“Non c’è notte che non veda il giorno” diceva William Shakespeare…
Prendiamo in prestito la sua eccellente frase per provare ad uscire dagli schemi mentali "fossilizzati"... di un diffuso malessere .
L’articolo nasce dalle mie riflessioni di questi giorni su come a volte sia difficile uscire dagli schemi mentali fossilizzati, soprattutto quando si tratta di emozioni, sentimenti e dei rapporti con gli altri. Nell’era della competitività pensiamo di dover essere sempre vincenti, felici, allegri, autonomi, belli e sorridenti…. e allora se c’è un momento in cui magari hai voglia di piangere e pensi “sono triste”, trovi subito qualcuno che a questo tuo stato d’animo così naturale affibbia subito un’etichetta e magari ti mette in allarme dicendoti che come minimo “sei depressa”!
Forse sta succedendo per la sfera dei sentimenti e delle emozioni quello che succede nella medicina? Per qualsiasi minimo sintomo….. c’è un antibiotico pronto. Insomma basta un piccolo “starnuto” dell’anima e subito andiamo a cercare un rimedio esterno per il nostro malessere. Ma l’alternarsi della gioia e della tristezza, dell’euforia e della malinconia non sono forse come il naturale alternarsi della notte e del giorno? Ma davvero dobbiamo essere sempre sorridenti e felici? Brillanti e competitivi per essere “vincenti”? Ma vincenti per chi? Su chi? E per quale posta in gioco?
Mi convinco sempre di più che la vera grandezza di una persona stia invece nell’essere talmente “grande” da saper ascoltare quello che accade dentro, procedendo nel viaggio con la voglia di scoprire tante cose nuove e comprendere i loro significati.
... tuffandoci nel nostro mondo interiore ...
E se, affidandoci all’idea che “non c’è notte che non veda il giorno” provassimo a tuffarci nel nostro mondo interiore, che spesso non coincide con quello esteriore ed è retto da regole che possono essere differenti e spesso del tutto paradossali, dove tutto può succedere e forse nulla è esattamente come appare. Il mondo interiore non come fuga dalla realtà esterna, ma come arricchimento, come il nostro dono alla vita. Forse scopriremo che anche la lunghezza del tempo, del giorno e della notte, non è uguale per tutti…..e che anche il tempo, così come lo spazio, è soggettivo.
Un aforisma dell’americano Alan Watts dice che “la vita è un gioco, la cui prima regola è: essa non è un gioco, è una cosa molto seria.” E sempre su questo tema scrive lo psichiatra Ronald Laing: “State giocando un gioco. Giocate a non giocare alcun gioco.”
E allora non sarebbe forse un errore lasciarsi intrappolare dagli schemi di una presunta “realtà” indipendente da noi ed estraniarsi dal gioco?
La vita, come nelle fiabe e nel gioco, presenta sempre delle prove da superare e il principio fondamentale secondo cui il gioco non è un gioco ma una cosa molto seria fa della vita un gioco senza fine il cui filo conduttore si chiama lealtà, fiducia, tolleranza.
Se riusciamo a prendere in mano il nostro gioco, ci accorgeremo ben presto di poter essere i creatori della nostra felicità come, nella stessa misura, della nostra infelicità nel rapporto con se stessi e con gli altri. E’ in questo modo che si gioca con se stessi il gioco.
... ed imparare a comprendere, apprezzare e divertici con il gioco della vita!
Esiste un settore della matematica astratta che si occupa proprio di questi problemi e, precisamente, la teoria del gioco. Ovviamente per i matematici il concetto di gioco di cui stiamo parlando, non ha alcun significato ludico, infantile. Si tratta invece per loro di uno spazio concettuale con regole molto precise che stabiliscono la miglior condotta di gioco possibile. Viene facile il parallelo fra la teoria dei giochi, le relazioni umane e il gioco stesso della vita, quando si parla della distinzione fra giochi a somma zero e giochi a somma diversa da zero. I giochi a somma zero sono tutti quelli innumerevoli giochi in cui la perdita di un giocatore significa la vincita dell’altro. Vincita e perdita sommate assieme, ammontano perciò a zero. I giochi a somma diversa da zero invece, sono quei giochi in cui vincita e perdita non si pareggiano, nel senso che la loro somma può risultare inferiore o superiore a zero. In uno di questi giochi entrambi i giocatori, o tutti se vi partecipano più di due giocatori possono vincere o perdere. Tutti vincono o tutti perdono.
Come si chiede lo psicologo Paul Watzlawick: “Perché è così difficile rendersi conto che la vita è un gioco a somma diversa da zero? Che si può vincere non appena si smetta di essere ossessionati di dover battere gli altri e se stessi per non essere battuti? E che si può perfino vivere in armonia con l’avversario decisivo, la vita?”
“Non c’è notte che non veda il giorno”……… è vita!