NON E' UNO STINCO DI SANTO
Il mio macellaio si chiama Geronzio. (e già il post potrebbe finire qui, ma andiamo avanti) A Spezzano, per la verità, i miei macellai sono due, ma l'altro è solo un macellaio equino, e lo vedo più come una necessità. Quando i valori di ferro nel sangue scendono sotto i livelli di guardia.Quindi non ci vado con la stessa spensieratezza gaudente che ho quando varco la soglia di quell'altro paradiso del colesterolo!Sì, perché la bottega di Geronzio non è di quelle bianche e metalliche, con l'odore di sangue nell'aria, e qualcosa di truce nei coltellacci. La bottega di Geronzio è uno dei tre posti più belli del mondo.E gli altri due sono casa mia ed il campo di rugby... La bottega di Geronzio ha gli scaffali che tracimano di olio al tartufo, ragù di cervo e cinghiale, grissini avvolti nel lardo, caciotte e trecce di rafia con agli e peperoncini. Entro e saluto la mamma di Geronzio, seduta composta alla cassa, col suo grembiule da rezdora, immacolato, e la messa in piega candida fatta di sbuffi di paradiso. Pigia i tasti del registratore con l'indice e basta, dopo che ha fatto i conti a mano. Ripone i cartocci odorosi lei personalmente nelle sportine, dispensando benedizioni e consigli per la cottura dei cibi. Geronzio vola con le mani sui filetti e sulle cordate di salsiccia, e usa i coltelli come neppure i maestri giapponesi sanno fare! Mi chiama Laura da una vita. Non è che non glielo abbia fatto notare più di una volta: è che non concepisce il mio nome. Così lo lascio fare, rassegnata. Stasera si fa perdonare una breve attesa (sta scegliendo le fiorentine con l'osso da dare al cliente mio predecessore, e immagino sia una cosa molto impegnativa) tagliandomi una sberla di formaggio pecorino spessa due dita, come tappa-fame.. Tanto formaggio così penso che corrisponda ad una mia dose di una settimana, ma sto zitta e mangio. E' saporito, ma non invadente, e lui indovina approvando: "No, no, io quelli troppo piccanti non li tengo neanche!..". Tocca a me: stasera voglio fare lo stinco di maiale al forno. Si infervora tutto: "Brava, brava, Laura, mica come quella roba precotta.. Questi qui sono tagliati proprio vicino al prosciutto! Va' che roba...". E mi allunga uno stinco, come anteprima. Mi chiede: "Te li taglio per il lungo o in orizzontale?". E la mamma di Geronzio tuona dalla cassa: "Per l'amor di dio! Quelli lì vanno tagliati per il lungo!". E non ci provo neanche, a contraddire la mamma, anzi.. Mi studia ancora: "E come li fai?". Con le patate, aglio e rosmarino, allungando la cottura con un mezzo bicchiere di vino bianco. Si tranquillizza, che gli stinchi finiscono in buone mani. Li faccio spolverare dalla cunza di Geronzio, il suo preparato speciale con sale, rosmarino, aglio e ingredienti segreti di cui non azzardo neanche a domandare notizia. Faccio mettere nella sportina anche due etti di quel pecorino meraviglioso (anche se credo di averne mangiati molti di più con l'assaggio di prima...), e saluto mamma e macellaio, riprendendo la strada per la montagna ormai innevata.
Magazine Cucina
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