Magazine Cultura
La sera del 13 agosto 2010, presso l’anfiteatro comunale di Bagnara Calabra, si è svolto il recital “La città fantastica – il lungo canto di Lorenzo Calogero”, promosso dal gruppo sperimentale Villanuccia e dal Teatro Belli di Roma, in onore dell’omonimo poeta calabrese. Numerosi i concittadini partecipanti. Lo scopo del recital è stato quello di richiamare l’attenzione degli eredi più vicini al poeta e dei calabresi, sennonché dei concittadini, nei riguardi di un grande poeta della storia del Novecento e della storia della Letteratura Italiana ed Europea, e favorire così, al più presto, una nuova pubblicazione delle opere di Calogero.Rifiutato infatti dai più grandi editori del mondo editoriale italiano del tempo, Calogero ha pubblicato le sue poesie a proprie spese presso case editrici di minore importanza (Lerici, Vallecchi, Centauro per dirne alcune) ma non è mai stato preso in considerazione nel panorama letterario del periodo, forse per invidia e per delirio di onnipotenza degli altri letterati a lui contemporanei. In questa eterna solitudine letteraria, Calogero è vissuto “povero e pazzo”, come si suol dire, ed è stato abbandonato a se stesso, fino alla morte. Dopo la sua dipartita, nel panorama intellettuale nazionale ed europeo si è aperto il cosiddetto “caso Calogero”, vale a dire una brevissima parentesi interrogativa sulla figura e sulla poetica di Calogero, nella quale gli scrittori, i critici e i poeti più in voga del periodo hanno giudicato l’opera calogeriana dall’alto del seggio autoritario che ognuno si è guadagnato con favoritismi politici, economici e propagandistici. Rifiutato il poeta in vita, la piramide del mondo intellettuale ne ha trascurato anche la poetica, bocciandola per questioni di prestigio personale, gloria e quattrini. Da allora, sono passati quasi cinquant’anni e il poeta di Melicuccà, bagnarese per parte della madre, è caduto nell’oblio assieme alle sue poesie. All’associazione Villanuccia e al Teatro Belli va riconosciuto il merito di aver strappato alla dimenticanza Calogero e la sua poetica, mediante varie iniziative promosse negli ultimi anni, tra le quali ad esempio la realizzazione di un sito internet (www.lorenzocalogero.it) e del recital “La città fantastica” svoltosi a Bagnara, utili per riaprire l’antico caso Calogero, per riconoscere la sua opera sul panorama letterario europeo e mondiale, per riaccendere l’amore nei confronti del poeta calabrese e della sua poetica. Grazie a queste iniziative, infatti, ho conosciuto Calogero e la sua poesia: ai promotori di queste trovate sono debitore, perché da quando ho letto le poesie di Calogero non ho potuto fare a meno di avvertire l’importanza poetica, linguistica, artistica, emotiva, filosofica, in una parola “umana” che rappresenta l’opera calogeriana. Non ho voce in capitolo per quanto riguarda i diritti d’autore ma da quando leggo Calogero – ripeto per merito di chi ho citato sopra – ritengo di aver ereditato la sua storia e la sua poetica e, dunque, mi sento chiamato in causa in modo tale che è spiegabile esclusivamente con le palpitazioni che mi straziano quando leggo la sua stessa storia, le sue stesse poesie. Per questo motivo, vi ringrazio, perché conoscere la vita di un mio conterraneo Calogero, leggerne la poetica e sperimentare entrambi nei limiti della mia carne, per me significa vivere vera-mente. Se questo è lo scopo della vostra battaglia, mi rivolgo ai componenti del gruppo Villanuccia e del Teatro Belli, vale a dire far risorgere nei conterranei l’amore per il poeta di Melicuccà, allora vi dico che, nel mio caso, le vostre intenzioni hanno raggiunto un porto sicuro. In questa prospettiva, assistendo allo spettacolo da voi organizzato in onore del poeta calabrese – che ormai considero un mio fratello nel sangue dei versi – non posso fare a meno di evidenziare alcuni aspetti e momenti artistici dello