Quando ho aperto questo blog, ormai quasi due anni fà, lo feci perché non ero più ricercatore all’Università in Inghilterra, ma volevo comunque che i miei 10 anni di studi potessero essere utili.
Avendo studiato antropologia culturale e comunicazione globale, decisi di unire le due cose in un blog: volevo usare quello che sapevo, riconfezionarlo per blog e social media e farlo diventare una nuova forma di notizia.Oggi è una sfida, quotidiana, che ancora non ha molto riconoscimento, ma che porto avanti con entusiasmo e che mi fa sentire che quello che ho studiato non è andato perso.
Il mio obiettivo è dunque commentare l’attualità immettendo nozioni dal mondo delle scienze sociali e dare cosi inizio ad una comunicazione costruttiva.
Quali erano le mie premesse teoriche? Dai risultati della mia ricerca sulle notizie globali di agenzia (AFP e Reuters) è emerso che le categorie “cultura” o “società” sono meno trattate rispetto ad esempio a “soldi”, “energia”, “elezioni”, perché meno richieste dai grandi clienti delle agenzie che sono soprattutto la finanza e la politica.
Dunque ho capito che le notizie sono dei beni, che circolano, che hanno un valore e un mercato. In questo mercato, le notizie negative, ovvero quelle che possono avere maggior impatto sulle decisioni politiche e finanziarie, sono le più trattate. Di conseguenza, gli altri clienti delle agenzie, cioè televisioni, giornali, riviste, radio, siti web, che hanno un minor peso economico, si “accontentano” e rilanciano quello che passano le agenzie. Nello spazio pubblico si vedono quindi tantissime notizie, negative, spesso uguali e spesso ripetute.
Dunque. Le notizie sono dei beni di largo consumo e quelle negative vendono di più. E fanno vendere di più.
Questa situazione di fatto non giova all’utente finale, agli individui, che consumerebbero volentieri anche notizie di altro genere, più “vicine” al quotidiano, alla vita e alle preoccupazioni di tutti i giorni, magari con qualche suggestione positiva, o che potesse aprire a visioni costruttive della società, e che è particolarmente evidente in un periodo di crisi. Vedo la crisi dei quotidiani e del giornalismo in questo senso: la gente non compra più quello che scrivono i giornali perché non ha voglia di leggere solo di drammi, tragedie e disastri, scandali ed altre cose scioccanti. Generano ansia e di ansia in questo momento ce n’è già troppa (ricercatori in psicologia si stanno occupando di questo nesso: ansia e notizie negative).
Nel mio progetto di blog “La Rivista Culturale.com“, ho deciso di sfidare questa situazione creando un outlet di notizie dal mondo della cultura e delle scienze sociali che possano essere utili per capire ed approfondire l’attualità. Non per blandire o limitare l’espressione, ma per offrire un’informazione che non c’è. Ed è complementare alla comunicazione già esistente.
In questo senso quello che scrivo sono notizie costruttive, per la formazione di un’opinione pubblica informata direttamente dalla ricerca e dall’università. Questo ha i benefici di rendere utile e visibile quello che fanno i ricercatori, di immettere nella sfera pubblica teorie e idee sulle quali le università lavorano, di limitare tantissimo l’atteggiamento polemico con l’immissione di dati oggettivi che vengono dalla Ricerca, di eliminare i valori negativi e di shock per confezionare informazione, di suggerire spunti di riflessione per guardare l’attualità con occhi nuovi.
Al pubblico, fatto di consumatori esperti ed esigenti, viene così offerta un’informazione di alta qualità, che spiega la contemporaneità offrendone una visione analitica, critica e costruttiva.
L’Università ed i ricercatori di materie meno conosciute nelle scienze sociali – come per esempio gli antropologi – sono cosi inseriti nell’attualità e nei suoi dibattiti, rendendoli necessari e visibili per spiegare le complessità del mondo attuale. Questo dà anche l’opportunità di non essere tagliati fuori dal mondo (e magari dai finanziamenti pubblici), facendo capire che è possibile adattare ricerca e comunicazione, cultura e comunicazione, sapere e comunicazione, attraverso, per esempio, blog e social media.
Nella mia esperienza, il pubblico apprezza molto il ricevere riferimenti ed analisi della società in questo modo. Si aprono nuove prospettive, nuove visioni, anche critiche ma costruttive, e in generale, si innescano atteggiamenti creativi.
© Melissa Pignatelli
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