Ogni tanto penso a cosa sia il desiderio, questa voglia di estendersi al di là di se stessi, di superarsi e di sperimentarsi con una realtà che non c'è.
E subito mi viene in mente il bisogno, ch'è un'altra cosa, appestato com'è della realtà che scartiamo o soltanto della realtà, che scartiamo.
E torno al desiderio, che è ricordo del piacere, una dimensione estetica che ci supera, di percezione della realtà come ci piace.
Non la soddisfazione del bisogno, saturare gli scarti scomposti di realtà come cartoni ricolmi di cibo stantio che crolla, la soddisfazione che è untuosa sazietà.
Il desiderio è leggerezza, lo impari correndo, non sa fermarsi a ciò che sei, a ciò che hai, il desiderio spazientito spazza via ciò su cui inciampa, per giungere (forse) alla sua forma.
Poi, però, si volta a guardare.