Chi di noi non ha segreti? Nessuno.
Tutti possediamo dei lati nascosti, indossiamo delle maschere e dei personaggi che impediscono, a chi ci sta accanto, di scoprire i nostri punti oscuri e le nostre debolezze. Nessuno è sincero e pienamente onesto, chi più e chi meno, nasconde qualcosa di sè agli altri: che siano azioni o semplici pensieri – pensieri che potrebbero sempre divenire azioni – poco cambia. Dietro la facciata di ogni individuo si nasconde un mondo bellisimo con mille sfaccettature e caraterisstiche, un mondo variopinto di una miriadi di colori. Siamo un dipinto complesso da analizzare oltre che da trovargli un senso.
Chi ci conosce veramente? Nessuno! Il bello della storia è che spesso e volentieri neppure noi ci conosciamo appieno, sappiamo qualche personaggio (o tendenze) che possediamo ma non abbiamo quasi mai la minima idea di sapere chi realmente siamo… questa è l’ironia della vita.
Siamo dei Perfetti Sconosciuti che lungo le vie del mondo si incontrano, scambiano pensieri e idee, nascono sentimenti e pianificazioni di vite future, si conoscono, si! essattamente si conosciamo ma rimaniamo pur sempre degli sconosciuti.
Noi non sappiamo neppure chi siamo e quindi come facciamo a pretendere di conoscere alla perfezione l’altro? Tutti noi uomini siamo disposti a fare qualsiasi cosa, tutto ci è possibile anche ciò che non avremmo mai ritenuto tale.
In un ottica, l’ultima commedia di Paolo Genovese tratta questi argomenti utilizzando come strumento il telefonino, la nostra scatola nera, il nostro contenitore di segreti e tradimenti. Come in “Immaturi” e in “Tutta colpa di Freud” il regista romano ripropone uno dei temi che lo ha portato al successo: quarantenni in crisi, in depressione e incatenati nelle loro vite ormai assettiche e prive di luce. Un gruppo di amici, durante l’eclissi di luna,
si ritrovano a cena insieme, tutti sono con i loro corrispettivi patner escluso Pepe che non porta la sua nuova fidanzata, che gli altri non hanno mai visto. e che desideravano ardentemente conoscere. Tutto fila liscio – benchè sia sempre presente un pizzico di tensione tra le coppie – fino a quando non viene proposto dalla ” psicoanalista” Eva un gioco ( da non fare): mettere tutti i cellulari sul tavolo e ogni sms o chiamata verranno letti o ascoltati ad alta voce. Tutti accettano, con scontentezza, il game: la bomba ormai è innescata.Si ripete incontinuamente, dentro la commedia drammatica, che un serial Killer lascia sempre dei segnali per farsi scoprire, a lui piace stare nel rischio e vuole essere fermato o far vedere ciò che è realmente alla luce del sole. Tutti i protagonisti sono ciò: ognuno – o quasi- nasconde molte cose all’altro ma tutti accettano: non accettare significa avere realmente dei segreti. Il piacere del rischio!
Perfetti sconosciuti mi ricorda a tratti “Carnage” di Roman Polasky, soprattutto per la sua struttura molto dialogica e l’essere svolto interamente in un’abitazione. Onestamente Carnege ( pur risultando molto pesante) è superiore in qualità al lavoro di Genovese, che è molo meglio di ciò che mi aspettavo.
- Inquadrature tradizionali e che non hanno una grande caraterizzazione. Sono inquadrature neutre e narrative. Non aggiungono nulla al film.
- La prima metà del film non è altro che di preparazione alla bomba. Escono dei minuscoli segreti e niente di più. I personaggi sono descritti ma sono solo abbozzati e non ci entra nel dettaglio.
- Nella seconda metà si ottiene ritmo e qualità nella sceneggiatura. Ogni personaggio mostra le sue oscurità e fragilità. Gli schemi saltano e tutto fuoriesce. Non voglio dirvi ciò che accadrà ma sopratutto il personaggi di Pepe e Lele saranno molto interessanti.
- Gli attori più o meno sono stati all’altezza recitativa
- L’inquadratura dell’anello che ruota su se stesso sul tavolo mi pare proprio una citazione del finale di Inception
Il finale che delusione! ( spoiler)
Anzi, c’è stato un momento, alla loro uscita dalla cena che ho detto che meraviglia, perfezione assoluta ma poi è continuato cambiando rotta finendo in: NON E’ ACCADUTO UN BEL NULLA.
Cosa? Nessuno ha voluto giocare, tutti hanno avuto paura e il gioco non è avventuo. Il motivo è : “Siamo tutti frangibili…”, si, verissimo ma non giocare significa ammettere di nascondere, non vi pare.
Quando loro sono usciti dalla cena e dall’appartemento dei loro amici, tutti fanno come se nulla fosse accaduto, come se fingessero di non ricordare ciò che un minuto fa era appena avvenuto, come se tutto ciò che era successo e che era venuto non è, ormai, altro che un brutto ricordo da dimenticare e cacciare dalla mente.Fingiamo di non aver scoperto niente.
Tutti fingiamo di non sapere, di non conescere se e gli altri. Lo so! prima ho detto che molte parti di noi non le conosciamo, esattamente; ma quelle poche caratteristiche che sono evidenti di noi stessi o degli altri che però non ci piaciono, accettiamo di non vederli e andiamo avanti come se nulla fosse accaduto: questo è il dramma dell’esistenza umana dell’uomo moderno.
Non vogliamo sapere, non vogliamo vedere o sentire ciò che non ci fa piacere sapere… ma solo passando da qui la felicità verrà. Difficile ma forse non è impossibile, forse qualcheduno illuminato è riuscito a trovare la totale felicità.
Il finale è una sorta di anti-film: mettetevi in gioco, scoprite gli altri facendovi conoscere meglio agli altri ma allo stesso tempo è meglio non farlo, perchè se lo fate andrete in contro a grandi pericoli… non fidatevi della verità, l’ignorare ti porta una falsa e illusoria felicità appannata.
Beh, ve lo consiglio! Non un capolavoro ma un film interessante.
S.D.G