Conoscevo il dott. Saggiomo da cinque anni. Dicevano che era il miglior parodontologoche ci fosse in circolazione. Mi fidavo ciecamente di lui e avevo deciso di sottopormi alla sue cure senza avere il minimo dubbio che la terapia potesse fallire.
Al termine del ciclo di visite, che mi erano costate oltre ventimilaeuro e un prestito con una finanziaria sanguisuga, ero pienamente soddisfatto del risultato ottenuto. Finalmente potevo sorridere liberamente senza dover mettere la mano davanti alla bocca o desistere nell'approccio con Mafalda, la mia datrice di lavoro di cui mi ero invaghito.
Ora si dirà: come si fa a perdere la testa per una che ha un nome così? Niente di più facile se in palio c’è un posto come direttore nell'azienda. In verità non ero innamorato di Mafalda ma del suo ruolo di comando sì, e direi pure immensamente. Peraltro non era nemmeno granché: sedere basso e seni un pò più grossi di due mandarini, nonostante portasse reggipetti dell’ultima generazione che tuttavia mostravano un rigonfiamento nell'ampia scollatura troppo vistoso e innaturale. Ma aveva dalla sua il portamento, sempre ben vestita e quell'aria da maestrina saputella, forse dovuta alla sua posizione di vertice nell'azienda, che me la faceva apparire terribilmente attraente.
Aspettavo l’occasione, e per uno come me, arrivista e senza scrupoli, l’occasione fa sempre l’uomo ladro. Con una dentatura perfetta potevo dispensare sorrisi a destra e a manca fino ad attirare l’attenzione del “mia” Mafalda che un giorno, finalmente, si accorse di me:
“Hai un sorriso accattivante, Giacomo. In questa azienda c’è bisogno di gente allegra come te.”
Ho raccolto il suo complimento come un invito a nozze. “Per un’azienda che produce dentifrici, il sorriso è fondamentale. Non credi?”“Certo. Vedo che sei anche bravo, a giudicare dagli ultimi reports sulle vendite.”“Ne possiamo discutere meglio se accetti di venire a cena con me stasera”.
Abboccatoin pieno. Era la serata della mia vita, quella in cui avrei dovuto esporre tutti i miei progetti a colpi di sorrisi, ammiccanti e maliziosi, pur di entrare nelle grazie di Mafalda. Per l’occasione mi ero vestito a nuovo, con un abitino che mi era costato la bellezza di ottocento euro. Mi ritorneranno di sicuro, pensavo tra me, non appena otterrò il posto di direttore.
Ordinammo della carne: filetto di manzo con insalata mista per lei, ossobuco e patate gratinate per me. Non l’avessi mai fatto. Dopo il primo boccone si scatenò nella mia bocca … l’inferno! Avete presente la demolizione di un palazzo che con un solo colpo viene raso al suolo? Gli incisivi superiori, nuovi di zecca, si staccarono dal loro alloggiamento impastandosi nel pezzo di carne, forse eccessivamente duro, divenendo una cosa sola.
Imbarazzototale. Il sorriso mi si spense in un attimo come una nuvola grigia apparsa improvvisamente davanti al sole. Risultato: cena interrotta e … tutti a casa!
In macchina, tra me e Mafalda era sceso il silenzio. Non più chiacchiere e risate che avevano alimentato la nostra conversazione all'andata, ma solo un mutismo assordante nel quale vedevo frantumarsi il sogno di diventare il testimonial dell’ultimo dentifricio prodotto dall'azienda.
Arrivammo al cancello della splendida villa di Mafalda che intanto, per tutto il tragitto, non aveva distolto minimamente lo sguardo davanti a sé. Mi accostai per salutarla e per tutta risposta mi giunsero queste gelide parole:
“Non baciarmi!”
NON BACIARMI!Racconto breve in due parti di Vittoriano BorrelliOgni riferimento a fatti o a persone reali è puramente casuale.La prima parte è stata pubblicata in data 5 giugno 2015
(DA "I MIEI RACCONTI BREVI")http://feeds.feedburner.com/VittorianoBorrelliLeParoleDelMioTempo