Mi ha colpito, stupito e commosso il racconto, bello quasi come una fiaba, dell’invito esteso a centocinquanta clochard che vivono intorno a San Pietro di visitare la Cappella Sistina aperta esclusivamente per loro.
Mi ha colpito perché, se è pur vero che chi vive per strada ha bisogno di cibo e di abiti confortevoli, è altrettanto vero che gli esseri umani non hanno bisogno solo del pane, ma anche di accoglienza e di dignità e l’invito a godere dell’infinita bellezza degli affreschi di Michelangelo ha proprio questo significato.
Non riesco neppure ad immaginare lo stupore, la gioia, l’incanto di quelle persone davanti al Cristo possente che leva il braccio a separare i buoni dai malvagi, i salvati dai dannati e la loro commozione nell’ammirare le dita di Adamo e di Dio che si sfiorano nell’atto della creazione, ma so per certo che l’arte di Michelangelo ha parlato anche ai loro cuori e alle loro menti.
I grandi artisti del passato affrescavano cattedrali, narrando le storie dell’antico e del nuovo testamento, creando opere immortali grazie all’impulso di grandi committenti, di papi o di alti prelati o di ordini religiosi o di aristocratici e borghesi ricchissimi, ma poi le opere restavano lì, sulle pareti, offerte agli occhi di tutti, dei ricchi e dei poveri, dei colti e degli ignoranti, e a tutti insegnavano (e insegnano) qualcosa con il loro linguaggio universale.
Non è necessario aver studiato per lasciarsi affascinare dalla bellezza che sa trasmettere la parola di Dio e il suo infinito amore per l’Uomo.