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Il buonsenso suggerirebbe di non spifferare ai quattro venti i miei dati personali. Visto che, però, in un qualche strano modo ai quattro venti ci sono finiti lo stesso, io me ne frego. E vi dico che domani ho la maturità.
Il buonsenso suggerirebbe altresì di ripassare qualche autore di italiano, il programma di storia o simili, ma io sto bene come sto, e scribacchio qui sul blog, ascoltando Venditti e domandandomi come facciano 4 ragazzi a portare un pianoforte sulla spalla.
Si dà il caso che proprio in questi giorni si stia tenendo la seconda fashion week al maschile di Londra. Il bravo fescionblogghe è incurante della maturità, non teme di sprecare anni di carriera scolastica per un misero 60/100! Il bravo fescionblogghe esce dalla trincea e VIA! All'assalto, uno, due, tre, quattro, QUATTRO! post al giorno di autfit, pose, look che sono a dir poco (anzi, "troppo", visto che le parole non si sprecano) ameissssing.
Ecco, io sento il dovere morale di non sottrarmi a questa guerra contro il cattivo gusto, l'ineleganza, il buonsenso e i calzini sotto i sandali. Ma, visto che devo ancora capire come facciano le segretarie con gli occhiali a farsi sposare dagli avvocati (Venditti, hai qualcosa contro gli occhiali?), mi limiterò a un post semi-breve come solo io so fare.
Cominciamo da E.Tautz. Perchè Tautz, antica e nobile sartoria di Saville Row, si è smarrita nei meandri della più fosca perdizione, ispirata da questa nuova ondata di pseudo-stilisti che invadono Londra col loro stile efebico e, soprattutto, demme', come si direbbe qua nei migliori salotti della Roma bene (sì, non fate finta di niente, avete capito benissimo per cosa sta quel "-mme'"). Da Tautz sovrabbondano le sete, i colori splendenti, le stratificazioni dell'abbigliamento come neanche sognerebbe un pascià turco. I tagli sono over, le giacche con chiusura a kimono (il momento più interessante della sfilata, IMHO), ma non si raggiungono neanche lontanamente i livelli della bella passerella per lo scorso inverno. Anzi, è tutto inindossabile. Male, male.
Ma, se Atene piange, Sparta non ride. Eh sì, perchè anche McQueen è una tragedia greca (Atene, Sparta, tragedia greca...hahahahahah maccheburlonechesono!). Sembra, infatti, che serpeggi nella capitale britannica un unico, orwelliano, dictat: proponete l'improponibile, indosseranno l'inindossabile! I capi di McQueen sembrano usciti da una di quelle dolci e femminee sfilate che caratterizzavano il mondo della moda nel primo decennio di questo "secolo strano": pizzi, vestitini, ballerine, persino! Insomma, la mia perplessità si potrebbe tagliare a fette. Ma tanto un paio di magliettine con teschio risolve i problemi contabili, e ci si può lanciare su sperimentazioni più audaci in passerella. No?...
Bella, però, l'ambientazione, in quello che sembra, dalle foto, un vicolo della Londra vittoriana che ha ispirato la Burton. Molto Jack lo squartatore.
Burberry, ahimè (perchè sì, sotto sotto speravo che London Collection fosse un perfetto flop. IL perfetto flop!), risolleva le sorti della FW. La sfilata è bella, con quell'allegria scanzonata da artista naif. Così da artista che Bailey fa rivivere il sopracamicia. Io non sapevo neanche si chiamasse così. Anzi, a dirla tutta credevo non esistesse nella realtà: era, per me, un frutto della mia folle fantasia.
I coprispalla, come al solito, sono davvero notevoli, con una continua ricerca di nuovi volumi, questa stagione ancora "cropped". Il designer inglese ritira pure fuori dal cappello l'anorak, sparito dalla memoria del popolo modaiolo. Tutto diventa ancora più interessante con la scoperta dei materiali: i felponi con cappuccio e le giacche leggere sono rispettivamente in maglia di cashmere, popeline di cotone o seta grezza.
Altro punto di Bailey è la rielaborazione della struttura della maglieria, con colli sempre più ampi e bassi, a barca, e canotte più o meno trasparenti, da mettere sulla camicia e per nascondere la cravatta. I colori fanno venire in mente una gelateria artigianale: la palette è vasta, l'importante è che sia accesa (non fluo, però, mi raccomando). Divertentissimi gli occhiali a pois.
Ultime note da un amante della comunicazione come me, poi per oggi ho finito (ok che non mi preparo, ma almeno vorrei dormire prima della maturità):
1) Complimenti a Burberry che, anche del suo trasferimento a Londra (casomai non si fosse capito, 'sta cosa mi ha fatto venire il dente avvelenato come un mamba nero), è riuscita a fare marketing: Burberry comes back home! E blabla, manco parlassimo un soldato partito per il fronte.
2) Da qualche tempo, sul sito della maison, subito dopo la sfilata (rigorosamente trasmessa in streaming), si possono comprare i capi appena visti in passerella. L'ho sempre trovata una cretinata, anche perchè arrivano dopo parecchio. Quest'anno, però, c'è una novità: sull'elegante piastrina metallica all'interno, sotto alla scritta "Prorsum", si può far incidere il proprio nome.
E' un buon modo per incitare la gente a comprare, accentuando l'idea di unicità del capo, perchè ce l'hai prima di tutti, e col tuo nome sopra.
Ps.: Penso sia molto divertente fare recensioni delle sfilate senza mettere foto. Del resto, l' 80% dei lettori (il restante 20% probabilmente qui ci capita per caso) sa benissimo dove trovarle. Così si mantiene un'aura di... mistero, fascino, ecco. E poi, diciamoci la verità, ho tremendamente sonno, e due chiappe tremendamente pesanti (finezza).
Buona notte o buona giornata a tutti, un in bocca al lupo a tutti i maturandi, in particolare quelli che rimarranno vittime della terza prova.
Images courtesy of Burberry (ho sempre sognato scriverlo!)
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