Di solito il paragone tra film tratti da libri e i libri da cui i film vengono tratti è infelice. Di solito i libri che ispirano film sono sempre meglio dei film che ne derivano. Ma questo per me non è sempre vero. C'è un romanzo di Cormac McCarthy, lo conoscerete sicuramente anche voi: si tratta di Non è un paese per vecchi. Da questo romanzo del 2005 è stato tratto un film omonimo due anni dopo, diretto dai Fratelli Coen, vincitore di una manciata di premi Oscar e divenuta pellicola culto. Bene, sono convinto che il paragone tra le due opere non regga: quella cinematografica è assolutamente superiore. Non è un'affermazione assoluta, quindi non prendetela per vera, almeno fino a che non vi avrò spiegato il perché: nonostante siano esteticamente molto simili, il libro è un libro, quindi narra e narrando risulta esplicativo. Mostra con chiarezza. Il film invece procede per sottrazione, non mostra e non è chiaro. Detta così sembrerebbe un difetto, ma non sempre la mancanza di chiarezza o di spiegazioni è un difetto. Per me, ad esempio non lo è. Si tratta più che altro di diversità di mezzi e per la storia narrata (in maniera sostanzialmente identica) credo che quello cinematografico sia il migliore, procedendo per immagini e per ellissi, narrando anche attraverso il silenzio. Le uniche, vere parole, sono quelle relegate ad alcuni dialoghi e alla narrazione in terza persona.
Llewelyn Moss è un cacciatore che durante una battuta trova, in una zona desertica, i resti di uno scambio di stupefacenti andato male. Trova anche i soldi destinati allo scambio, che decide di portare con se. Prendere quel denaro però lo porta a innescare una serie di eventi imprevedibile: i proprietari dei due milioni di dollari mettono sulle sue tracce il killer psicopatico Anton Chigurh, mentre lo sceriffo Ed Tom Bell indaga su quest'improvvisa onda di violenza che sembra aver investito il Texas.
I Fratelli Coen sono due individualità che compongono un'unica entità cinematografica. Di solito uno diriga e l'altro scrive, poi si danno una mano a vicenda e non si capisce mai di chi sia cosa. Quello del 2007 è il secondo film che hanno scritto e girato insieme, quindi Ethan e Joel sono diventati definitivamente e indissolubilmente i Coen.Non è un paese per vecchi è il loro dodicesimo film e si inserisce perfettamente in un percorso definito e chiaro. Nonostante adattino in maniera lineare il romanzo omonimo, prendendosi solo la libertà di qualche omissione, il loro lavoro mantiene quell'autorialità che li caratterizza. Ciò che raccontano è un mondo dominato da violenza, denaro e caso, privo di qualsiasi guida ultraterrena. Ma attenzione, quel che noi chiamiamo caso è un insieme di leggi universali che non siamo in grado di comprendere. Un caos determinato da regole ben precise. Quando ci troviamo di fronte a un film dei Coen non dobbiamo mai dimenticare l'ambito culturale in cui i due registi si muovono: quello ebraico e più specificatamente yiddish. Solo che loro questo ambito lo ribaltano completamente: se l'uomo probo non deve allontanarsi da percorso che dio ha scelto per lui, le conseguenze di questo allontanamento si rivelano semplicemente meccanicistiche. La provvidenza non esiste, più che altro si tratta di entropia.
Quando non si sente più dire Grazie e Per favore, vuol dire che la fine è vicina.
