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Trama semiseriaA una ragazzina di 14 anni hanno ucciso il padre e così lei, invece di andare a caccia di autografi di Billy the Kid (il Justin Bieber del Fast West), cerca di andare a pescare personalmente l’assassino. Non per ucciderlo tarantinianamente con le sue mani, ma per consegnarlo alla giustizia e farlo quindi uccidere dalla legge. Nonostante già di suo sia piuttosto cazzuta come 14enne poco bimbominkia, per poterlo fare ha però bisogno di una mano da parte di uno che abbia “vera grinta” e chi meglio di Jeff Bridges con tanto di parlata “southern"? Ce la farà allora la nostra giovane eroina a portarlo in tribunale o il criminale si farà una legge ad personam per evitare di andare a processo ed essere incastrato dalle solite storie inventate da una minorenne?
Recensione cannibaleNon si può certo dire che il western sia il mio genere, né tantomeno che i Coen Brothers siano tra i miei registi prediletti, quindi la mia percezione di questo film può risultare drasticamente differente da chi invece ha il poster dei due registi appeso in camera o da chi mastica western da lunga data (io personalmente l’unico West che conosco è Kanye).Riguardo ai Coen il problema è che fondamentalmente non li capisco. Non parlo di capire a un livello superficiale la trama. Parlo di riuscire a entrare davvero nel cuore della loro opera che film dopo film compone un mosaico unico, per alcuni molto affascinante ma per me impenetrabile. C’è chi non riesce a entrare nel cinema di Lynch, o in quello di Tarantino, io non ci riesco con i Coen. Sarà una questione culturale, i loro film sono infatti pieni di riferimenti biblici (vedi la citazione in apertura del film) che entrano in un orecchio e mi escono dall’altro e il loro umorismo mi arriva (come quando la bambinetta commercia col tizio molto più anziano di lei), mi sfiora, mi può far sorridere ma non mi fa esclamare: “Geniale!” come alle battute di Tarantino o dei Misfits. Sarà una questione generazionale, visto che da Il grande Lebowski allo sconclusionato A Serious Man le loro pellicole sono innervate di un forte spirito hippie anni Sessanta che rispetto ma che non fa parte del mio DNA, frutto di una mutazione genetica post-yuppie ormai privata di qualsiasi valore. Sarà una questione cinematografica, visto che il loro è un modo di girare dal respiro molto classicheggiante, dalla puzza di vecchia America, da vecchio western che in questo film i due Coen hanno infine potuto esplorare esplicitamente e non sotto mentite spoglie, come successo in Non è un paese per vecchi. Sarà che i Coen sono bravini, ma non fanno per me. Un po’ come i White Stripes: si sono separati? Amen, vivo bene lo stesso.
Saranno tutte queste cose messe insieme.
Fatte tali premesse più o meno doverose, ho comunque trovato Il Grinta una pellicola piuttosto buona. La storia è raccontata quasi con i toni della favola western, più chiara e semplice rispetto alla gran parte dei film coeniani che mi sia capitato di vedere. Sì, i riferimenti alla Bibbia ci sono sempre (e daje) e la trama se vogliamo è un filo ruffiana, cosa che spiega l’enorme successo commerciale della pellicola negli Usa, in grado a sorpresa di far tornare in auge un genere che ha probabilmente avuto la sua ultima hit con l’ormai lontano Balla coi lupi (mio obiettivo giudizio personale: che menata di film!). Però in questo western c’è una grande rivelazione.
La giovane protagonista interpretata dalla sorprendente Hailee Steinfield è irresistibile nel suo essere una 14enne matura e spavalda in grado di mercanteggiare con grande astuzia insieme a persone molte più anziane di lei e persino di reggere testa a uno come Il grinta. Se nell’originale costui era John Wayne, nel remake/non-proprio-remake coeniano è per forza di cose il Drugo e ormai anche premio Oscar Jeff Bridges. La sua parlata del Sud è spettacolare e il film merita per questo di essere visto in inglese, anche perché non ho idea di come possa essere stata resa in italiano. Forse si saranno inventati qualche stratagemma assurdo tipo una parlata del Sud Italia con doppiaggio di Aldo Baglio, chissà?Piuttosto assurda la scelta dell’Academy di nominare la Steinfield tra le non protagoniste e Jeff Bridges tra i protagonisti, visto che il personaggio principale del film è la ragazzina, però i meccanismi degli Oscar sono difficili da comprendere quasi quanto le votazioni di Sanremo, quindi meglio non farsi troppe domande al proposito.Alla insolita coppia si unisce poi in questa caccia al criminale anche lo sceriffo repubblicano Matt Damon con tanto di capello leccato, non inguardabile come il Javier Bardem di Non è un paese per vecchi, ma certo che i Coen devono voler parecchio del male ai loro attori glamour per conciarli così.Il grinta, la bambinetta molto adulta e lo sceriffo leccato cercano così di mettersi sulle tracce dell’assassino del padre della bambina, fino a che lo trovano ed è… non ve lo dico, però è un altro attore coeniano, per me il migliore del lotto.
La prima parte de Il Grinta è davvero molto accattivante, anche per gli anti-western come me, mentre la conclusione scivola tra una serie di duelli e di colponi di scena prevedibili, fino al più classico dei finali coeniani che può voler dir tutto, ma che (come già in A Serious Man o Non è un paese per vecchi) per me finisce solo a dire che il mondo è una sequenza casuale di fatti senza alcun senso e abbiamo praticamente buttato due ore a seguire una (bella) storia per niente.Il tempo ci sfugge e a volte anche il senso delle cose.(voto 6,5 ma aggiungete un punto se siete fan dei Coen e un altro se amate i western)
Scena cult: Jeff Bridges fa volare giù dalle scale un bambino con un calcio, senza alcuna ragione
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