Ai sensi dell’art. 106 d.P.R. n. 1124/65 la vivenza a carico è provata quando risulti che gli ascendenti si trovino senza mezzi di sussistenza autonomi sufficienti ed al mantenimento di essi concorreva in modo efficiente il defunto. I due presupposti, secondo giurisprudenza costante, sono entrambi necessari e devono coesistere in ogni singolo caso (Cass., n. 18520/2006). Per quanto riguarda l’apporto del de cuius, non si richiede che il superstite fosse totalmente mantenuto in tutti i suoi bisogni dal lavoratore defunto, ma è indispensabile che quest’ultimo abbia contribuito in modo consistente al suo mantenimento mediante aiuti economici che per la loro costanza e regolarità configuravano un mezzo normale, anche se parziale, di sussistenza (Cass., n. 15914/2005; Cass., n. 3069/2002; Cass., n. 6794/2001). Tuttavia, è sempre necessario l’altro presupposto, ossia l’insufficienza dei mezzi propri di sussistenza (Cass., n. 29238/2011; Cass., n. 2630/2008). Nel caso concreto, la Corte di Cassazione, nell’esame della domanda sottopostagli, conclude ritenendo che la valutazione sulla sufficienza della pensione percepita dalla ricorrente costituisca tipica valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità. Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 26 giugno 2014, n. 14498
Teramo, 27 Giugno 2014 Avv. Annamaria Tanzi
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