spettacolo “La città fantastica”, tenutosi a Bagnara il 13 agosto, che, a mio parere, lo hanno esibito in modo a-Calogeriano, ossia contro Calogero uomo e poeta.Le dichiarazioni introduttive svolte da Nino Cannatà hanno mostrato di che pasta siete fatti o, in particolar modo, di che pasta è fatto proprio lui. Sostenere che il senso della battaglia calogeriana svolta in questi anni con eredi e non, aveva la scadenza del 2011, dimostra che l’amore da voi – o da Cannatà – ostentato per Calogero è piuttosto avidità di denaro e gloria. Chi ama una persona qualsiasi non può porre dei limiti al proprio amore, ossia alla propria inclinazione/attrazione sfrenata nei confronti di altri. Se davvero siete – oppure è – innamorati di Calogero, malgrado possano apparire o perpetrarsi delle difficoltà per realizzare il sogno della riscoperta di Calogero, non avreste posto delle scadenze. Soprattutto, non avreste preteso tutti i comfort nel luogo, vale a dire albergo, pranzo, cena, biglietti da viaggio, caffé, ombrelloni e aria pagati da eredi e amministrazioni. Piuttosto, se non partecipando con una quota, avreste badato esclusivamente voi stessi alle spese organizzative dell’evento: dietro l’amore per Calogero e la sua poesia, vi siete fatti la vacanza e trattando chiunque con arroganza e sufficienza, in quanto voi siete grandi artisti scesi al Sud del mondo dall’Olimpo in braccio a Pegaso o ai fulmini dello stesso Zeus, avete – o hai, caro Cannatà – ostentato aria di vittimismo e lamentele, quasi a significare che quel che stavate facendo (o avete fatto) era un favore per gli eredi e i conterranei di Calogero? Ma vogliamo escludere tutto questo? Vogliamo concentrarci sullo spettacolo? E lo chiamate recital? Gli alunni di una scuola elementare calabrese, presa a caso, sarebbero stati più bravi e più rispettosi di Calogero e della sua poesia rispetto alla vostra esibizione. La lettura dei versi calogeriani svolta da Carlo Emilio Lerici e Bianco è stata orrenda. Come si fa a sussurrare sdolcinatamente – accompagnandosi con musiche e immagini, il più delle volte non coerenti al testo – dei versi partoriti con sofferenza estrema da un uomo solitario? Da un cuore innamorato spezzato una volta sola ma con effetti illimitati nel tempo, quasi fosse tritato e ritritato all’infinito, ogni giorno, in ogni istante, da un macina di dimensioni titaniche? Da un uomo abbandonato da tutti, dalla società, dagli editori, dai fruitori fuorché dalla natura, dal pensiero, da emozioni lancinanti nel bene e nel male? Da un’anima sofferente a tal punto, nel corpo e nello spirito, da tentare due volte il suicidio? Da un errabondo tra la staticità del tempo cronologico e il fluire vorticoso della parola poetica? Da un disperato alla ricerca della suprema speranza – la verità – attraverso la stessa creazione poetica? Da un cercatore della vera vita, quando questa vita l’ha rinnegato in modo onnilaterale, tanto da spingerlo a proiettare quella ricerca anche oltre la morte, la cui testimonianza è “Vi prego di non seppellirmi vivo”? Le musiche e le immagini preparate per queste letture erano davvero sconsiderate. Rappresentano la prova di una deficienza sostanziale, dietro quella parata da iper-intellettuali, in termini di gusto, sentimento, coerenza ai testi, rispetto per l’autore. Come si fa a costringere il pubblico ad ascoltare dei suoni e a guardare delle immagini bell’e pronte, anziché lasciare che sia la potenza della poesia di Calogero a evocare da sola i luoghi, i ritagli, le finestre, le prospettive, le vibrazioni stesse che hanno generato ogni verso? La super-critica calogeriana, Carla Saracino, invitata in quest’occasione, ha fatto pubblicità esclusivamente alla sua persona e ad alcune associazioni e riviste per le quali ha collaborato, scrivendo su Calogero, e ha dato esclusivamente sfoggio della sua parvente preparazione sullo studio tecnico delle opere di