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La moltiplicazione dei pani e dei pesci è niente rispetto a quella dei partiti e dei candidati. A Roma per la corsa al Campidoglio i candidati "sindaco" non si contano più: Giachetti per il Pd, Bertolaso per i berlusconiani, Marchini con la lista del cuore spezzato, Raggi del Movimento 5Stelle, Meloni per Fratelli d’Italia e Lega, Storace per la Destra, Simone di Stefano per Casapound, Fassina per i fuoriusciti del Pd, l’ex sindaco Marino, senza parlare della discesa in campo del sindaco di Verona Tosi e perfino dal senatore Razzi, più noto per le imitazioni di Crozza che per il suo reale impegno parlamentare. Insomma, la Capitale è l’emblema di un Paese dove l’implosione del bipolarismo ha generato una miriade di movimenti politici che a loro volta rovesciano sugli elettori una valanga di candidature. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Eppure chi votare? Tutti parlano bene, tutti promettono tante cose, tutti dicono di avere la soluzione giusta ad ogni problema. E la scelta è difficile perché la moltiplicazione delle candidature non rappresenta un’offerta pluralistica di concrete soluzioni ai gravi problemi che affliggono città come Roma, devastata dalla lunga stagione della mala-amministrazione e affogata in un debito pubblico che ci vorrà almeno mezzo secolo per cercare di ripianarlo. Dunque, il caos regna sovrano e la sfiducia nella politica farà lievitare a percentuali da record il numero degli astenuti e delle schede bianche alle prossime amministrative! A Roma, come nel resto d’Italia, servirebbe un “Commissariamento”, ma di quelli “veri”, costituito da uno squadrone tedesco che prenda in mano le redini del comando: tempo dieci anni di trattamento e tutto riprenderebbe a funzionare. Noi "italiani" non ce la possiamo fare a salvarci dalla mala-amministrazione. Né ora, né mai!