“Nonostante il Vaticano” di Gianluca Ferrara (Castelvecchi, 2010, pp. 128)
Titolo eloquente per il suo carattere sospeso, Nonostante il Vaticano mantiene l’implicita promessa di far scoprire al lettore i contenuti residenti oltre lo spartiacque di una immaginaria virgola. Spostando lo sguardo oltre lo sfarzo delle cattedrali del cattolicesimo scopriamo che esistono ed operano tante realtà che dal basso portano avanti con coerenza il messaggio evangelico di Gesù. È una Chiesa-altra quella che ci viene descritta in questo saggio-testimonianza, composta da preti che non si rinchiudono nelle loro canoniche ma combattono battaglie a tutela dell’ambiente, dei diritti delle minoranze: gay, tossicodipendenti, extracomunitari e tutti i lebbrosi del XXI secolo.
Gianluca Ferrara è autore di opere di saggistica (Dio non ha la barba, Viaggio nella droga proibita, Incenerire i rifiuti? No, grazie!) e di narrativa; è direttore editoriale di Edizioni Creativa e Dissensi Edizioni, nonché ideatore dello spazio solidale Con gli ultimi. All’appellativo editore preferisce quello di seminatore d’idee: «La lettura è uno strumento potente che canalizza i nostri pensieri ed è quindi grande la responsabilità di un editore (…)». Nonostante il Vaticano non è un J’accuse rivolto ai vertici delle gerarchie ecclesiastiche; non è un libro contro il Vaticano, è inclusivo e non esclusivo; è un’analisi lucida e puntuale della dicotomia – insormontabile, dopo secoli di storia – tra la visione egualitaria di Gesù e il totalitarismo di quella monarchia con tanto di territorio, giurisdizione, esercito e moneta ch’è il Vaticano. Ma il «Vaticano», come nelle parole del suo autore, «Può essere anche ciascuno di noi quando permette al Potere di governare la sua vita».
Dalla donazione di Costantino in poi la Chiesa con a capo il Papa si è preoccupata per lo più di rafforzare il proprio potere temporale, di controllare gli eventi della storia e la società dei fedeli a proprio vantaggio, di creare delle sovrastrutture teologiche che poco hanno a che fare con la predicazione dei gruppi pauperistici, di San Francesco e di quelli come lui, perseguitati o imbrigliati dal sistema, che si ricollegano alla vocazione primigenia della religione cristiana. L’autore si scopre affascinato da come si erano organizzate le prime comunità cristiane, dove non c’era una configurazione verticale, ma orizzontale: tante comunità dove non era prevista la distinzione tra clero e laicato. Il servizio non dipendeva dal semplice possesso di una funzione ma dal come questa veniva esercitata.Gli fa eco Don Andrea Gallo, nel suo contributo in appendice, quando afferma che «I primi cristiani per denominare la chiesa scelsero una parola greca, ecclesia che significa ‘casa cristiana, assemblea’. Un’assemblea all’interno della quale tutti hanno il diritto di parlare (…)».
Anche il messaggio di Gesù va precisato e va ridimensionata pure l’iconografia che si è voluta tramandare di questo falegname bonaccione e ingenuo della provincia palestinese, pronto a subire passivamente ogni sopruso. Al contrario, il suo pensiero è moderno e rivoluzionario, un «invito a cambiare la logica perversa che ci governa, (…) non di inerzia o di rinuncia, ma un appello ad arruolarsi per conseguire l’obiettivo della giustizia sociale». Il suo strumento per raggiungere questo obiettivo è la non violenza attiva e militante, in grado di svelare le contraddizioni del potere. Nella ecclesia del Cristo si annoverano pertanto molti “santi”: Oscar Romero, Don Milani, Pino Puglisi, de Las Casas, Ghandi, M.L. King, Anna Frank, Tiziano Terzani, Falcone e Borsellino; persone che hanno speso le loro vite per liberare l’uomo dall’oppressione dell’uomo. Queste le pagine più interessanti di Nonostante il Vaticano, dove la scrittura serve egregiamente la causa: c’è rigore morale e intellettuale, c’è un tono pacato e conciliante ma fermo, una rabbia propositiva, un’indignazione che spinge alla militanza attiva.
Seguono le testimonianze di tre uomini in nero che nelle strade vivono accanto a chi soffre, denunciando le ipocrisie e sbeffeggiando i potenti. Don Andrea Gallo, il “prete del porto di Genova”, che ha dedicato una vita ai diseredati, allontanato dalla sua parrocchia e accolto dal parroco di San Benedetto al Porto; il prete che chiama le cose col loro nome, senza reticenze o falsi pudori. La sua esperienza del G8, la sua amicizia con Carlo Giuliani e la sua famiglia. Don Vitaliano della Sala, allontanato pure lui dai suoi fedeli per volontà del suo vescovo. La sua consapevolezza della visibilità mediatica e degli strumenti per servirsene e non esserne strumentalizzato; la sua critica alla chiesa di Ratzinger; la sua esaltazione del potere “anarchico” del Vangelo. Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, accanto agli “ultimi” nella baraccopoli di Korogocho, a Nairobi. Oggi la sua battaglia si sposta pure a Napoli, dove ha dato vita alla rete Lilliput, impegnato contro la privatizzazione dell’acqua e nel tentativo di sensibilizzare gli abitanti a svincolarsi dalla logica camorristica che ha messo in ginocchio la città. Sono questi preti “scomodi” e anticonvenzionali che fanno la differenza, che offrono le loro vite per testimoniare il messaggio cristiano originario e restituirci un quadro verosimile degli affari sporchi compiuti nel mondo all’ombra della cupola di San Pietro. Veri e propri giganti che guardano in faccia le paure seminate dal potere per renderli più malleabili; uomini che fanno propria la massima del giudice Borsellino: «Chi ha paura muore tutti i giorni, chi non ne ha una volta sola.»