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Non ci resta che attendere

Creato il 09 giugno 2014 da Malvino
Non ci resta che attendere
Sarà davvero interessante sentire dal professor Giovanni Agosti e dalla neodottoressa Cristina Moro, venerdì 13 giugno, all’Istituto Italiano di Cultura di Londra, quali siano le prove che consentirebbero per le due tele conservate nella Villa San Remigio, a Verbania, la certa l’attribuzione alla mano del Veronese. Si tratta di due figure allegoriche raffiguranti la Scultura e la Geografia, finora attribuite alla scuola del grande pittore del Cinquecento, che era solito firmare le sue opere: queste due non lo sono e, almeno dalle indiscrezioni che trapelano, parrebbe che la nuova attribuzione trarrebbe forza dalle concordanze che esse mostrerebbero con altre due tele, in questo caso sicuramente dipinte dal Veronese, conservate al Los Angeles County Museum of Art, però raffiguranti Averroè e Tolomeo.Non ci resta che attendere
Concordanze, dunque, che non sarebbero strettamente relative al tema, ma naturalmente questo è irrilevante. Rilevante, invece, è il fatto che queste concordanze siano inafferrabili al raffronto degli elementi formali. Anzi, è proprio dall’accostamento dei pochi analoghi che nelle tele di Verbania si evidenziano numerosi momenti di impaccio nello sviluppo dei panneggi e nella resa degli incarnati, del tutto assenti in quelle di Los Angeles. Più ancora del tratto, poi, risulta evidente un notevole scarto di qualità, tra le une e le altre, nell’uso del pigmento per dare profondità e rilievo alle masse, sicché parrebbe essere stata del tutto trascurata la lezione di Marco Boschini (1613-1704), che del Veronese ci dice:Non ci resta che attendere
A fronte di tali perplessità rimane la curiosità, dunque converrà aspettare l’appuntamento di venerdì. D’intanto, non ci resta che prendere per buone le dichiarazioni dellAgosti: «In questa storia non c’è alcun gusto dello scoop per lo scoop, non c’è voglia di sensazionalismo. C’è il frutto di un gran lavoro, di ricerche condotte seriamente da una studentessa attenta alla storia della cultura» (Corriere della Sera, 8.6.2014). Sì, perché il «gran lavoro» della Moro è una tesi di laurea e le «ricerche condotte seriamente» prendono le mosse, come si è detto, dalle analogie colte tra le tele di Los Angeles e quelle di Verbania. Ma non è tutto, perché «poi – aggiunge Agosti – c’è una convergenza di istituzioni pubbliche che hanno concorso per ottenere un unico scopo: accertare la verità intorno a quelle due opere». Qui, sul fatto che la «verità» possa chiamare a garanti le«istituzioni pubbliche», le perplessità aumentano, perché non è la prima volta che l’attribuzione di una crosta a un grande nome viene avallata per ragioni che oltrepassano la ricerca del vero.

Poi, passa il tempo, e del Veronese non sembrano più essere né Il ragazzo con levriere, né la Deposizione. Considerazioni oziose, probabilmente, ma rammentiamo che Villa San Remigio era fino a poco fa nella lista dei beni pubblici alienabili e sul Corriere di Novara dello scorso 10 marzo il presidente del Consiglio Regionale, Valerio Cattaneo, commentava: «Questa scoperta rilancia Villa San Remigio, che, in modi e tempi da definire una volta individuate le fonti di finanziamento, potrebbe diventare meta privilegiata di turismo culturale e d’arte».Non ci resta che attendere.  


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