La settimana che precede il Natale, nella casa di riposo dove vive mia madre, è tutta un susseguirsi di festeggiamenti: di solito si comincia con i piccoli della scuola dell’infanzia che inanellano canzoncine natalizie con tanta grazia da mandare gli anziani ospiti in brodo di giuggiole.
E poi ci sono grandi tombolate, presepi viventi, concerti corali e strumentali ai quali gli ospiti partecipano con un entusiasmo quasi infantile, sorseggiando cioccolata calda e abbuffandosi di dolcetti (sottraendosi una volta tanto al rigoroso controllo della glicemia).
Il clou della settimana è il grande pranzo di Natale, che di solito si svolge la domenica precedente la festa, durante il quale i nonni si riuniscono a tavola con i loro cari.
Ieri eravamo in sei a tavola con mia madre, intenti a demolire quantità significative di antipasti appetitosi, di polenta con il gulasch, di frutta secca e di salame di cioccolato e lei, mentre ripuliva coscienziosamente i piatti, ascoltava incantata i nostri discorsi, beandosi della nostra presenza che, purtroppo, può percepire solo dal suono delle voci.
Abbiamo pranzato con calma, chiacchierando di tante cose, contenti solo di stare insieme.