E’ Quasimodo! il campanaro! E’ Quasimodo, il gobbo di Notre-Dame! Quasimodo il guercio! Quasimodo lo sgorbio! Evviva!
La folla di Parigi
La lettura di questo romanzo è andata avanti a salti, con capitoli che divoravo e capitoli che mi facevano stare ferma dei giorni. Per esempio, il prologo, con la spiegazione della nascita dell’idea del romanzo, con la scritta ananke ormai obliata dal tempo… l’ho trovato fascinosissimo, mi ha subito catturato! Poi, dopo questo splendido inizio… una noia! Poi, si entrava nel vivo della storia, dell’azione… e poi di nuovo pagine e pagine di descrizioni di com’era Parigi nel XV secolo!
Comunque, sia quando la lettura non mi appassionava, sia quando diventava intrigante, ho amato moltissimo lo stile di Hugo! Più di una volta mi sono detta: se continua così, gli perdono i capitoli noiosi e gli do 5 stelline sicuro! Purtroppo Hugo non mi ha esaudita, continuando fino alla fine ad alternare capitoli in cui si viveva passione e dolore a ogni pagina a lunghe e pesanti dissertazioni! Il tutto comunque arricchito sempre da momenti di eccezionale bellezza, come per esempio i brani dedicati alle campane (su cui non mi dilungo, perché ne ho già parlato tanto QUI), o alcune piccole osservazioni dedicate magari a personaggi minori.
Non so se sono stata condizionata dal film Disney, oppure in generale dall’idea che si ha di questo romanzo, ma non ho potuto fare a meno di pensare a Quasimodo come al personaggio principale. In realtà non è poi così centrale, i protagonisti sono molti, insieme al Gobbo: Frollo, Esmeralda, Gringoire, Parigi, Notre-Dame, il Medioevo… Però il Gobbo, spirito, demone e divinità della Cattedrale, mi ha colpito più di tutti, è lui, secondo me, il vero “eroe” del romanzo! Il personaggio che mi è piaciuto di più, però, è senza dubbio Gringoire!
Il mio giudizio finale su Notre-Dame de Paris è senza dubbio positivo; molte volte durante la lettura sono stata orientata sulle 5 stelline, però alla fine devo scendere a 4. Il gradimento incostante è la ragione principale, soprattutto nel finale: mi stava piacendo parecchio, anche se si trattava di una rilettura mi sono emozionata moltissimo, però poi mi ha “fregato” con quel capitolo su Montfaucon!! ;) E poi, ad essere sincera, il finale proprio finale, con la scoperta qualche anno dopo dello scheletro di Quasimodo che abbracciava quello di Esmeralda, non mi è piaciuto tanto. Non so, l’ho trovato forse eccessivo, o troppo patetico, ma un po’ mi ha deluso!
Perciò, come ho detto, 4 stelline (comunque meritatissime!)! E ora, sono veramente molto molto curiosa di vedere il famoso musical di Cocciante tratto da questo libro! :)
Un po’ di frasi
È certo che se Ravaillac non avesse assassinato Enrico IV, non ci sarebbe stato un incartamento del processo Ravaillac depositato nell’archivio del Palais de Justice; né complici interessati a distruggere dell’incartamento; né incendiari obbligati, in mancanza di mezzi migliori, a bruciare l’archivio per bruciare l’incartamento, anzi a bruciare il Palais de Justice per bruciare l’archivio; insomma niente incendio del 1618. Il vecchio palazzo sarebbe ancora in piedi con la sua vecchia sala grande; e io potrei dire al lettore: «va’ a vederla», e così ci risparmieremmo io di scrivere e lui di leggere questa descrizione. Ciò prova una verità nuova: che i grandi fatti storici hanno delle conseguenze incalcolabili.
…quell’altra peste dell’Alemagna, la stampa! Non più manoscritti, non più libri! La stampa uccide l’arte libraria.
Mastro Andry Musnier, libraio dell’Université
Niente dà più coraggio che avere il borsellino vuoto.
