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Non Sentirti Turbato Se La Mente Pensa (E il Corpo Risponde)

Creato il 17 febbraio 2013 da Sunday @EliSundayAnne

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Tra poco è lunedì, ed eccomi puntuale con l’input per la settimana, ovvero il mio calcio nel sedere virtuale.

Siete ancora in fase meditabonda: cambiare tutto o lasciare le cose come stanno e adattarmi a una vita che non mi va bene? Mi butto o lascio perdere, perchè ho troppa paura del rischio?

L’anno scorso, prima di prendere la Grande Decisione, mi ero ridotta così:

1. Pur di evitare di prendere una decisione, passavo domeniche uggiose ciondolando dallo studio alla cucina, dalla cucina al bagno, dal bagno allo studio, leggendo di continuo i siti internet di chi aveva avuto il coraggio di lanciarsi e inseguire i propri sogni (studio), mangiucchiando schifezze per far passare il tempo e non dovermi impegnare a organizzare un piano di partenza (cucina), controllandomi la faccia se per caso avessi lasciato qualcosa da strizzare (bagno – e comunque non c’era più nulla): ero una maga del procrastinare.

2. Trascorrevo ore al telefono con i miei amici/amiche chiedendo pareri a destra e a manca, ma secondo te cosa devo fare, ma secondo te faccio bene, ma secondo te faccio male, ma secondo te…

3. Mi svegliavo la mattina piena di buoni propositi (Sì! Ho deciso! Spacco il mondo!); il pomeriggio ero già titubante (però poi i miei come fanno senza di me, e il fidanzato, e la gatta, e la scuola, e gli alunni, la continuità, la pensione, la carriera); la sera i miei progetti erano andati a farsi benedire. L’indomani mattina il ciclo ricominciava, e via con l’altalena.

4. Tutto questo pensare aveva scatenato in me una serie di disturbi psicosomatici, alcuni di questi alquanto bizzarri: un giorno mi svegliavo e sentivo come se un uovo mi bloccasse la gola (sì, un uovo, e non mi hanno manco ricoverata nel reparto psichiatrico); un altro mi ritrovavo con la lingua a carta geografica; un altro ancora mangiavo e mi veniva il reflusso gastrico; poi mi usciva un bubbone sul mento che neanche la befana;  la sera alle sei mi veniva il respiro corto e mi sentivo soffocare; la mattina alle cinque mi rigiravo nel letto con lo stomaco in fiamme. Mi ero ridotta a un catorcio.

Il mio corpo mi stava mandando dei segnali, che col tempo ho imparato a ascoltare. Più li reprimevo, più l’inconscio urlava per farsi sentire, e lo faceva colpendomi il fisico. Aveva scelto lo stomaco, la pelle e la gola non a caso. Quando il primo brucia, è un fuoco che brucia all’interno, una rabbia inespressa: lo stomaco assorbe tutte le impressioni che arrivano dall’esterno, che non sempre riusciamo a digerire. La pelle segna il confine tra noi e l’ambiente esterno: quando il confine non è più in equilibrio, si sfoga (con me, mandandomi un bubbone che manco i malati di peste dei Promessi Sposi). Le vie respiratorie bloccate ci stanno dicendo che abbiamo bisogno di ARIA, spazio, autonomia, vita: ciò che a me mancava tra le quattro mura di quella scuola, di quel paese. E  di quella vita.

In poche parole, quei disturbi mi stavano impedendo di continuare a svolgere un lavoro che non era il mio. Interessante: la soluzione era dunque tutta lì: ascoltare il mio corpo. Quel mal di stomaco mi stava dicendo che era ora di cambiare rotta.

Henry Corbin scrive: “Ritorna a te stesso e tutto si risolverà”. Sono d’accordo e io ne sono la prova: dopo aver preso la  Grande Decisione, un mese di assestamento e il mio corpo ha ricominciato a funzionare a meraviglia: il reflusso gastrico è miracolosamente sparito; il bruciore allo stomaco anche; la lingua ha ripreso sembianze umane;  il senso di soffocamento è ormai un lontano ricordo, venuto a trovarmi momentaneamente quando ero in Cina, a ricordarmi che quel posto non faceva per me, quindi ARIA. E il bubbone? Beh, ogni tanto spunta quando vuole lui, ma ormai siamo amici.

A questo punto vi chiederete: ma sta Grande Decisione, alla fine, stringi stringi, qual è stata?

Ho deciso di essere felice. Di non stare più male. Di salvare la mia vita. Sono fermamente convinta che quando facciamo ciò che amiamo e siamo felici, è ciò per cui siamo venuti al mondo, e dunque contribuiamo a renderlo migliore. Io la mia felicità la sto inseguendo in aereo.

Vi ripeto la scritta nella foto: “Il rischio più pericoloso di tutti: quello di spendere la vostra vita non facendo cosa volete, sperando di potervi comprare la libertà di farlo dopo”. Non funziona così: la libertà si compra prendendo quella decisione ADESSO.

E voi, avete qualche disturbo psicosomatico che vi perseguita, ma che forse sotto sotto sta cercando di dirvi qualcosa?


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