Primo, decido che non torno.
Secondo, sparire come una magia.
Terzo, sentirsi meno.
Quarto, che nessuno parli e non parlare.
*
Me ne sono accorta perché tra i fiori rosa del lenzuolo continuavano ad aprirsi chiazze gialle. Le stesse macchie erano sui miei jeans, sul pavimento, sul fondo scuro della valigia e ovunque si posasse il mio sguardo. Non ho pensato alla stanchezza, al mal di testa, al foglietto illustrativo chilometrico degli antidepressivi di mia madre, non ho pensato a niente perché non mi serviva più una giustificazione.
Mi sono seduta sul letto, ho premuto i palmi forte contro le palpebre. Sentivo i capelli frusciarmi sulla fronte e sul collo, un rumore insopportabile di vento. Primo, mi sono detta. Poi la mente ha vacillato, mentre la stanza perdeva i contorni. Primo. Non mi ricordo. Non so da che parte cominciare. So che il mio corpo ha un peso, lo sento, ma non sento altro. Ho un organo che pompa sangue e mi garantisce la sopravvivenza. Ma non sento cuore e non sento pulsare. Allora mi viene in mente quel film in cui il protagonista ha una moglie e dei figli, un lavoro e una segretaria, la camicia pulita e le scarpe lucide, una macchina e un giardino, però ha qualcosa dentro, qualcosa come un buco, come un tormento, qualcosa che gli mangia la testa e la luce degli occhi. Un giorno dice a sua moglie che il dottore gli ha suggerito di fare tabula rasa e ricominciare.
Tabula rasa è un posto dove non c’è nessuno. Un posto dove forse anch’io potrei stare meglio perché non sarei che un pensiero sottile. Tabula rasa è un posto dove non mi disgusta il cibo che mangio, dove non devo assomigliare a qualcun altro, dove non sono costretta a sorridere per compiacere il mio interlocutore, un posto dove non devo fare battute esilaranti per divertire gli stupidi, dove non devo vedere nessuno per un caffè o un aperitivo, un posto dove nessuno mi chiede di essere migliore, competitiva, sicura, convincente, determinata, brillante, informata, divertente, estroversa, social addicted, dinamica, perché non c’è nessuno che mi rompe i coglioni. Un posto dove non devo giustificarmi, un posto dove c’è quel vuoto buono che ti rimette al mondo, non questo che si prende tutto.