(…) Era la breve storia di un uomo che aveva trovato una ciotola magica. Quando piangeva nella ciotola le sue lacrime si trasformavano in perle. Ma benchè povero, era una persona felice, per cui piangeva raramente. Così doveva ideare dei metodi per rendersi infelice, affinchè le sue lacrime lo rendessero ricco. A mano a mano che le sue perle andavano accumulandosi la sua avidità cresceva. Il racconto finiva con l’uomo seduto su una montagna di perle con un coltello in mano che piangeva disperatamente nella ciotola, tenendo tra le braccia il cadavere della sua amatissima moglie.
(…) Gli lessi il racconto nel soggiorno accanto al camino di marmo. Hassan era un uditore perfetto, si lasciava prendere totalmente dalla lettura e sul suo viso si dipingevano le emozioni. Quando lessi l’ultima frase fece il gesto di battere le mani stando attento a non fare troppo rumore. Bravo! Era raggiante. Ti è piaciuto? Chiesi assaporando per la seconda volta la dolcezza di una recensione positiva. Un giorno sarai un grande scrittore e le tue storie saranno lette in tutto il mondo. Non esagerare, dissi, ma lo amavo per quelle parole. No, no, sarai grande e famoso, insistette. Poi si fermò come per riflettere. Soppesò le parole e si schiarì la gola. Posso farti una domanda sulla storia? disse timidamente. Certo. Ecco… Non aveva il coraggio di continuare. Dimmi, lo esortai sorridendo anche se non ero sicuro di voler ascoltare la sua critica. Ecco, ripetè, se posso chiedere, perchè quell’uomo ha ucciso sua moglie? Che bisogno aveva di sentirsi triste per spargere lacrime? Non poteva semplicemente annusare una cipolla?
Rimasi di stucco. Questo particolare, così ovvio da sembrare stupido non mi era neppure passato per la testa.