Scena madre:Ore 13.30.
Zoom su una me scompigliata, pronta a tutto, anche a perdere quel pizzico di dignità che mi resta appiccicato addosso nonostante tenti di farlo scappare con atteggiamenti disumani (leggi: caricarmi di mille tee e decine di short da provare).
Mi dirigo verso i camerini di una Zara semi-deserta ma, nonostante ciò, decisamente zozza (mi chiedo come mai non spazzino quotidianamente quel mezzo metro quadrato).
E mi accorgo, per l'ennesima volta, di avere un problema con le taglie.
Al di là delle energie che spreco ogni volta per capire quali siano quelle giuste nella conversione USA/EU, non capisco come sia possibile dover scegliere taglie differenti per i vari capi. Se porto una 42, dovrebbe essere la stessa per tutto, o no?
Non dite di no. Non atteggiatevi. Anche se è così, non dovrebbe essere così.
Provo la M e mi va larga, provo la S e mi va larga da una parte e stretta dall'altra.
Va bene. Sono io che sono fatta strana.
Ma se provo la L e mi va bene, c'è qualcosa che non va.
Non esistono più le taglie di una volta.
Quelle in cui ti sentivi bene, che adoravi portare e che non ti creavano crisi e patemi.
Una 42. Una certezza. Un punto fermo. Un alibi addirittura.
Ora: Sono una 42 che tende alla 40, ma che porta la 36 o la 38 americana.
Mi stresso. Davvero.
E non posso permettermelo, anche perchè il mio vestito da sposa è un 8.
Si, Jenny Packham è una stilista inglese.
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