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Non e’ ‘normale’ morire nelle mani dello Stato

Creato il 08 giugno 2013 da Bernardrieux @pierrebarilli1

Non e’ ‘normale’ morire nelle mani dello Stato Che le sentenze non si possano discutere e’ un po’ come la storia che davanti ai tribunali non si debba manifestare. Vietato contestare la sacra autorita’. A menarla con simili ramanzine sono, di consueto, parrucconi e bacchettoni, di vario colore e schieramento.
Le sentenze si possono criticare eccome.
Il potere, qualunque esso sia, e’ suscettibile di critica, anche serrata, nel rispetto dei ruoli e della buona educazione. La sentenza sul caso di Stefano Cucchi non convince nessuno, neppure i condannati. Un omicidio colposo, secondo i giudici di primo grado, che hanno condannato i medici e assolto gli infermieri (con formula piena) e gli agenti di polizia penitenziaria (per insufficienza di prove).
Non puo’ lasciare indifferenti la storia di un uomo di trent’anni, che viene arrestato per droga e nel giro di qualche giorno, sotto le ‘cure’ dello Stato, finisce sul lettino di un obitorio. Non e’ ‘normale’ morire nelle mani dello Stato. Ma forse ci siamo abituati persino a questo.
Il processo allo Stato si e’ trasformato, sin dalle sue prime battute, in un processo alla vittima, a Stefano Cucchi, a quel ragazzo problematico, alla sua tossicodipendenza. Eppure i segni delle percosse, gli ematomi che la sorella Ilaria volle coraggiosamente mostrare al mondo intero – e chissa’ quanto e’ costato a lei e ai suoi cari diffondere la foto in alto -, di quei lividi oggi e’ marcata la giustizia italiana. Non si tratta di essere colpevolisti, non c’entra niente. Non si chiedono pene esemplari, la giustizia non e’ vendetta. Ma, a quattro anni dai fatti, Stefano Cucchi attende ancora gustizia.
Non e’ ‘normale’ morire nelle mani dello StatoIl tribunale ha ammesso le percosse, gli ematomi e le fratture su un corpo fragile. A queste ammissioni e’ seguita la resa, di cui nessuno puo’ ritenersi soddisfatto. Non ci sono prove sufficienti, si dice. Come a censurare la disfatta. Stefano era nelle mani dello Stato quando e’ stato ucciso, i calci e i pugni qualcuno li ha sferrati. Quel qualcuno oggi e’ a piede libero. Un ragazzo e’ in una bara. Punto.
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