Scritto da: Angelo Di Liberto
Novita Amadei, Dentro c’è una strada per Parigi (Neri Pozza, 2014, € 16,00, pp. 173). Una volta seguii alla televisione un’intervista al regista Ferzan Özpetek. Era il periodo del suo film più noto, Le Fate Ignoranti e mi colpì una frase che diceva pressappoco così: A volte per cambiare la propria vita è sufficiente salire una rampa scale.
In quel film la protagonista, Margherita Buy, scopriva un mondo molto distante da quello vissuto fino a quel momento nel grigiore del suo quotidiano. Un mondo che apparteneva al marito e che l’aveva esclusa.
A Martha invece, la protagonista del delicato affresco letterario di Novita Amadei, basterà varcare la soglia della nuova casa assieme alla sua bambina di tre anni, Eline, per andare incontro a un destino inaspettato.
Dentro c’è una strada per Parigi parla della vita, delle piccole cose di tutti i giorni, dei dubbi dell’anima, della ricerca di sé. Se sia necessario lasciare tutto, anche a costo di enormi sacrifici, per ricominciare, con una bambina piccola, senza lavoro, con un matrimonio fallito alle spalle; o abbandonarsi al rimpianto e bighellonare, fare di tutto per dimenticare e sopravvivere.
Senza gesti eclatanti ma con molto coraggio, nella stessa città, Parigi, metafora, con le sue strade, di un Altrove entro cui cercare, Martha fa la conoscenza di Adèle, un’anziana signora che abita nel suo stesso pianerottolo e con cui inizia a condividere le sue giornate.
Specchio l’una dell’altra, Martha e Adèle si raccontano senza pudore. Sono storie comuni quelle delle loro vite eppure posseggono il sapore della scoperta, di quelle sofferenze per troppo tempo taciute e che trovano il coraggio della rivelazione. Le due donne si sono avvicinate, per la prima volta, osservando le vetrine di quella che prima era una merceria, mentre adesso è una galleria d’arte moderna.
“«In certe situazioni ci si comporta come si può» le disse Martha semplicemente e aggiunse: «Trovo anch’io che siano opere di cattivo gusto».
«Avrei preferito che quel posto rimanesse una merceria, sarebbe stato più utile».
Smisero di parlare, ciascuna con un’immagine negli occhi sconosciuta all’altra. Sembravano madre e figlia sedute nella solitudine della stessa mattina d’autunno, sull’orlo basso della memoria”.
Tutto intorno a loro sembra suggerire un cambiamento. Ed è Eline il simbolo stesso di questo inizio. Sembra proprio lei ad aprire le porte dei giorni, a insistere sulla strada dei sentimenti condivisi tra le donne. Con la madre “Se ne andavano al parco e a zonzo per il quartiere recitando filastrocche, cantando e rientrando col pane dell’ultima sfornata. “Mi dai un bacio?” “Si sono rotti. “Rotti? E come faccio senza baci?” “Li posso aggiustare se vuoi”; con Adèle “Mia cara Eline, ho fatto dei sogni dolcissimi questa notte. Penso sia merito della torta che mi hai portato. Se da grande farai la pasticcera, verrò ogni giorno a mangiare uno dei tuoi dolci per poterti ritrovare nei miei sogni e svegliarmi felice”.
Novita Amadei si diverte a pennellare ogni scena come fosse un acquerello le cui tinte non dovessero sovrabbondare. Cesella con grazia i discorsi dei personaggi, facendo attenzione a non caricarli troppo. Il loro linguaggio è espressione di premure, di rituali antichi, di cure perpetrate con amore e rispetto. C’è la dignità del grande autore in questa scrittrice di destini. Il riserbo della sua scrittura, praticata per obbedienza alla Letteratura di tutti i tempi, impone silenzio e ascolto.
Accade la stessa cosa ai personaggi di questa storia. Ciascuno a suo modo, nel silenzio, accetterà la verità della propria esistenza e non si tirerà indietro nel momento fatidico.
Non possiamo esimerci dal vivere, sembra sussurrarci la scrittrice, anche quando la vita ci toglie molto di più di quello che ci dona. Ma è proprio in quel momento che il destino ci sorprende.
Può arrivare Lundman come per Martha, un misterioso vicino; o semplicemente può accadere che arrivi una sorella, Backy, a farsi portavoce di un segreto del nostro passato che non avremmo mai sospettato.
Perché spesso non serve partire. Tutto è già dove siamo, solo che non ce ne accorgiamo. E cerchiamo invano, ci aggiriamo tra stanze intime dei nostri patimenti ignorando che invece c’è una sola strada: è dentro. Non in alto o lontano da noi, in chissà quale paese. Dentro.
E allora, insieme a Martha, Eline, Adèle, Lundman, Backy e tanti altri personaggi ancora, staremo esattamente qui dove siamo sempre stati. Qui dentro, dove c’è una strada per Parigi. O per dove noi vorremo che sia.