Notre-Dame de Paris – pubblicato per la prima volta nel 1831 – costituisce una di quelle grandi opere della letteratura mondiale sostanzialmente stuprate dalle numerose trasposizioni teatrali e cinematografiche, tutte liberamente ispirate (ma l'espressione liberamente ispirato deve per forza incoraggiare l'allestimento di spettacoli scadenti – questa è una mia personalissima opinione – che così poco hanno da spartire con l'originalità del romanzo?) alla monumentale opera di Hugo. Queste, cari lettori, sono le conseguenze di quella che sta diventando ormai una costante della rappresentazione artistica del XXI secolo: il film o il musical fungono ormai da Bignami della cultura. In altri termini, corriamo tutti a vedere al cinema o a teatro queste selve di sgavettati che pretendono di restituire al pubblico quei brividi di piacevolezza che solo un'attenta lettura può regalare, imbattendoci poi in qualche squallido movimento di bacino, disegnato su canzonette senza senso; oppure, assistiamo, dalla platea, a dei mostruosi cambiamenti di trama – specie nei tanti adattamenti cinematografici di romanzi – che violano la fisionomia originaria dell'opera in nome della ricerca degli incassi al botteghino (pensate al Bram Stoker's Dracula di Coppola, laddove la protagonista, Mina Murray, si innamora del vampiro, snaturando il bellissimo romanzo che pure il regista di origini italiane pretendeva di seguire integralmente). Così, tutti vanno ad ammirare balletti ed attori in calzamaglia, ma nessuno legge più le opere in edizione integrale, bell'esempio di nozionismo ed ignoranza, quei mali che, dopo aver contagiato il sistema scolastico, si propagano persino all'intrattenimento di natura culturale. Non ci lamentiamo poi se gli studenti – durante l'interrogazione di greco – dicono che Achille muore dentro le mura di Troia fra le braccia di Briseide, con tanti saluti ad Omero da Brad Pitt e Wolfgang Petersen; tanto ormai, nell'immaginario comune, vedere queste pellicole equivale ad istruirsi.Dunque, solo una minoranza di lettori appassionati del romanzo storico ottocentesco hanno potuto apprezzare la filologica ricostruzione della Parigi tardo-medievale, il brulicante melting pot della Corte dei Miracoli e, soprattutto, lo struggente finale della storia (Quasimodo, dopo l'impiccagione di Esmeralda, deciderà di morire di fame, abbracciato al cadavere della sua amata – quando tentarono di staccarlo dallo scheletro che teneva abbracciato, si disfece in polvere... ), spesso snobbato dalla cinematografia.Notre Dame de Paris è un coinvolgente catarsi nell’atmosfera e nel tessuto sociale del XV secolo; il lettore è in grado di partecipare empaticamente all’approfondita indagine psicologica dei personaggi principali della storia. Si scoprirà così la falsità delle facili identificazioni - convenzionalmente attribuite ai ruoli giocati da Quasimodo, Esmeralda, Frollo e Phoebus - smascherando la presunta dicotomia “buoni-cattivi" (come fa Esmeralda, un personaggio di cui Hugo non smette di sottolinearne la frivolezza e la poca intelligenza ad essere considerata un'eroina?) falsamente divulgata da adattamenti teatrali e trasposizioni cinematografiche, e rivelando - in conclusione - le molteplici sfaccettature dell’animo umano, immerse nella tortuosa ragnatela di sogni, paure, sessualità occultate, che Hugo ritrae con la stoffa di un moderno psicologo. Inoltre, sullo sfondo della Cattedrale si articola una eterogenea carrellata di bizzarri personaggi secondari (Tristan l’Hermite, Clopin, Gudule ecc.), con l’effetto di suscitare nel lettore critico ed attento, delle maggiori simpatie o curiosità rispetto agli stessi personaggi principali. In definitiva, Notre Dame de Paris costituisce un tassello imprescindibile per i bibliofili più audaci e, parallelamente, uno scorrevole passatempo per gli onnivori del libro, consentendo alla totalità dei lettori di smarrirsi piacevolmente nel fascino labirintico della Cattedrale; e tutto ciò, a prescindere dai multimilionari incassi dello spettacolo di Cocciante.
Pubblicato su www.costaviolaonline.it