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"non so niente di te": inseguire le proprie convinzioni per ribaltare collettive convenzioni?

Creato il 09 novembre 2015 da Alessandro @AleTrasforini

Qualcuno ha pienamente la vita che vorrebbe vivere?
Quali confini può essere giusto ( o necessario) attribuire al rapporto esistente fra lavoro e vita, in un momento di crisi economico-sociale come quello appena trascorso ( e/o che sta ancora perdurando?)? Sono solo le prospettive di carriera a dover influenzare le componenti esistenziali della vita umana? Possono coesistere altri punti di vista eventualmente maggioritari internamente alla vita " unica" da vivere?
Non vi è mai un secondo tentativo, infatti, per bilanciare eventuali errori commessi nel definire il dualismo esistente fra le contemporanee prospettive di carriera ed umanità.
Quali potrebbero essere, nell'unica vita a disposizione per sbagli ed errori a cui rimediare, le possibili reazioni ad una serie di comportamenti per anni portati avanti ( o trascinati, dipende dai punti di vista) senza le giuste convinzioni?
Quali potrebbero essere, nella sola vita ugualmente a disposizione, i pensieri e le convinzioni che possano accompagnare un insieme di cambiamenti tanto sentiti quanto necessari e repentini?
A domande simili potrebbero essere trovate molt( issim)e risposte, proprio perché infinite sono le sfumature che un'anima può costruirsi per reagire a certi schemi imposti.
Sempre ammesso che si abbia ovviamente tempo per porsele, per fortuna o purtroppo.
La velocità di certi tempi può annichilire o ribaltare l'opportunità di (pro)porre alla propria anima certe riflessioni. Attorno alle convinzioni di una vita da ( ri)scrivere si muove la trama dell'opera " Non so niente di te", scritto da Paola Mastrocola e pubblicato da Einaudi Editore.
La trama narrativa, costruita attorno a concetti rievocanti una ribellione al sistema ed a certe convenzioni, è impostata sulla figura del giovane Filippo Cantirami:

"[...] Filippo Cantirami, un giovane e brillante economista italiano, è atteso nella Sala di uno dei più prestigiosi college di Oxford per tenere una Conferenza, anche se in realtà dovrebbe trovarsi a Stanford. E quando fa la sua apparizione è seguito da un gregge di pecore.
Perché non è dove dovrebbe essere e non fa quello che dovrebbe fare?
Una commedia degli equivoci
[...] che racconta [...] il sogno di una vita diversa. [...]"

Sarà proprio quella stessa vita a dover essere ricostruita ( anche se in momenti esistenziali differenti), sia dal giovane che dalla sua famiglia, tracciando un filo conduttore capace di individuare quali convinzioni sia necessario far maturare per ribellarsi ad alcune pe( n)santi convenzioni.
Il contesto dell'opera e quello reale si intersecano, strutturandosi in un doppio filo dal quale è potenzialmente impossibile distanziarsi. E' la stessa autrice dell'opera ad indicare, come iniziale " avvertenza", questo opportuno esercizio di identificazione fra dimensioni reale e narrativa:

"[...] questo è un romanzo storico impossibile. Impertinente.
Parla del nostro presente, ma al passato, cioè da un futuro che fa diventare passato il presente. O, se preferite, parla di un passato che però per noi adesso è il presente e non può ancora in nessun modo farci da passato. E' come se il libro fosse scritto dopo il 2060 da un autore che sceglie di rappresentare una storia ambientata nel 2011.
Ogni tanto si intromette: giudica e commenta il nostro tempo.
E ogni tanto invece no: proprio quando dovrebbe dire - così ci svelerebbe un po' il futuro - se ne sta zitto. Insomma, è un romanzo un po' presbite e un po' miope. Forse ho messo insieme due difetti della vista. Forse sentivo il bisogno, per veder meglio, di allontanare gli oggetti e poi di riavvicinarli.
E' un bisogno che viene, con l'età. [...]"

Avendo come cornice un tempo di crisi anche valoriale prima che socio-economica, pertanto, l'autrice cerca di definire quali possano essere le prospettive di una vita ambiziosa di ricostruirsi al di fuori di alcuni schemi troppo pesanti.
L'interprete del perenne conflitto fra prospettive di vita e desiderio di realizzarsi eticamente in un contesto di schemi blocca( n)ti è incarnato proprio dal protagonista del romanzo, tratteggiato e dipinto perlopiù attraverso parole ed esperienze di familiari, conoscenti e amici.
Familiari ed amici che si aspetta( va)no da lui una vita completamente differente, rispetto ad altrettanti binari percorsi durante un individuale viaggio.
Viaggio che si compie inevitabile, sullo sfondo di una società che sembra non lasciare mai abbastanza spazio a quanti vogliano costruirsi dimensioni alternative di vita od esistenza differenti a quelle plasmate da un pensiero unico imperante. Convinzioni che ribaltano convenzioni, dunque.
Sia vissute che sperimentate od imposte da altri, dunque.
I passi principali di azione sono quelli che promuovono una ribellione tanto essenziale quanto definitiva ad un certo sistema, fino al punto forse estremo a cui un familiare può spingersi nel giudicare una persona a lui particolarmente cara: " Non so niente di te", appunto e non per caso.
Inseguendo, sempre e comunque, quella linea della vita che è tanto importante tracciare per potersi riconoscere in qualcosa di autentico e vero. Sino alla fine dei propri giorni, proprio per essere spinti a credere in qualcosa che riesca ad avere un'anima anche in tempi che non sembrano permettere e neppure donare consapevolezza alcuna.
Tracciando la linea della vita, dunque, si può sempre finire per essere sorpresi dai confini scoperti di volta in volta:

"[...] tu dici la vita dovevi almeno capire perché/ la vita, il tempo che cambia col vento che arriva./ Quest'anima stanca che pure respira/ quest'angolo piatto che gira, quest'anima/ dolce e cattiva, che dice 'Guardami'/ dice 'Perché non parli?'/ dice 'Sbrigati/ prima che sia troppo tardi [...] Fermati/ prima che sia troppo tardi [...]" ( La linea della vita, F.De Gregori, cit.)


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