Nonostante misurazioni di opinione sospette e infatti ampiamente smentite, a riprova che le forchette più importanti per i sondaggisti sono le loro, il no ha vinto con oltre il 61%. E questo è tutt’altro che un particolare: ci si aspettava una vittoria di misura visto che alle elezioni di appena 5 mesi fa e con una percentuale di affluenza alle urne sostanzialmente sovrapponibile, le forze anti austerità, quelle che oggi sostengono il governo Tsipras più alba dorata erano arrivate al 47, 2% . In pochi mesi il fronte del no è cresciuto enormemente.
Questo costituisce un problema sia per l’Europa, sia per il premier di Atene. La prima perché non può più accampare scuse e nascondere la sua profonda avversione per la democrazia e i suoi strumenti, il secondo perché non ha più giustificazioni per accettare diktat che i greci rifiutano in massa. Insomma la vittoria così schiacciante non fa il gioco della parte moderata di Syriza che pensava al referendum come a una via d’uscita dalla – per lei – inaspettata volontà della Ue di non cedere su nulla e allo stesso tempo pensava a un risultato molto meno forte che consentisse al governo di accettare ancora pesanti imposizioni. Le dimissioni di Varoufakis non sono altro che il pezzo di carne gettato all’eurogruppo che non sopporta l’economista greco, visto che è l’unico personaggio competente a fronte di burocrati ottusi, impreparati e bugiardi come Dijsselbloem, dotato di master di fantasia (vedi qui ). Insomma una vittima da immolare sull’altare di nuove quanto inutili trattative. Inutili perché proprio dopo il referendum la troika non ha altro desiderio o prospettiva che vendicarsi della democrazia. E d’altro canto né la Merkel, né Hollande hanno la possibilità politica di tirar fuori denaro che negano invece ai loro rispettivi cittadini.
Ma col 61 per cento, raggiunto in mezzo a una straordinaria potenza di fuoco, di pennivendoli e di menzogne contro il referendum, ci troviamo di fronte a un fatto nuovo anche sul piano politico, a una reazione popolare collettiva contro l’impoverimento e la spoliazione, contro la politica fattasi banca, contro l’intera costruzione che l’Europa si è data nei trent’anni del liberismo rampante. E’ chiaro che il risultato deriva dal formarsi di un nuovo blocco sociale più orientato sull’asse alto – basso che su quello destra -sinistra. Diciamo che la politica ha bisogno ormai almeno di un piano cartesiano, se non di un modello tridimensionale per rispondere al forsennato attacco della reazione finanziaria.
Di certo il no greco spalanca finalmente di fronte ai nostri occhi il dramma dal quale ci siamo protetti raccontandoci un sacco di bugie come l’Altra europa e la Germania cattiva ( tema questo divenuto un must della sinistra “responsabile” che vi ha trovato un comodo alibi ai propri errori e alle proprie illusioni) e sforzandoci di credere a tutto l’universo di narrazioni bugiarde col quale ci hanno sommerso. Il dramma vero è il fallimento dell’Unione europea, posseduta dagli spiriti del capitalismo finanziario il quale non ha che la guerra come prospettiva di salvezza dai disastri che ha creato e da un nuovo mondo multipolare dove non potrà più spadroneggiare. L’Oxi che arriva da Atene è dunque come l’inizio di un esorcismo che se non riuscirà a scacciare dal continente gli spiriti maligni, creerà le basi politiche per una battaglia finalmente vincente e la piattaforma per nuove aggregazioni. E’ per onorare il coraggio dei greci, per evitare che sia una vittoria di Pirro che dovremmo cominciare a far muovere le cose anche da noi, a far lievitare la vittoria per prima cosa scacciando i mercanti, anzi i bancarellai nostrani, dal tempio delle speranze e della ragione.