Da molti considerato come un incidente di percorso nella carriera di Malick, il film è piuttosto un’opera concepita sull’onda del processo creativo che ha raggiunto il suo apogeo con il capolavoro precedente, The Tree of Life. La perfezione delle immagini (le migliori del cinema contemporaneo, grazie al lavoro del direttore della fotografia Emmanuel Lubezki) continua a riempire la nostra anima, come pure la musica scelta (in questo caso svetta Bach), ma c’è effettivamente qualche punto debole di troppo, soprattutto a livello narrativo. Il montaggio non segue con precisione la rarefazione del racconto (come invece accadeva in The Tree of Life) e così ci troviamo di fronte a troppe scene ripetitive che non ci permettono di scavare nella storia per riuscire a comprenderne appieno il senso. Capiamo solo che Neil (Affleck) e Marina (Kurylenko) vivono una storia d’amore che non riesce a funzionare. Dalle immagini desumiamo che forse la colpa è imputabile a questioni ambientali: Marina, parigina, non si trova a proprio agio negli USA delle immense distese di campi e delle villette sorte in mezzo al nulla (in questo ci ricorda una figura complementare rispetto alla Pocahontas del finale di The New World). Oltre a questo buono spunto, però, ci sono troppi argomenti non approfonditi, come la crisi spirituale di padre Quintana (Bardem) che è interessantissima e che avrebbe meritato uno spazio maggiore e ben più rilevante. Infine, due banali errori che si sarebbero potuti evitare: la scelta di Affleck, la cui fisicità non si sposa con la grazia (comunque anche troppo enfatizzata) della Kurylenko; l’inserimento delle scene in cui appare Romina Mondello, fuori contesto anche a causa di frasi stucchevoli come “Io sono l’esperimento di me stessa”.
Novità da Blockbuster. Holy Motors & To The Wonder
Creato il 05 gennaio 2014 da L'Immagine Allo SpecchioDa molti considerato come un incidente di percorso nella carriera di Malick, il film è piuttosto un’opera concepita sull’onda del processo creativo che ha raggiunto il suo apogeo con il capolavoro precedente, The Tree of Life. La perfezione delle immagini (le migliori del cinema contemporaneo, grazie al lavoro del direttore della fotografia Emmanuel Lubezki) continua a riempire la nostra anima, come pure la musica scelta (in questo caso svetta Bach), ma c’è effettivamente qualche punto debole di troppo, soprattutto a livello narrativo. Il montaggio non segue con precisione la rarefazione del racconto (come invece accadeva in The Tree of Life) e così ci troviamo di fronte a troppe scene ripetitive che non ci permettono di scavare nella storia per riuscire a comprenderne appieno il senso. Capiamo solo che Neil (Affleck) e Marina (Kurylenko) vivono una storia d’amore che non riesce a funzionare. Dalle immagini desumiamo che forse la colpa è imputabile a questioni ambientali: Marina, parigina, non si trova a proprio agio negli USA delle immense distese di campi e delle villette sorte in mezzo al nulla (in questo ci ricorda una figura complementare rispetto alla Pocahontas del finale di The New World). Oltre a questo buono spunto, però, ci sono troppi argomenti non approfonditi, come la crisi spirituale di padre Quintana (Bardem) che è interessantissima e che avrebbe meritato uno spazio maggiore e ben più rilevante. Infine, due banali errori che si sarebbero potuti evitare: la scelta di Affleck, la cui fisicità non si sposa con la grazia (comunque anche troppo enfatizzata) della Kurylenko; l’inserimento delle scene in cui appare Romina Mondello, fuori contesto anche a causa di frasi stucchevoli come “Io sono l’esperimento di me stessa”.
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