Durante queste (lunghissime: e guai a chi sostiene – del resto lei lo dice da sempre – che gli insegnanti non fanno vacanze) feste la ‘povna ha onorato con una molteplicità di impegni il suo soggiorno al nord. Cene, merende, incontri vari ed eventuali. E poi (lo ha già raccontato): passeggiate lunghissime, sotto il sole e la pioggia, e molte piacevoli letture. Ma è stato anche il tempo di un sacco di teatro e cinema, come – per motivi di salute e di provincia – non le era capitato in questo autunno nella piccola città.
Così ieri, in contemporanea con l’uscita nazionale italica, si è trovata in uno dei pochi cinema che ancora proiettano stabilmente in lingua originale e sottotitoli, per accogliere degnamente il nuovo Clint. Di tutta la nutrita compagnia che avrebbe dovuto esserci, erano rimasti solo in quattro: la ‘povna, WunderKind, Françoise e un altro amico. E – nonostante si fossero dati appuntamento parecchio per tempo – quando è arrivato il loro turno per l’acquisto del biglietto i posti liberi erano sufficientemente pochi. “Quali volete?” – ha domandato una cassiera dall’aria scocciatissima alla ‘povna e WunderKind che capitanavano il gruppo – “liberi ci sono…”. E giù una fila di dati, file, lettere e numeri a velocità supersonica, tanto che entrambi, quando finalmente ha chiuso la bocca, avevano da parecchio perso il filo.
“Non è che potrebbe farci vedere sul monitor?” – ha balbettato WunderKind con aria titubante.
“Il monitor è rotto, e i posti ve li ho già detti tutti. Andiamo”- ha replicato lei (che aveva parecchia voglia, pare ovvio, di essere mandata molto in fretta a quel paese) – “non è difficile” .
“Prendiamo questi” – hanno invece convenuto loro concilianti. Per accingersi poi subito a pagare.
“Io ne pago uno” – ha fatto WunderKind porgendo alla cassiera i soldi giusti.
“E io…” – ha fatto per aggiungere la ‘povna. Ma quella, di nuovo, li ha interrotti:
“Come ne paga uno? Che succede, non capisco”.
Ed è a quel punto che il familiare diavoletto (che lei non sempre riesce a mantenere, docile, al suo posto) si è impadronito della ‘povna:
“Succede che lui ne paga uno. Ecco. E io gli altri tre con questi soldi”.
Sorriso significativo. Pausa.
“Non è difficile”.
Uno a uno e palla al centro. E, mentre loro scendono le scale verso la sala Olmi e verso Eastwood, la cassiera li guarda da dietro il vetro, livida e impotente. Ma soprattutto (e finalmente) muta.
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