Calogero sostenendo, all’inizio, di vivere un matrimonio ideale e spirituale con la poesia di Calogero: perché non ha espresso quali emozioni ha provato e prova ogni volta che legge un verso di Calogero? Forse perché non ne ha provate e ha soltanto svolgere i compiti per casa, come fanno tanti altri intellettuali?Per non palare dell’amico Michelangelo Zizzi che, anticipando l’importanza onnidisciplinare e onnitematica della poetica calogeriana e ricalcando il “ribrezzo” che prova un intellettuale del suo calibro nel partecipare a eventi di questo genere nelle province d’Italia – dunque, un Apollo del suo retaggio non va a sciacquarsi i piedi in Calabria tanto meno a Bagnara – ha iniziato a dare sfoggio del proprio dono delle lingue greca e latina, sostenendo che in Calogero il logòs si ricongiunge con il monòs per diventare il generatore di verità personali? Mi scusi, signor Zizzi, ma quando leggeva l’opera di Calogero era già posseduto dal demone delle lingue? È evidente che non ha capito nulla! É evidente che uno scrittore come lei non poteva capire quanto sinteticamente ha detto l’erede Lucia Calogero, vale a dire che Calogero scrive nel tempo della piena crisi dei valori e che la sua poesia è una continua ricerca della verità. Non poteva capire quanto ha sottolineato Ottavio Rossani, e cioè che la poetica calogeriana racchiude una pluralità semantica, linguistica, espressiva che sfiora il mistico, il filosofico; che il senso della sua poesia, da inquadrare nella sua vita straziante, solitaria e infelice, è un’eterna e disperata ricerca dello scopo dell’esistenza. Altro che logòs che diventa monòs: nella poesia di Calogero, il logòs dei filosofi, patria della verità assoluta ed eterna sulla quale si regola e si sostiene l’intera esistenza, è proprio quello che non c’è e che qualifica principalmente la produzione poetica calogeriana, distinguendolo da tanti altri poeti del passato e rendendolo un poeta attuale, un uomo che fa pensare non filosofeggiare.La vita, la biografia del poeta calabrese è stata la grande assenza in uno spettacolo volto a ricordarne il nome, la storia, la poetica. Come si fa a “sentire” anche un solo soffio della potenza lancinante, e alcune volte speranzosa, del verso calogeriano, se lo si scioglie dall’elemento biografico? Chi era Lorenzo Calogero? A questa domanda, mai posta, non può rispondere da sola la poesia: c’è bisogno di collocare, sulla base di quel che si conosce con accuratezza della biografia del poeta, la poesia dentro la vita di Calogero. Se non si fa questo, specialmente quando, come in tale occasione, s’intende proporre la riscoperta di Calogero sia sul piano poetico sia umano – in quanto è uno dei rari esempi nei quali vita e poesia (cioè pensiero ed evocazione) si toccano – e tale riscoperta riguarda i conterranei, gli europei, i terrestri, allora tutto il resto perde di significato per acquisirne un altro. Quale? Tutto quanto il recital è sembrato, a mio parere, una semplice ri-commercializzazione delle opere, per consentire ad altri (cioè voi stessi), anziché di studiare dettagliatamente e di amare l’intera poetica calogeriana alla luce della vita del poeta, di continuare a fare quattrini, di farsi le vacanze pagate e di atteggiarsi ad unici possessori della verità.Per questi motivi, cari promotori ed esecutori del recital, nel rinnovare i miei ringraziamenti per avermi fatto conoscere Calogero, credo che gli unici ad aver avuto a cuore Lorenzo Calogero il 13 agosto sono stati gli eredi, il pubblico, Rossani, la Calabria, Bagnara, il cielo stellato che faceva da sfondo al nome del poeta calabrese che si faceva sentire nell’atmosfera circostante. Nell’immaginare prima un evento in onore di Lorenzo Calogero, uomo e poeta, e nel decidere di svolgerlo poi così come è avvenuto, credo sarebbe stato preferibile se aveste fatto banjee jumping, senza elastico, dal nostro bellissimo Belvedere.
