Magazine Diario personale

Non avrei mai creduto che...

Creato il 17 dicembre 2010 da Martatraverso
Ho scritto un ebook che contiene nel titolo la parola blog-terapia. Mi rendo conto solo adesso che non ne avevo capito a fondo il significato. Definisco il blog uno strumento terapeutico, oltre che di lavoro e di visibilità, ma rifiutavo di viverlo in quest'ottica. Qualche giorno fa qualcosa è cambiato. In un momento di rabbia ho sputato fuori tutto ciò che provo nei confronti di quella parte di famiglia che per tutta la vita ha saputo (quasi) solo farmi del male. In un altro momento di rabbia ho parlato di cosa ancora frena il mio desiderio di trovare una casa.
Qualcosa è successo. Quasi un miracolo. Due sere fa, per la prima volta in vita mia, ho trovato il coraggio di dire a mia mamma che la sua malattia mi fa stare male. O meglio, glielo ha detto mio padre, perché io piangevo troppo per farlo. Internet a casa non funziona, e il pensiero di dover stare più tempo fuori per riuscire a lavorare mi devastava. Il senso di colpa che "provo da mò" (sempre parole di mio padre) perché non sono in casa per stendere, stirare, portare fuori il cane e chissà che altro. Mi sembra di non fare niente, invece "faccio fin troppo" (ancora parole di mio padre).
Non so e non voglio descrivere tutti gli attimi che hanno reso quella sera così importante. Non che ora la mia vita sia così cambiata. So che sobbalzerò ancora a ogni sua telefonata mentre sono via, so che ancora le risponderò male, so che ancora mi arrabbierò per i vestiti che compra o perché non legge abbastanza. So che mi sentirò ancora in colpa per ogni treno dopo che prenderò la sera, per ogni notte che passerò fuori, per ogni vacanza. Per ogni volta in cui non sarò io a portare fuori il cane. Ma almeno ora so che loro non vogliono che io mi senta così. Ed è un buon primo passo per guardare avanti.
Fino a qualche giorno fa avrei affidato questi sfoghi solo alla mia testa o al mio quaderno. Non avrei mai pensato di scriverli proprio qui, dove chiunque può leggermi, incluse quelle persone a cui la parte di me ancora vittima dei sensi di colpa non vorrebbe mostrarsi debole. Parlare della mia famiglia è qualcosa che non riesco a fare: un po' perché mi vergogno, un po' perché sono affari miei, un po' perché quando lo faccio assumo quel tono odioso della persona che vuole farsi compatire. Farlo qui è come un esercizio per imparare a parlarne. Capire qual è il modo giusto per parlarne, e dunque qual è il modo giusto per vivere. Farlo qui mi rende felice, svuotata, nuova. E' una sensazione che mi fa stare bene.

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