatherface (non ho citato la scioccante apparizione nel bosco ma è lì che comincia davvero l'incubo ininterrotto), sia perché si ritrova in mezzo a due sequenze indimenticabili e magistrali. Quel maledetto suono di motosega, infatti, accompagna il "balletto" finale di un Leatherface frustrato ed impazzito, talmente colmo di insoddisfatta ferocia che sembra quasi voler tagliare la luce del tramonto e tutto il Texas, ancora e ancora, finché lo Stato e persino il mondo intero non saranno caduti sotto i colpi della sua arma. E' una fortuna che arrivino i titoli di coda a troncare brutalmente quel suono apparentemente senza fine, perché a me succede sempre di concludere la visione di Non aprite quella porta frastornata, senza respiro e tremante. Con la voglia matta di dare un bacio sulla fronte a Tobe Hooper e ricominciare da capo a farmi del male, ovviamente.
Del regista e co-sceneggiatore Tobe Hooper ho già parlato QUI mentre Marilyn Burns, che interpreta Sally, la trovate QUA.
Edwin Neal interpreta l'autostoppista. Americano, ha partecipato a film come JFK: Un caso ancora aperto e a serie come Power Rangers, Power Rangers Zeo, Power Rangers Turbo, Power Rangers in Space e Power Rangers Lost Galaxy; come doppiatore, ha lavorato per serie come Gatchaman, la battaglia dei pianeti e Il mistero della pietra azzurra. Anche sceneggiatore e produttore, ha 70 anni e un film in uscita.
Gunnar Hansen interpreta Leatherface. Islandese, ha partecipato a film come Campfire Tales, Mosquito, Reykjavik Whale Watching Massacre e Non aprite quella porta 3D. Anche sceneggiatore, è morto il 7 novembre di quest'anno, all'età di 68 anni.
John Larroquette (vero nome John Edgar Bernard Larroquette Jr.) è il narratore. Americano, ha partecipato a film come Il bacio della pantera, Ai confini della realtà, Appuntamento al buio, Roba da matti, JFK - Un caso ancora aperto, Richie Rich - Il più ricco del mondo, Il cavaliere del male, Non aprite quella porta, Beethoven 5, Non aprite quella porta: l'inizio e a serie come Il tenente Kojak, Fantasilandia, Mork & Mindy, Dallas, Dr. House e CSI: NY; come doppiatore, ha lavorato per serie come Phineas & Ferb. Anche regista e produttore, ha 67 anni e un film in uscita.
Paul A. Partain, che interpreta il paraplegico Franklin, sarebbe tornato per una breve guest appearance in Non aprite quella porta IV, con Matthew McConaughey e Renée Zelwegger, uno dei molti sequel, prequel e remake della pellicola originale. Gli altri sono Non aprite quella porta - Parte 2, sempre diretto da Tobe Hooper, Non aprite quella porta - Parte 3, Non aprite quella porta, Non aprite quella porta: L'inizio e Non aprite quella porta 3D, ai quali dovrebbe aggiungersi l'anno prossimo il prequel Leatherface, diretto da Alexandre Bustillo e Julien Maury. Nell'attesa, se Non aprite quella porta vi fosse piaciuto recuperateli e aggiungete La casa dei 1000 corpi e La casa del diavolo. ENJOY!
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