Se non sapete chi era Ruan Lingyu, se ignorate quali siano e quali siano stati i principali registi "dell'altra faccia del globo", se pensate che il cinema sia solo Hollywood e se non conoscete l'evoluzione del Cinema questo è il documentario che fa per voi. Mark Cousins, regista e critico cinematografico, ha dato vita ad un'opera che non potrà sicuramente essere esauriente ma che, se non altro, cerca di ricostruire la storia della settima arte attraverso quindici capitoli da un'ora ciascuno. Quel che è più esaltante è che qui si parla di Cinema attraverso le immagini in movimento analizzate da critici di primo livello o, addirittura, dagli stessi registi e sceneggiatori che hanno rivoluzionato il Cinema. Insomma, una vera chicca per cinefili e non.
Prego, guardare questo film per capire perchè Hollywood è Hollywood. Hollywood vuol dire sceneggiature accattivanti: qui la storia si dipana senza intoppi e noi ci affezioniamo ai personaggi come non ci accadeva da tempo. Hollywood significa anche colonne sonore esaltanti, scene indimenticabili, emozioni già provate ma pur sempre forti. Hollywood vuol anche dire cultura americana, e qui infatti si parla della classica situazione da high scool: se sei figo bene, se sei out, gay, presunto gay, alternativo ecc. vieni emarginato e prendi botte. Noi siamo infinito è tutto questo: una storia teen che ci tocca l'anima e che finisce come solo gli americani sanno fare, cioè bene e con un sacco di retorica. Ma, in fondo, è quello che da Hollywood vogliamo.
Si rimane per quasi due ore con la curiosità di vedere come andrà a finire. Poi si constata che la storia è abbastanza lineare e che di lampi di genio non ce ne sono. Men che meno un finale ad effetto. Certo il film è avvincente anche per i non patiti del genere, ma si fa fatica a trovare tutti i significati filosofici che qualcuno gli ha voluto attribuire.
Lontani anni luce dalle atmosfere di L.A. Confidential, troppo distanti dalla recitazione e dalla messa in scena degli Intoccabili (e sto parlando di film di gangster per il grande pubblico!). Insapore e, quel che è peggio per un film, incolore.