Devo mandar via la mia ultima fine, come schiarirsi la voce. Devo asciugarmi a pezzi, per ultimo il cuore. Mi son sentito le sue doppie punte, stretto da tutte le parti, mi son sentito come fossi l´eco di me stesso prima di rimbalzare esatto su un muro. Il vento strappa via le foglie agli alberi e all´autunno ora che vaghiamo tra volantini con i segni delle ruote e vite approssimative che saltano certe fermate come i bus. La notte comincia a pungere, ma é bello, ti ricorda che devi generarti calore da solo se sei costretto e ti costringi, e sogni un giorno in cui non lo farai, e ricordi i giorni in cui era solo una possibilitá. Scegliamo le parole in base a come vogliamo sembrare, ci vestiamo in base a quello di noi che vogliamo far sapere, raccontare, compriamo quello che potrebbe definirci. Non siamo tutti da attico in centro Roma o da villa rustica in collina fuori Firenze, per questo esiste il camper. Siamo un calcolo imperfetto, non faremo mai come due piú due neanche a provarci, a volerlo. Scegliamo di dire ma non troppo, di provare ma non senza lasciare il proprio posto, di sentire senza scalfirci troppo, senza spogliarci davvero. Siamo lí in prima fila a dire che non ci pentiremo presi dalla foga. Timbriamo il biglietto e diciamo che non vorremmo mai il rimborso, lasciamo il resto a sconosciuti perché ci sorridono una volta. Peró non diamo una seconda opportunitá a chi ci conosce da una vita. Non ci voltiamo a chi ci dice "posso avere la sua attenzione" e ridiamo davanti alle pubblicitá in Tv che l´attenzione se la prendono comunque. Cerca le cose fuori posto, trova l´intruso. Magari ti trovi. Magari mi trovo in questo vento che sconvolge le foglie e mi porta i profumi di donne appariscenti dal rossetto infrangibile, dal cuore intangibile.
Non siamo tutti da mille parole, non siamo tutti da provaci ancora, non siamo tutti pronti a capire che non é una congiura anche se paghiamo le tasse, che non siamo al centro del mondo, che ci restano solo poche cose nella vita ora o alla fine, poche carte da giocare al banco. Il banco vince sempre. Non siamo tutti con la voglia di vincere, di sfondare, di rivoluzionare, di crescere. Siamo tutti giusti e sbagliati in queste mani, in queste scadenze strette, siamo tutti sinceri con le spalle coperte e le promesse alle stelle. Siamo piccoli e grandi e strani, a volte siamo abbastanza.
Ed io devo soltanto scollarmi le fotocopie di te dal mio profilo, devo guidarmi in strade che portano in posti meno polverosi e meno di confine. Il caffé, le tazze colorate, mi stringo nella coperta, straccio i miei mondi in un gesto, mi addormento su un libro. Ma lo sai cosa sei? No, noi sappiamo solo come siamo. Aspettiamo che gli altri vengano a dircelo e poi magari ci arrabbiamo dalla troppa veritá. Vorrei venissi tu, o tu, o lei a dirmelo. Vorrei venissi tu a dirmi che ogni volta che mi sento brutto é per gioco, a dirmi che posso stare su, addirittura in equilibrio dietro di te, una fune sará la strada del futuro appeso. Vorrei che l´amore fosse una persona e fossi tu, dolce e bastarda, mia e imprendibile del tutto, mentre mi ripeti che non credi piú a niente e solo a me. Qui, tra pacchi da scartare di una nuova casa infranta dall´inverno che viene. Che poi magari passi, ma anche io, chi vuoi che rimanga a questo mondo, se ci sfioriamo le giacche nelle piazze rapiti da pensieri impossibili e poi raggiungiamo sguardi che sono fenditure nella nebbia. Tre, due , uno girati, flash. Manda un bacio, dimmi che poi non le strappi e. Che mi chiederai di mettere sempre lo stesso dopobarba, che mi cercherai quando ti senti sola, che non mi chiederai piú di quanto posso. Diventiamo cronici, cronici qualsiasi cosa, ma insieme. Ci ameranno e ci odieranno, ci prenderanno in giro e non ci vorranno capire alle prese con guai da presidente e gioia da quattro soldi, ma saremo noi. Facciamo quelli che soffrono per amore e non si capiscono e si respingono come al luna park con gli autoscontri e che entrano in modalitá "serial killer", montano il silenziatore e le facce strane e poi si riprendono cosí forte da recuperare il tempo perso.E io devo solo trovare la forza di parlare. Di rompere le dighe che ho dentro, spaccare i lucchetti sul cuore che son piú di quelli degli innamorati sul Ponte Milvio, sul Ponte Vecchio e alla casa di Giulietta e Romeo messi insieme. Devo spalare via questo buio dagli occhi, questa paura di restare impantanato dalle ossa, devo ricordarmi che la vita non é finita finché non é finita e tutto puó succedere. Devo ricordarmi che qualcuno che tenta di sapere te ha bisogno di grazie sinceri per continuare. Devo segnarmi che "mai piú" e "per sempre" si possono anche depennare, una specie di beneficio di inventario. Matricola AH562k0 nel settore "non mi ricordo piú". Classificato come altamente inutile.
Devo solo dirti di non leggere questo. Perché ti diró tutto questo e altro ancora nella maniera in cui il mio sguardo si adagierá sul tuo e ci nuoterá dentro. Basterá. Basterá assai. Devo solo prenderti la mano e scordarmi 30 anni in un secondo e portarti in un secondo nei prossimi 50.