Fratello, questa è tua moglie; sorella, questo è tuo marito. Per quattro anni. Andate pure.
Clopin celebra un matrimonio “egiziano”
Mi fa un po’ ridere questa precisazione “per quattro anni”! Interessante e peculiare modo di intendere il legame matrimoniale!
Senza dubbio, ancora oggi la chiesa di Notre-Dame è un edificio maestoso e sublime. Ma per quanto, invecchiando, si sia potuta conservare bella, è difficile non sospirare e anche non indignarsi vedendo i guasti e le mutazioni infinte che la congiura del tempo e degli uomini ha inflitto al venerabile monumento, senza rispetto alcuno per Carlo Magno, che ne aveva posto la prima pietra e per Filippo Augusto che ne aveva posto l’ultima.
Sul volto di questa vecchia regina delle nostre cattedrali, accanto a una ruga si vede sempre una cicatrice. Tempus edax, homo edacior [il tempo è vorace, l'uomo più vorace ancora], ma io tradurrei volentieri così: il tempo è cieco, l’uomo è stupido.
Divenne [Frollo] così sempre più sapiente e per conseguenza naturale, sempre più rigido come prete, sempre più triste come uomo.
Il libro sta per uccidere l’edificio.
L’invenzione della stampa è il più grande avvenimento della storia. E’ la rivoluzione madre. E’ il modo di espressione dell’umanità che si rinnova totalmente, è il pensiero umano che lascia una forma e ne prende un’altra, è il vero mutamento di pelle di quel serpente simbolico che, da Adamo in poi, rappresenta l’intelligenza.
Sotto forma di stampa il pensiero è imperituro. Diviene volatile, inafferrabile, indistruttibile: si mescola all’aria. Mentre al tempo dell’architettura si faceva montagna e occupava potentemente un secolo e un luogo, ora si fa stuolo d’uccelli, si diffonde ai quattro venti e occupa a un tempo tutti i punti dell’aria e dello spazio.
Chi non vede che in questa forma è assai più indelebile? Da solido che era, è divenuto vivente, ed è passato così dalla durata all’immortalità. Si può demolire una montagna di pietre, ma come estirpare l’ubiquità?
- Avete mai veduto la berlina in azione, mia cara Mahiette?
- Oh, sì! A Reims.
- Eh! Ma che cosa può mai essere quella vostra berlina di Reims? Sarà una gabbiaccia dove non capitano altro che villani. Una miseria!
- Dei villani? AlMarché-aux-Draps! a Reims! Che bellezza di assassini che ci si son visti, invece: gente che aveva ucciso padre e madre! altro che villani! Per chi ci prendete, Gervaise?
Sapere aude
Osa sapere
(sul muro della stanza segreta di Frollo)
I piani di quelle prigioni più si affondavano nel suolo più si rimpicciolivano e si rabbuiavano. Erano tante zone in cui si graduavano le sfumature dell’orrore. Dante non avrebbe potuto trovare niente di peggio per il suo inferno. Quegli imbuti di orridume terminavano generalmente in un pozzo a fondo di tino nel quale Dante ha messo Satana e la società metteva i condannati a morte. Una volta sotterrati laggiù addio giorno per sempre, addio aria, vita, ogni speranza [in italiano nel testo], non si usciva se non per andare alla forca o al rogo. Qualche volta una creatura umana marciva là dentro; la giustizia umana chiamava questo: dimenticare.
E poi: vi pare niente la fortuna che ho, di passare tutte le ie giornate con un uomi di genio, che poi sono io! Vi assicuro che è piacevolissimo!
Gringoire
Che re brutto e cattivo abbiamo! Tutto affogato nella sua pelliccia. Mi deve sempre il denaro del mio epitalamio e c’è voluto del buono e del bello perché non mi impiccasse questa sera, e sarebbe stata una cosa molto seccante…
Gringoire
Gli altri commenti a questo libro sono tutti QUI.