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CINEMA, CULTURA
COMMENTI (7)
Inviato il 18 gennaio a 18:00
Non ho il piacere di conoscere il Sig. Bellantone, ma ho conosciuto personalmente Calogero. Studio i versi del poeta di Melicuccà da quando avevo dieci anni, mi sono laureato in lettere con una tesi sulla poesia Celogeriana, ho bubblicato decine di articoli e un'antologia sulla poesia di Lorenzo Calogero, sono stato relatore al convegno organizzato, per il centenario della nascita del poeta, dall'università della Calabria. Aggiungo che il 13 agosto scorso ero anch'io a Bagnara e non mi sento per niente, con tutto il rispetto per le sue opinioni, di condividere quanto scritto dal Sig. Bellantone: Michelangelo Zizzi ha dato un personalissimo contributo (e a dire il vero per niente fuori luogo) alla comprensione del linguaggio calogeriano, a cogliere sfumature non secondarie di quel fiume di versi che a molti, in passato, è apparso oscuro, forse perché troppo innovativo per gli ambienti culturali nostrani, legati ad una certa critica forse vecchia e stantia. Permettetemi pure di non condividere l'impietoso giudizio, sicuramente affrettato, nei confronti di Carla Saracino. Mi auguro soltanto che il Sig. Bellantone - e di questo non me ne faccia una colpa- non voglia unirsi ai tanti tuttologi (calabresi e non calabresi) che poco hanno compreso di un uomo che, per amore della poesia ha scelto di consumarsi come una candela (e non di suicidarsi), invece di fare il medico (e ne era ben capace da un punto di vista professionele). Calogero ha preferito realizzarsi secondo le sue intime inclinazioni ed è per questo che è uno dei più grandi poeti del Novecento. Nino Cannatà e il gruppo Villanuccia hanno svolto una importante e meritoria azione divulgativa, talora contrastando la dimenticanza - a volte colpevole - di tanti tromboni che si ergono a grandi letterati ma non di rado si manifestano mercanti di pseudocultura. G. Ungaretti ha detto, senza che qualcuno lo sollecitasse, "Lorenzo Calogero ci ha diminuiti tutti". E' giunto il momento - questo io spero con tutte le mie forze- che accada ciò che all'Università della Calabria, lo scorso mese di febbraio, critici di ogni risma e formazione hanno ritenuto improrogabile: una edizione critica di tutta l'opera calogeriana che finalmente faccia giustizia. Perché questo avvenga è necessario che chi ama la Cultura, quella con la "C" maiuscola, eviti di dare luogo a sterili alterchi e si convinga che la poesia calogeriana (che pure è rimasta sepolta per mezzo secolo) ha superato "la prova dell'invecchiamento" di cui parlava Montale e i versi contenuti in quei quaderni ingialliti mantengano una capacità evocativa che li rende polisemici al punto da permettere una lettura individualizzante a chiunque si voglia ad essi accostarsi. E' ora che Calogero entri a pieno titolo nelle aule scolastiche perché la sua opera è un patrimonio dell'Europa e dell'intero universo letterario. Rispetto le idee di tutti ma aborrisco ogni forma di sterile alterco che certo non serve, in questo momento, alla conoscenza dell'opera del poeta della solitudine, ma anche dell'amore per ogni cosa che, nella sua vita sventurata, non gli è stato concesso ricevere. Giuseppe Antonio Martino
Inviato il 08 gennaio a 11:20
Caro Nino, io non ho aggredito nessuno, anzi. Mi sono permesso di intervenire in una polemica non mia perché stato malamente tirata in ballo la presunta ignoranza di tutto un pubblico. Ho chiesto soltanto che chi, a mio modo di vedere, ha offeso indiscriminatamente una platea,(per altro proprio in questo spazio, dedicato ai giovani scrittori reggini di 16-18 anni che scrivono sul blog Agoghé) ai porgesse le sue scuse. Per altro, come tu ben sai, di teatro sperimentale o di poesia contemporanea, non possiedo le competenze adeguate per pronunciare una critica, specie a cinque mesi di distanza. Confermo di averti dato una mano di aiuto dal punto di vista logistico-organizzativo, ausilio - beninteso - disinteressato, volontario e gratuito, poiché legato da rapporti di amicizia e parentela con alcuni di essi. Il resto, non è affar mio caro Nino e quindi ti prego di non tirarmi in ballo. Saluti ed Auguri NZ Saluti NZ
Inviato il 08 gennaio a 01:21