In Non è un paese per vecchi gli eventi vengono innescati da violenza e denaro: la violenza come fattore intrinseco per la risoluzione dei problemi, il denaro come unico valore che corrompe anche l'uomo più onesto. Il mondo contemporaneo è troppo difficile da comprendere. E' tutto troppo complicato. La violenza semplifica le cose, permette di procedere per sottrazione: via il dente, via il dolore. Il denaro diventa quindi l'unico dio a cui affidarsi, in grado di giustificare ogni azione e ogni contro azione. Moss fa tutto quello che fa per i due milioni di dollari. Non è un uomo avaro, né cattivo. Semplicemente in mezzo a tanta violenza (il massacro tra contraenti in uno scambio di droga andato male) quei soldi sono l'unica cosa che abbiano senso. Ma non è tanto l'essersi portato a casa i soldi che determina il suo destino, quanto l'aver cercato di fare una cosa chiaramente stupida per liberarsi dal senso di colpa dovuto a quell'appropriazione indebita. Il denaro è un valore che va giustificato per mantenere un certo ordine morale, ordine che l'uomo si da da se.Come si inserisce il caso in tutto questo? Il caso serve a dare un senso a questo universo corrotto dal caos. Il caso è identificato nella figura di Chigurh, killer a pagamento ma anche forza della natura che risolve ciò che non è limitato al compito per cui viene pagato attraverso il lancio di una monetina. Ma fare testa o croce è solo un metodo per evitare di autodeterminarsi, per sfuggire a regole che non comprendiamo. In realtà è solo un altro modo di scegliere. Tutto viene reso più chiarificativo in un dialogo:"No, io non voglio scegliere","Scegli!","Non è la moneta che decide. A decidere sei tu!"."Io e la moneta siamo arrivati allo stesso punto!".
Il caso è caso. Una volta che viene identificato (o ci si identifica) diventa solo un altro modo per semplificare le cose.
Quello di fronte a cui ci troviamo è un film senza protagonisti. Tutto è regolato da un rapporto causa effetto di cui i personaggi sono vittima. Compreso chi prova a elevarsi. Ma qui entriamo in zona spoiler, quindi continui a leggere solo chi ha visto il film (o chi se ne frega degli spoiler):
tre sono i personaggi principali, ovvero Llewelyn Moss, Anton Chigurh e lo sceriffo Bell. Uno sembrerebbe il protagonista, l'altro l'antagonista, il terzo il narratore. Nessuno dei tre è padrone dell'azione, tutti e tre si muovono come fantasmi in un mondo che se ne frega di loro, che li schiaccia e li usa. Sono burattini. Il ribaltamento dei ruoli avviene con una facilità disarmante e così Moss, sulle cui vicende sembrava basarsi l'intera pellicola, muore fuori campo nel tentativo di mettere a posto le cose. Chigurh, ovvero il caso incarnato, a fine film viene investito per "caso" da un'automobile e ne esce miracolosamente vivo rivelandosi però per l'essere umano che è. Lo sceriffo (il poliziotto, il tutore dell'ordine) rimane impotente per tutta la durata del film, vittima dell'amarezza di essere ormai fuori dal tempo.I personaggi secondari invece restano sullo sfondo, intrappolati in istanti di film che li rendono semplicemente funzionali alla storia. Per questo il killer Carson Wells (l'un tempo nato per uccidere Woody Harrelson) messo sulle tracce di un Chigurh fuori controllo muore senza riuscire ad incidere sugli eventi. O la moglie di Moss, Carla Jean, che nonostante i numerosi tentativi di sfuggire al caso muore diventando una semplice macchia di sangue sotto gli stivali. E forse neanche quella.
Allora perché non è un paese per vecchi? Perché i valori umani, quelli a cui un tempo ci si affidava per trovare un senso e un ordine, sono scomparsi, relegati in un passato a cui non si può più tornare. Una tomba o un sogno. E chi vive in questa tomba o in questo sogno è un fantasma senza posto in un mondo che non comprende e che non gli appartiene più. Diciamolo, Tommy Lee Jones è assolutamente perfetto nel ruolo, con il suo volto disilluso e segnato dalle rughe. Come è perfetto Javier Bardem nel ruolo del killer psicopatico con un improbabile taglio di capelli e un'originale arma tra le mani. Infine Josh Brolin, asciutto e che recita per sottrazione, come l'intero film.E poi c'è Garret Dillahunt, il vice sceriffo Wendell, a cui viene affidato il lato ironico della storia (in pieno stile Coen, of course), colui che con i suoi commenti rende il tutto più sopportabile.Ma di cosa stiamo parlando? Di un film spietato, che lascia interdetti fino al finale, a bocca aperta durante i titoli di coda. Non te lo aspetti, non è così che di solito vanno le cose in un lungometraggio. Parliamo di nichilismo nel senso più intimo, della morte di Dio e del tempo come un serpente che però ha smesso di mordersi la coda e ha iniziato a mordere te, qualunque cosa tu faccia.