Quando è rientrata dal part-time al tempo pieno, quest’anno, la ‘povna, al momento di vergare sul fatidico foglietto i suoi desiderata per l’orario scolastico, ha rinunciato senza tanti complimenti alla libertà del sabato, nonostante – causa il lavoro dell’altro mondo – ce l’avesse già da vari anni (e nonostante la quantità di tempo trascorsa nella scuola, la collaborazione con il vice-preside Daddy LongLegs nella commissione tosta e con l’ingegneristica tutta per i progetti più importanti, o il suo essere la mano scrivente di ogni comunicazione ufficio-stampa le potessero fornire, all’occorrenza, motivazione a privilegio). Ma la ‘povna un po’ sa che lo spacco in mezzo alla settimana in realtà le piace molto, un po’ crede che queste non siano motivazioni corrette per aspirare alla vacanza; e dunque ha accettato di buon grado di rimettere nel calderone novità di doveri e di diritti, che tenessero il passo con i cambiamenti, evidenti, delle sue condizioni contrattuali.
In cambio – e portando a motivazione i 50 km di treno che la separano dal posto di lavoro – ha portato una richiesta, e una soltanto: che le fossero limitate le entrate alla 1 ora possibilmente a “sempre”, oppure il numero più basso di volte che fosse concesso elaborare alla commissione orario. Va detto che si trattava di una richiesta assai poco pesante: nella sua scuola, infatti, in omaggio alla questione delle madri di famiglia di cui ha già parlato pochi giorni fa diffusamente, i tre quarti abbondanti dei colleghi (che abitano dietro l’angolo) chiedono di entrare alle 8, aborrono di fare un’ora successiva alla quarta e guardano con orrore la presenza di buchi nell’orario. La ‘povna, viceversa, pensa che i buchi le consentano di prendere fiato, organizzare la preparazione pratica (accendere il computer, il video, fare le fotocopie) delle lezioni prossime, leggere qualcosa, scambiare due opinioni con il prossimo; e dunque non aveva niente in contrario ad averne di vari e abbondanti. E, quanto alle ore ultime, capiva perfettamente che non si può chiedere tutto. E perciò si era dichiarata disponibile “a patto che non siano sempre nella stessa classe”, a fare anche un numero in più (rispetto all’unica che è prassi) di seste ore.
Il collega Byker (che si occupa dell’orario definitivo in modalità assoluta e unica), nel ricevere le richieste della ‘povna, aveva dovuto ammettere (bontà sua) che “erano quasi non-richieste”. E si era limitato a raccomandarle di avere “solo un po’ di pazienza con l’orario provvisorio”.
Poi è stato il delirio.
La richiesta di pazienza ha comportato che la ‘povna, infatti, per le prime quattro settimane di attività scolastica, sia stata fatta entrare alla prima ora sempre. Questo mentre, contemporaneamente, colleghi che volevano entrare presto uscivano all’una tutti i giorni. E, soprattutto, mentre nessun rispetto veniva dato all’attività didattica (per esempio la ‘povna ha fatto, sui 21 giorni, 6 ore con i Pesci invece di 18), ma solo al monte ore.
“Non sei la sola che si lamenta, ‘povna” – le aveva detto Byker quando lei glielo aveva fatto presente – “tutta la scuola è in subbuglio”.
“Peggio mi sento” – aveva replicato lei senza scomporsi – “se fossi solo io, potrebbe essere forza maggiore legata alle supplenze. Invece, se le ore di didattica le hai scazzate proprio a tutti, significa che hai lavorato male”.
Con queste premesse (e un Byker che si rifiuta di elaborare l’orario a computer, con apposito programma), il resto tendeva al disastro.
Che si è puntualmente verificato quando Byker, al momento di passare finalmente dal gioco di ruolo a quella cosa che si chiama scuola, quella vera, con un numero di ore per classe, ha confessato candidamente alla ‘povna di essersi dimenticato che lei, quest’anno, ha pure i Maculati.
“Non posso aggiungerti due ore all’orario: mi sa che non puoi prenderli” – è stata la sua prima dichiarazione, senza vergogna.
“Stai scherzando, vero? Te l’ho detto il 10 di settembre” – ribatte gelida la ‘povna.
“Allora ti toccheranno altre due prime ore”.
La ‘povna non ha fatto beh: ha preso il verbale delle sue richieste, la documentazione sui diritti, il prospetto del casino didattico che le era stato imposto per settembre, ed è andata a lamentarsi con Mafalda.
“Tu mi conosci, ora mi sfogo, e lo dico a te pacatamente. Ma se Byker non modera modi, termini e atteggiamento – tu lo sai che non scherzo – io vado al sindacato”.
Dieci minuti dopo l’orario della ‘povna è tornato a presentare una sola prima ora (il sabato). Ma Byker ha mantenuto fede, in ogni caso, alla sua conclamata incompetenza. Non solo i Maculati avranno Storia due seste ore su due, 100%. Non solo non c’è stato verso di cambiarle con le buone maniere, le medie, le cattivissime. Ma la ‘povna si ritrova il 100% di ultime ore sui cinque giorni, ed esce (unica in tutta la sua scuola, nei suoi vari plessi) quattro volte alla sesta ora.
Ma questo, se pur tanto, è ancora niente. Perché infatti il peggio di sé Byker l’ha confezionato sul lunedì ‘povnico – che lei, dopo due settimane di esperimenti, ha già soprannominato C-Day, il giorno del catetere.
In quell’occasione, infatti, Byker le ha proposto cinque ore in fila, senza buchi e senza pause. Seguite poi, a distanza di dieci minuti netti, dall’attività di cine-scuola. E su questo, non ci sono stati versi: la ‘povna ha impugnato il Contratto Collettivo (che lei, a differenza dei suoi colleghi, ben conosce: comma 9 dell’art. 28); ha ricordato che l’attività di cinescuola è considerata ‘di punta’, e che questo è un chiaro modo per, di fatto, boicottarla; ha acconsentito (provocatoriamente, e a patto di metterlo per scritto, ché tanto sapeva che cosa Byker avrebbe detto) a non avvalersi giorno libero, che, come è noto, non è per nulla un diritto (“ti prego, no, non farlo: così crei un precedente, che spingerebbe la Preside a dirci di applicare la proposta anche ad altri colleghi”); ha chiesto di quanto meno un buco in mezzo (“e ti lamenti? Almeno così puoi tornare a casa con anticipo, tutto così bello compatto, ai tuoi colleghi i buchi fanno orrore”).
Non c’è stato verso. L’unica cosa che ha ottenuto è una copia personale della chiave del bagno. E poi zitta, ringrazia, ché cinque ore di fila, così, senza “perdere tempo”, le vorrebbero tutti. Palla avanti, e pedalare.
Alla fine, che poteva fare?, la ‘povna si arrende. Si tiene la chiave del paradiso stretta, ringrazia il caso che le ha messo l’aula dei Merry Men accanto al cesso. E, il lunedì, si trova ad andare a scuola fischiettando Generale. Ma il problema rimane. Ed è grande.
Quindi, pensatela con comprensione e affetto. Domani, è lunedì.