« Vi è una certa quale povertà nella nostra critica. Noi assumiamo che vi siano pochi grandi uomini, e che i restanti siano piccini; che vi sia un solo Omero, un solo Shakespeare, un solo Newton, un solo Socrate. Ma l'anima, nelle sue ore raggianti non riconosce queste usurpazioni. Dovremmo sapere come elogiare Socrate, o Platone, o San Giovanni, senza impoverirci. » (Ralph Waldo Emerson)
La bocca è una ricchezza si dice in Calabria, offendere gratuitamente è cosa semplice, contribuire alla cronica negazione con feroci parole faziose è altrettanto gratuito, comprendere e dire qualcosa di intelligente prima di esporre un pensiero o addirittura una critica richiede invece impegno, saggezza. Fare invece qualcosa di concreto e utile diventa un miracolo in un luogo dove si parla molto e si agisce poco. "Tutti contro tutti" non è il massimo della soluzione e neanche della critica. Critica è tekhnè, arte del giudicare. Falsare la realtà pur conoscendo le reali difficoltà è disarmante. Tra le ingenue parole del fantomatico Salvatore Bellantone, definite per giunta critica si riscontrano tremende aberrazioni ed inesattezze, ognuno si esprime come può, ma giusto per non deviare il lettore che poco conosce la vicenda calogeriana di seguito alcune precisazioni:
"Calogero ha pubblicato le sue poesie a proprie spese presso case editrici di minore importanza (Lerici, Vallecchi, Centauro per dirne alcune)". Il poeta non ha mai pubblicato a pagamento per Lerici e Vallecchi che poi non sono state "case editrici di minore importanza", tutt'altro.
"ma non è mai stato preso in considerazione nel panorama letterario del periodo, forse per invidia e per delirio di onnipotenza degli altri letterati a lui contemporanei". Tutt'altro, la critica del tempo con nomi autorevoli dedicò lusinghieri apprezzamenti scatenando di fatto il "Caso Calogero", grazie alle pregiate edizioni Lerici, e per oltre un decennio anche la stampa internazionale si occupò di Lorenzo Calogero che appare sulle migliori antologie.
"gli scrittori, i critici e i poeti più in voga del periodo hanno giudicato l’opera calogeriana dall’alto del seggio autoritario che ognuno si è guadagnato con favoritismi politici, economici e propagandistici. Rifiutato il poeta in vita, la piramide del mondo intellettuale ne ha trascurato anche la poetica, bocciandola per questioni di prestigio personale, gloria e quattrini". Non commento, invito però alla cautela.
"Non ho voce in capitolo per quanto riguarda i diritti d’autore ma da quando leggo Calogero – ripeto per merito di chi ho citato sopra – ritengo di aver ereditato la sua storia e la sua poetica e, dunque, mi sento chiamato in causa in modo tale che è spiegabile esclusivamente con le palpitazioni che mi straziano quando leggo la sua stessa storia, le sue stesse poesie. Per questo motivo, vi ringrazio, perché conoscere la vita di un mio conterraneo Calogero, leggerne la poetica e sperimentare entrambi nei limiti della mia carne, per me significa vivere vera-mente". Non commento, invito però alla cautela.
"Sostenere che il senso della battaglia calogeriana svolta in questi anni con eredi e non, aveva la scadenza del 2011, dimostra che l’amore da voi ostentato per Calogero è piuttosto avidità di denaro e gloria". "Se davvero siete innamorati di Calogero, malgrado possano apparire o perpetrarsi delle difficoltà per realizzare il sogno della riscoperta di Calogero, non avreste posto delle scadenze". Posso comprendere questo genere di sfoghi isterici causati forse da troppa frustrazione poco edificante e dalla scarsa conoscenza dei fatti, ma dopo dieci anni di iniziative e ricerche per la maggior parte autoprodotte, di fronte all'immobilismo e all'omertà dei circuiti politici, culturali, editoriali, rimane legittimo sollecitare la resa, se non vi saranno gesti concreti da parte degli organi competenti in vista delle celebrazioni calogeriane. Comunque a parte le chiacchiere, entro il 2011 porteremo a termine i nostri impegni prefissati, le numerose iniziative frutto di progettazione e azioni concrete sono consultabili nel "Progetto Calogero" visibile sul sito del poeta, creato a nostre spese per informare quanti lo desiderano. Nel frattempo sta per scadere anche il cinquantenario della morte del poeta e risulta mortificante ad oggi la totale assenza di doverose iniziative istituzionali. Noi con una associazione culturale, non a scopo di lucro, abbiamo fatto il possibile, finanziando tutto con i nostri risparmi, a parte qualche contributo spese regolarmente documentato.
