Riceviamo e pubblichiamo la lettera scritta da Matteo Gabbianelli, frontman dei kuTso, in risposta all’articolo di Eleonora Vasques, pubblicato da The Freak il 27 febbraio 2015.
“Ciao Eleonora, sono capitato per caso sull’articolo da te scritto su The Freak a proposito della nostra band.
Sono rimasto incuriosito dall’effetto che ha provocato in te, giovane ragazza di 19 anni, l’approccio con la nostra musica; ciò mi ha spinto a scriverti perché sono un chiacchierone e mi piace parlare con la gente per capire punti di vista diversi dal mio, soprattutto quando mi riguardano.
Sono rimasto stupito dal fatto che delle nostre canzoni ti abbia colpito più di tutto il turpiloquio che in realtà è presente soltanto in forma colloquiale con qualche parolaccia qua e là e senza bestemmie, al contrario di quello che ti è sembrato.
Le parolacce poi, per quanto non siano un manifesto per noi, né abbiano una grande importanza all’interno dei nostri brani, fanno parte del linguaggio che usiamo normalmente, quindi censurarle sarebbe come abusarne: un’inutile ipocrisia.
Prescindendo dalla musica per la quale dovrei sciorinare le mie noiose nozioni armoniche per farti capire come si espleta la nostra originalità, io credo che l’aspetto più innovativo del nostro atteggiamento sia proprio quello di non assumere alcuna posa da artista maledetto (coi soldi di papà) e di abbandonare una volta per tutte questa attitudine ridicolmente seriosa tipica italiana, che deve piangere o lamentarsi per qualcosa simulando una profondità concettuale che spesso e volentieri si rivela essere solo una scatola vuota, priva di qualunque approfondimento speculativo e, nel peggiore dei casi, una strategia di marketing ben pianificata rivolta ai giovani che si sentono “diversi ed incompresi”.
Anche noi ci lamentiamo, ma lo facciamo con un linguaggio diverso, diretto e schietto, senza edulcorazioni, né velleità poetiche da quattro soldi.
Ciao!”