Magazine Diario personale

Non ci resta che piangere

Da Iomemestessa

Dopo questa penserete che sono scema. E avrete, probabilmente, ragione.

L’antefatto. Il pomeriggio del 31, mia madre ha deciso di sfidare la forza di gravità sfrantecandosi a terra da una scala in ferro di quelle che si trovano nei cimiteri. Adesso rido (io, lei meno assai), sul momento, va da sé, proprio per un cazzo.

Poi essendo degna madre di sua figlia, mi ha piantato su un granone del boia, ululando che lei in pronto soccorso non ci andava. Ha passato pertanto l’intero ponte di Ognissanti trascinandosi dolorante per casa.

Lunedì, ossia ieri, dopo qualche scambio d’opinione al napalm, s’è decisa a farsi fare una lastra della colonna. Da cui si evince che s’è ammaccata parecchio, ma che, nella sostanza poteva andarle peggio assai. Diciamo che le andata bene che è ancora giovane, che l’osteoporosi è meno di quel che sembra, e che tutto sommato nel planare sul culo le è andata di culo.

Ma non divaghiamo, che non è questo il fatto.

Ieri si diceva, l’ho portata in una ridente città limitrofa a fare la lastra. E’ un centro medico diagnostico, piuttosto grande. E dotato di sale d’attesa fornite di tv.

Le tv sono al plasma e sono due. Una per ogni antro d’attesa.

Già l’effetto di due televisori in una stanza 5×5 è straniante di suo, s’aggiunga che qualche buontempone ha sintonizzato le tv su due diversi canali.

In buona sostanza mi stavo sciroppando Pomeriggio 5 con la D’Urso (in front’ammé) con l’audio di Perry Mason in onda su Rete 4 sopra la mia capoccia.

Oltretutto, stolta che sono, non solo non m’ero portata da leggere, pensando di metterci meno della metà del tempo, ma mia madre era, per ovvie ragioni, di scarsa compagnia (oltre che incazzata come un pitone con la sottoscritta) e, per buon peso, m’avvedo che pure lo smartphone era morto perchè (ma che ve lo dico affà) nell’antro oscuro non c’era campo.

Mi rassegno pertanto a vedere la D’Urso con l’audio di Perry Mason.

Io la D’Urso la detesto, con quelle smorfiette e faccette e fossette e tutti quei diminutivi bambolosi che applicati alle ultracinquantenni ti fan tornare su i confetti della prima comunione.

L’unica cosa che mi urtica più della D’Urso è la voce della D’Urso medesima, quindi il sottofondo con Perry Mason poteva considerarsi un migliorativo a tutti gli effetti.

Ero pertanto spiaggiata sulla seggiolina di plastica che riflettevo sulle sfighe del mondo quando comincio ad osservare la tizia con più attenzione. Ad un certo punto la guardavo con un attenzione tale che mia madre m’ha chiesto se avevo improvvisamente detto addio ad anni di conclamata eterosessualità.

Le rispondo che la mia eterosessualità è l’unica certezza che mi rimane, e piuttosto, di guardare il naso della D’Urso.

Dopo due minuti anche lei la guarda imbabolata. Poi scoppia a ridere. Che, come dicevo, figlia sua sono, e buon sangue non mente.

Nella sostanza, per farla apparire quel che non è, e cioè giovane, le sparano sulla faccia lo stesso raggio luminoso che illumina Paola Ferrari e che ha provocato alcuni casi di cecità su Marte oltre al black out di un paio di centrali idroelettriche.

E per effetto di detto fascio luminoso, la D’Urso non ha più il naso. Giurin giuretta. Guardate su you tube un mozzico di Pomeriggio cinque. Il naso non c’è più. Restano solo due buchini neri nel ruolo delle narici.


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