"Soprattutto, non avreste preteso tutti i comfort nel luogo, vale a dire albergo, pranzo, cena, biglietti da viaggio, caffé, ombrelloni e aria pagati da eredi e amministrazioni". Diffondere cose del genere è scorretto e degenerante. In un paese civile si viene retribuiti per organizzare e fare iniziative culturali, a parte questo, non abbiamo fatto vacanza, abbiamo però sacrificato anche il mese di luglio per provare ad organizzare al meglio un incontro con il pubblico di Bagnara ignaro dell'esistenza del poeta, il tutto di comune accordo con gli eredi Calogero e con il sindaco del Comune di Bagnara. A pranzo, sotto il sole cocente, solo in tre eravamo a Bagnara a risolvere problemi tecnici. Abbiamo pranzato con un caffè, un aperitivo e un gelato a proprie spese alla presenza di Natale Zappalà che potrebbe confermare, magari evitando di continuare ad aggredire. Il resto dei partecipanti, che continuo a ringraziare per la cortese disponibilità e di cui mi scuso per le offese ricevute, arrivati qualche ora prima della manifestazione, hanno raggiunto Bagnara, sempre a proprie spese, per tentare un dialogo necessario che non merita quanto esposto nello scritto. La cena e l'ospitalità di una parte degli intervenuti è stata sostenuta dal Comune di Bagnara. Il patrocinio gratuito delle altre istituzioni paventate si è risolto con un logo sul manifesto. Anche questa volta abbiamo anticipato il resto delle spese vive, dell'organizzazione, della comunicazione, della disponibilità di parte dell'attrezzatura. Non parliamo della condizione in cui abbiamo dovuto operare; l'anfiteatro non dispone di un filo di terra creando così scariche elettriche a strumentazione e tecnici che hanno provveduto all'ultimo minuto a schermarsi sedendosi su una busta di plastica, compromettendo così la fonica. Il fondale video garantito fino alla mattina è diventato un rimediato e ridotto telone. Non cè stato modo di fare prove tecniche anche perchè per chiedere una sedia bisognava rivolgersi alla gentile pazienza del sindaco. Tutti hanno partecipato per puro interesse culturale, sempre a proprie spese si è fatto quello che si è potuto, per tenere un dialogo aperto sulla delicata vicenda calogeriana che merita di sicuro cautela, conoscenza e azioni propositive, non di certo per scatenare ridicole illazioni negli anonimi rivoli del web.
“Vi prego di non seppellirmi vivo”. Basta fare copia e incolla dal sito del poeta per non deformare ancora la realtà, sull'ultimo biglietto ritrovato in casa del poeta c'è scritto: -Vi prego di non essere sotterrato vivo-
Sull'elegante finale non mi pronuncio. Per il resto è veramente peccato continuare a speculare con aggressioni di cattivo gusto. La sacra questione della poesia contemporanea merita altro genere di confronto, cooperazione propositiva semmai, onesta autocritica.
