di Rina Brundu. Non che ne abbia più piena memoria! Con questo non voglio dire che ho dimenticato, solo che oggidì preferisco dimenticare. Ho imparato che il passato, specialmente il passato-felice, conserva un suo valore solo se resta… passato. È uno statement in contraddizione con la società digitale del passato-presente-futuro immediatamente a disposizione, in ogni istante, in ogni momento. Ho imparato che il passato non è fatto solo di un tempo-andato ma come ogni buona torta s’indora di perle nostalgiche che sanno rendere quegli accadimenti a loro modo unici. Dunque irrepetibili, dunque da chiudersi nello scrigno che è il nostro cuore per mostrarli solo in rare occasioni. Preziose.
Dicevo che non ne ho più piena memoria e anche la magia che circondava la notte della Befana mi giunge adesso vagamente diminuita: a determinare lo status-quo molto ha potuto la festa irlandese di Halloween, ovvero la celebrazione “locale” che ho sentito più mia sin da quando sono arrivata in quest’isola meravigliosa. Sarà che ho sempre amato il gotico, dai primi romanzi inglesi di genere, alle più classiche storie di fantasmi, al gotico sublime di Hitchcock (vedi tra i tanti il film “The birds”) e di Stephen King. Ma non solo. In realtà amo tutto ciò che è mistero plausibile: dalle teorie dell’archeologia misteriosa ai realms quantistici del dottor Brian Greene.
Ripensandoci questa fascinazione con “l’invisibilie” e il “possibile-invisibile”, forse la debbo proprio alle atmosfere incantate della mia infanzia in quella notte magica che era la notte della Befana. In realtà quelle notti non mancavano di nulla. C’era la neve che sovente in quei mesi di Gennaio freddissimi ai piedi della montagna, imbiancava lo stradone e precipitava il mondo in una dimensione fantastica tutta sua. C’era la grande cucina intonacata di rosa dal cui soffitto pendevano salumi odorosi e appena preparati. C’era un fuoco ciarliero acceso nel camino, rinvigorito dalla fiamma vivace e colorata che solo le frasche fresche riescono a dargli. C’era la nonna che fuso alla mano filava nel suo antico canto e c’eravamo tutti noi che dopo cena ci radunavamo intorno a quel bellissimo focolare pronti ad ascoltare infinite antiche storie.
Avrei voluto che non finissero mai! Parlo sia delle storie che la nonna sapeva raccontare con arte magistrale sia di quelle sere adesso lontane nel ricordo… O meglio, avrei voluto capire – allora – che un giorno quei momenti sarebbero andati via per sempre, che occorreva farne il cherishing in maniera più adeguata, che in realtà non stavamo perdendo tempo ma immortalando gli ultimi respiri di un mondo straordinario fatalmente condannato al tramonto. Avrei voluto esserne spettatore e attore migliore, più informato, più capace, meno assente, meno svagato. Avrei voluto preservare quelle antiche-perle con la cura che meritavano e portarle in questo futuro che è il mio presente in guisa di collane preziose da allacciare al collo per renderlo meno nudo.
Avrei voluto ma non ho saputo farlo… ne potuto.
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Comunque era in questa vigilia sovente innevata che preparavamo la calza da appendere al camino, o meglio rubavamo le scarpe del nonno, dello zio…. the more the merrier sembrava essere la logica utilitaristica che governava il momento.
E le serate e le storie erano proprio come quelle che raccontavo tra quese pagine qualche anno fa…
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Ho trovato su YouTube questo bellissimo video che riporta alla mente molte di quelle antiche atmosfere, lo linko qui sperando di fare cosa gradita. Grazie agli autori e alle cantanti: bravissime! Buona Befana a tottus…