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Non sembra reale

Creato il 17 novembre 2015 da Kirolandia @ippokiro
autore:  Sara Saurini (AttiroKira)
Kiroflessioni

NON SEMBRA REALE

Oggi è sabato. La sveglia non suona. La sveglia non suona mai il sabato e la domenica, perché nei giorni di riposo mi piace l’idea che il mio cervello sia libero di accendersi quando vuole… e comunque non mi sveglio mai tardi, neanche quando la sveglia non suona.
La luce filtra dalle tapparelle, ma è tenue, deve essere nuvoloso.
La mia testa comincia a pensare, oggi ho diverse cose da fare, parrucchiere, spesa, ospiti a cena; mi piacciono le incombenze casalinghe del fine settimana, sono cose semplici, ma mi rasserenano, la vita sembra così facile quando sei in fila alla cassa del supermercato.
Mi alzo, sono la prima a farlo fra gli abitanti della mia casa, bevo un bicchiere d’acqua, arraffo uno yogurt in frigo e a gambe incrociate sul divano accendo la tv. Mi sento in colpa quando la guardo di mattina, non so perché, credo sia sbagliato, perciò  mi concedo solo il telegiornale che mi sembra una scelta incontestabile.
Mi accorgo subito che c’è qualcosa che non va, fumo, persone che scappano, urla… non è la prima volta che le vedo al telegiornale e come tutti ormai ho perso la sensibilità a certe immagini che provengono da luoghi lontani dove la guerra e il dolore sono una quotidianità, ma oggi c’è qualcosa di più familiare, metto a fuoco bene quello che sto guardando: è un attentato a Parigi, no due, quattro, cinque, sette! La frase Parigi sotto attacco scorre sotto le immagini, il cucchiaino carico di yogurt si ferma a metà tragitto, alzo il volume.
Comincio ad ascoltare con attenzione, le voci dei testimoni che raccontano piangendo i momenti di terrore che hanno vissuto, i giornalisti che aggiornano il necrologio ogni pochi minuti, le prime notizie sull’identità dei kamikaze… non sembra reale.
Siamo in guerra… forse sì. Ma io non so cos’è la guerra, conosco solo la guerra che ho studiato su i libri e quella che ho visto nei film e se domani andassi ad un concerto non mi aspetterei che entrassero delle persone a sparare a caso sulla folla, perché è impossibile, è troppo da immaginare per me.
De André in una meravigliosa canzone raccontava la storia di un soldato di nome Piero che vedendo il nemico indugiava qualche secondo a pensare che davanti a sé aveva un essere umano e che per quanto avesse reso istantanea la sua morte a lui sarebbe rimasto il tempo di vedere “gli occhi di un uomo che muore”, ma l’altro soldato vedendolo non aveva avuto per lui la stessa premura e gli aveva sparato immediatamente. Ci deve essere un momento, un momento oltre il quale non si torna più indietro, un momento in cui si perde la capacità di vedere l’essere umano che c’è dall’altra parte e così rimane solo l’odio a guidare le scelte, solo l’odio a prendere la mira in mezzo alla folla.
Sento dei passi, ora posso condividere con qualcuno il mio sgomento… sono rimasta a lungo a fissare le immagini davanti al televisore, ad un certo punto ho anche smesso di ascoltare, l’angoscia mi attanaglia. Non è solo paura, perché Parigi sarebbe potuta essere Roma o una qualsiasi altra città, mi spaventa l’idea che più passa il tempo più le persone invece di assomigliare al soldato Piero assomigliano all’altro che non si ferma a riflettere, ma spara e basta, solo perché la guerra è un evento inevitabile nella storia degli esseri umani.
Il mio sabato e, forse quello di tanti altri, è iniziato così. Ora farò tutto quello che avevo preventivato di fare, ma da oggi, ogni mio gesto, ogni mia scelta, saranno diversi perché mi guarderò sempre intorno alla ricerca del soldato che non si ferma a riflettere.
- Sara Saurini - 

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