con dispiacere Nino Cannatà
Inviato il 07 gennaio a 11:26
Non si risponde ad una calunnia - se di calunnia si trattasse, a mio modo di vedere non ci sono nella suddetta nota critica gli estremi per identificarla come "accusa consapevolmente falsa a scopo denigratorio" - facendo di tutta l'erba un fascio o, nella fattispecie, di tutto il Sud (o la Calabria) un porcile smanioso di perle. Se a suo modo di vedere la nota critica non corrisponde a verità lo dimostri anziché almanaccare paragoni animali coinvolgendo nel suo sfogo un intero pubblico senza colpe. Anzi, se secondo lei esistono delle colpe anche nel pubblico calabrese, di qualsivoglia natura, la invito ancora una volta a dimostrarle (mi riferisco a questo suo passaggio: "Nessuno ha approfittato della sua Calabria, in termini economici anzi...ANZI! E mi fermo qui per non offendere la sua platea", ovviamente assumendosi le responsabilità di ciò che afferma. Il resto non è affar mio, se ha letto attentamente la mia nota non mi interessa di teatro sperimentale, di titoli ed affini, mi premeva soltanto evitare un realmente "tetro" accostamento generalizzante, per altro di pessimo gusto se inserito in una discussione che dovrebbe vertere di arte o cultura in generale. Se dice di essere nativa dell'Apulia, allora mi interesserebbe di più che lei porgesse doppiamente scusa al pubblico meridionale. Se queste non sono le sue intenzioni - meraviglie del libero arbitrio - faccia pure come creda, le parole e le azioni rimangono a monito di chi le fa. Del resto, ripeto, mi importa poco o nulla. Perciò mi ritiro, in ogni caso, da una polemica che smetterebbe di coinvolgermi se lei si scusasse per le espressioni utilizzate. Le porgerei i miei saluti, ma non è stato esattamente un piacere fare la sua conoscenza. NZ
Inviato il 06 gennaio a 18:32
Non avrò io le carte in regola per costruire un Sud migliore, ma - mi permetta - non le ha neanche colui che ha scritto il pezzo qui sopra, pezzo colmo di calunnie ed imperfezioni. Nessuno ha approfittato della sua Calabria, in termini economici (anzi...ANZI! E mi fermo qui per non offendere la sua platea). Un modo edificante, ribadisco, per costruire un Sud migliore sarebbe, per esempio, quello di suggerire a certe persone di non spargere in giro voci false e di non terminare l'esposizione della "propria opinione democratica" con certe chiuse tetre (ha notato?).
Infine, non faccio vanto dei miei titoli perché non ne ho. L'unico titolo è la mia vita, ma questo è un discorso profondo e complesso. Sono pugliese e ho collaborato per anni nelle associazioni del mio paese e sempre gratuitamente e sempre rimettendoci proprio a causa di persone come quelle di cui sopra, persone abili nel diffondere cose non coincidenti con la verità. Questo è tutto, per quanto mi riguarda. Saluti. Carla Saracino
Inviato il 06 gennaio a 01:35
Sig.ra Saracino, non è mia intenzione entrare nel merito di una critica letteraria o teatrale che non appartiene né al mio bagaglio di competenze, né al mio modestissimo ed individualissimo (ma democraticamente rispettabilissimo) gusto, tuttavia la prego di voler fare attenzione a ciò che scrive, se non altro onde evitare di scadere in localismi sterili e luoghi comuni ancor più squallidi. Quando Giulio Cesare celebrò a Roma i suoi quattro trionfi ottenuti in quattro continenti, mentre abbigliato come Giove diventava l'uomo più potente del mondo conosciuto, uno schiavo, come da copione, gli teneva alta sul capo una corona d'alloro, ripetendogli "Hominem te memento" e cioè "Ricordati di essere un uomo". Ergo, Sig.ra Saracino, degli esseri umani, sebbene siano Accademici dei Lincei, eroi di guerra, pluridecorati, laureati ed affini, in quanto imperfetti e fallibili possono essere soggetti a critiche. Quindi la prego di risparmiare ai lettori di un portale di utenza nazionale - ripeto, al di là del contesto della critica al recital - lo strazio di leggere affermazioni come "perle date ai porci" o "Sud che si autoinvolve" o di "menti spenti o conformi del Sud". Le quali - semmai esiste un modo ottimale per risolvere i tanti problemi di questa terra, certamente le sue parole sono lontani anni luce dal rimedio - possono certamente risultare offensive, capziose e poco edificanti non già per un uomo del Sud, ma in genere a tutti amanti della cultura e dell'arte in generale. Siamo solo uomini ed in quanto tali soggetti all'errore, al gusto e alla sacrosanta libertà di espressione degli altri, senza il timore di condividere la latrina con i porci della sua discutibile metafora. Se il Recital in questione verteva su sperimentazioni, esperienze del nuovo ed affini, uno spettatore, sulla base dei propri gusti e della propria esperienza, può lecitamente esprimere la propria opinione senza per questo assistere ad una pioggia indiscriminata di luoghi comuni che generalizzano un'intera latitudine. La cultura non è un agone in cui vince chi sa di più o chi si cimenta nel teatro dell'assurdo. Quantunque ci si erudisca, incontaminato resterà lo spazio dell'ignoranza. La invito dunque a porgere pubbliche scuse al "porcile" meridionale da lei tirato in ballo.
