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Nonna Florestina usa festeggiare i suoi compleanni sotto il bersò, in giardino. Organizza tutto il genero Tano, una spremuta di organizzazione e bontà. Florestina si avvicina lemme lemme al traguardo dei cento anni di vita. Sorride sempre sotto la sua permanente d’argento. A volte mi fa arrabbiare; soprattutto quando legge il giornale senza bisogno di occhiali.
A volte racconta la sua vita. Racconta del dolore, del silenzio, della vita grama che si viveva un tempo. E racconta una quantità di storie, così che la sua vita mi sembra gigantesca, monumentale, infinita. Ma nel suo racconto - e negli occhi e nelle mani e sulla bocca -, non trovo mai ciò che sono indotto a cercare: la traccia di un dolore intollerato e intollerabile, di una tragedia soverchiante, di una miseria disumana. Nonna Florestina sembra unicamente compresa del fatto, inoppugnabile, di essere gioiosamente viva.
E questo successo fa giustizia di ogni altra cosa. Riduce a puro accidente quello che, anche solo ad averlo succintamente scritto, non può che apparirmi come tragedia di miseria, di ingiustizia, di malvagità. Mi sorprende come Florestina racconti la storia della sua vita in perfetta coscienza e assolutamente priva di rancore. Gioiosa e magnanima perché vittoriosa.
Mi rendo conto di quanto l’ipervedente e ricciuta Florestina, sia più forte di me. Di me che non riesco ad essere né più grande né più forte dei modesti danni che la vita mi ha inflitto. E so anche di non essere solo in questa debolezza. Direi addirittura che siamo i più. Forse non è giusto chiederci di essere grandi come Florestina; forse non serve neppure a quanti tra noi non hanno dovuto né dovranno cimentarsi nella vita come lei ha dovuto.
Ma mi chiedo cosa ci potrà essere di buono in un vecchio signore, come spero di arrivare ad essere, che racconta le sue storie senza il sorriso di Florestina, senza la sua gioiosa coscienza. E mi viene da credere che se nel corso di questo secolo e di queste generazioni qualcuno potrà incontrare ancora una nonna Florestina, sarà assai probabile che la troverà altrove da qui.
Facilmente tra quegli uomini e quelle donne che saranno sopravissuti ai naufragi, alle deportazioni e al disprezzo, quelli che chiamiamo "disperati" e da cui ci difendiamo strenuamente. Qualcuno di loro sopravviverà . E qualcun altro lì starà ad ascoltare, e continuerà ad imparare...