P.S. Dimenticavo: Dato che al Sud c'è tanto da costruire, da "evolvere", da proiettare verso l'anticonformismo" le lancio questa proposta: la prossima volta che varcherà queste lande desolate provi ad operare come le migliaia di associazioni culturali locali (la invito a seguire il mio blog o le attività delle associazioni con cui collaboro) e cioè agendo GRATUITAMENTE, CONSAPEVOLMENTE E UMILMENTE. Altrimenti faccia attenzione a non cadere nell'incoerenza di disprezzare i porci salvo poi cibarsi delle loro carrube. Saluti Natale Zappalà
Inviato il 05 gennaio a 16:54
Pesco solo ora, dalla caotica trama anonima del web, il pezzo del sig.re Bellantone, ben lieta di sentire voci opposte e alternative, punti di vista, diciamo, "altri". Tuttavia, mi sento di sottolineare qualche punto non già in difesa della mia "posizione da intellettuale" (che non ho e non desidero avere), ma per giustizia di chiarezza nei riguardi del sig.re Bellantone (con cui mi rammarico di non poter sostenere un confronto frontale). Innanzitutto non sono un critico letterario e il sig.re Bellantone, se avesse seguito veramente con attenzione le fasi del recital, avrebbe sentito meglio le parole di introduzione al mio discorso: precisavo infatti di non ritenermi un critico, bensì una lettrice appassionata e precisavo che ogni mia parola, in quella circostanza, sarebbe stata uno sforzo di omaggio del tutto "personale" alla figura di Calogero. Dunque il sig.re Bellantone è improprio e superficiale quando mi definisce "supercritica" o quando, peggio, ritiene di dovermi attribuire forme di scolara 'impegnata'. Non sono nulla di tutto questo. Evidenzio l'altra imprecisione di Bellantone secondo cui avrei, la sera del tredici, promosso alcunE associazioni e rivistE per le quali collaboro. Non collaboro per alcuna associazione fuorché per il Gruppo Villanuccia e, quand'anche ve ne fossero altre, non vedo il male di promuoverne la presenza laddove esistesse del merito. Ho citato una sola rivistA (in questo il sig.re Bellantone mostra veramente scarsa disposizione all'attenzione e all'ascolto), "Le Voci della Luna", proprio perché in essa è apparso il mio articolo su Calogero e, a titolo divulgativo e informativo, mi sembrava utile dirlo. Non mi sento di scendere in difesa dell'Amico Zizzi, perla data ai porci in un Sud che si autoinvolve tutte le volte in cui una personalità, palesemente superiore alle altre, anziché essere ammirata, viene facilmente tacciata di arroganza e presunzione (il lusso della cultura, sig.re Bellantone, talvolta è arroganza e per fortuna). Non mi sento di difendere l'amico Cannatà né di rispondere alla codardia dell'insinuazione secondo la quale il tredici agosto noi tutti avremmo approfittato di discendere nella Calabria solo per un fine turistico e benpagato. Insinuazioni, veramente, da bottega del nulla (quello con la "n" minuscola, però). Detto questo, mi ripeto ben lieta di sentire voci contrarie e opposte; meno contenta se queste voci non sono sorrette da serietà e lealtà, ma anzi da quella inclinazione, tipica di alcune anime spente e conformi del Sud, a mostrarsi recalcitranti verso la possibilità e l'esperienza del nuovo.
Carla Saracino.