Titolo: Kayla 6982
Autore: Karen Sandler
Edito da: Giunti
Collana: Y
Prezzo: 12.00 €
Uscita: 12 settembre 2012
Genere: Fantasy, Young Adult
Pagine: 496 p.
Trama:
Il pianeta Loka è stato colonizzato da un’élite di terrestri facoltosi e spregiudicati, gli unici superstiti di una Terra ormai inabitabile. Fra loro ci sono scienziati senza scrupoli che hanno creato una sub-razza di schiavi da sfruttare biecamente. Sono androidi senzienti costituiti da genoma umano e circuiti elettrici, e occupano il posto più infimo della società nel sistema di caste gerarchiche di Loka. Ma queste creature hanno un cuore, un’etica e una volontà. Sono quasi umani e, forse, troppo umani. Questa è la storia di una di loro, la quindicenne Kayla 6982 che, con l’aiuto dell’amica Mishalla, si lancia in una pericolosa avventura per scoprire le terribili verità che si nascondono dietro al mostruoso piano degli umani. Una trama sorprendente in cui si intrecciano umiliazioni, razzismo, coraggio e lealtà, ma in cui trova posto anche l’amore. Sul polveroso pianeta Loka, illuminato da due pallidi soli, sboccia la storia proibita fra un umano di alto rango, nipote di un vecchio scienziato illuminato, e la giovane Kayla.
Tankborn:
1. Kayla 6982, 2012 (Tankborn, 2011)
2. Awakening (previsto, in America, per il 2013)
3. Revolution (previsto, in America, per il 2013)
Grazie alla Giunti possiamo farvi leggere il primo capitolo del romanzo di Karen Sandler
Capitolo 1
“Kayla era china sulla riva del fiume Chadi mentre Jal, il suo fratellino d’allevamento dalla pelle nera e dalla figura snella, saltellava da una pozzanghera all’altra, in cerca di rospi di fogna. Quel giorno Kayla non aveva previsto di dover badare a Jal. Avrebbe voluto trascorrere il tempo libero, così raramente concesso per i festeggiamenti del Terzo Giorno, insieme alle sue amiche. Ma quando Tala, sua madre d’allevamento, aveva intuito le intenzioni di Jal, aveva insistito perché Kayla non lasciasse il piccolo di appena dieci anni a vagare tutto solo sulla riva del fiume. Ovviamente non era servito a nulla ricordarle che non si era fatta scrupoli a lasciare sola lei, quando aveva appena compiuto otto anni. Così Kayla si era dovuta rassegnare ad accompagnare Jal al fiume per la sua caccia ai rospi, invece che trascorrere il pomeriggio in compagnia di Miva e Beela. Loro, a differenza di Mishalla, non erano le sue amiche del cuore, le sue sorelle spirituali di capsula, ma fra le quattordicenni NGM – Non-Umani Geneticamente Modificati – che abitavano nel distretto Chadi, sembravano le uniche a non considerare Kayla strana. Jal sorrise alla sorella d’allevamento mentre, con la mano sollevata davanti a sé, le mostrava un rospo di fogna particolarmente grosso che a sua volta lo fissava con occhi piccoli e pungenti. Le sue otto zampe segmentate si agitavano ricoperte di viscida fanghiglia di fiume. Kayla aveva visto alcune immagini di rospi, marroni e bitorzoluti, che una volta abitavano la Terra, sulle antologie sekai che utilizzavano durante le lezioni di Dottrina. Erano creature adorabili in confronto ai terribili aracnoidi di Loka. Del resto, qualsiasi cosa si trovasse su Loka era molto più brutta di quello che gli umani avevano lasciato sulla Terra. Gli unici mammiferi presenti su Loka non erano altrettanto orribili. I secatti che si aggiravano cauti per i depositi sfoggiavano un curioso manto a strisce e lunghe orecchie da cui spuntavano folti ciuffi di pelo. I drom a sei zampe che vivevano nelle pianure erano ricoperti di spessa lana chiazzata, avevano musi spioventi e, incastonato in una testa di cammello, esibivano soltanto un paio di enormi occhi neri. I secatti raramente si mostravano quando c’era gente nei paraggi, mentre di drom se ne vedevano sempre meno. Quelli che non erano stati ancora divorati dai bhimke erano stati rimpiazzati nelle pianure erbose dal loro corrispettivo geneticamente modificato, che pesava tre volte tanto ed era alto il doppio. Gli ingegneri genetici avevano estratto il DNA dalle mucche terrestri per creare animali da carne più grandi. Il procedimento era più o meno lo stesso di quando ricorrevano a minime dosi di DNA animale per instillare negli NGM come Kayla specifiche capacità. Jal infilò il rospo nella sua amplisacca e si mise a vagare lungo il corso del fiume con lo sguardo fisso sulla superficie dell’acqua. La guaritrice NGM del trentatreesimo quartiere aveva pagato un dhan per venti rospi, ma Kayla non voleva neanche immaginare a cosa le servissero quegli esseri disgustosi. Quando aveva l’età di Jal, Kayla era una bambina piuttosto audace e avventurosa, soprattutto per via del suo corredo genetico. Si arrampicava sui grandi alberi di rifiuti della piazza di Chadi, setacciava i quartieri ormai smantellati in cerca di oggetti che potesse rivendere per una manciata di quarti di dhan. Una volta era riuscita persino a catturare delle serpi-ratto a sei zampe per la guaritrice e le aveva chiuse nell’amplisacca, proprio come Jal faceva con i rospi. Il solo pensiero di aver toccato quelle creature a sangue freddo ricoperte di squame la fece rabbrividire. Il rombo di un motore attirò la sua attenzione e, sull’altro lato del fiume, intravide una micro alomobile, una scintillante Proiettile color grigio perla, scivolare tra i depositi del distretto Foresthill. Avanzando in tutta la sua eleganza, il veicolo vibrò leggermente quando il cuscino ad aria entrò in contatto con la superficie irregolare dei frammenti di permacalce, poi si fermò con la base aderente al suolo, accanto a un pilastro di supporto della strada sopraelevata. Sul parabrezza, il riflesso ramato di Iyenku, il sole primario di Loka, impediva di scorgere i passeggeri a bordo. Il cuore di Kayla iniziò a battere all’impazzata: le portiere ad ali si sollevarono e dalla Proiettile uscirono due Puri, che presero a farsi largo fra i massi di permacalce in direzione del fiume. Aveva visto molti Impuri camminare sulla riva di Foresthill per accorciare il tragitto tra una baraccopoli e l’altra ma, tranne qualche sporadica visita degli ispettori di deposito, nessun Puro si era mai avvicinato tanto al distretto NGM. A giudicare dalla Proiettile e dagli abiti stravaganti dei due ragazzi, Kayla avrebbe detto che si trattava di nobili, ma bastava dare un’occhiata alla loro pelle chiara e al bali verde brillante che portavano al lobo destro dell’orecchio, per capire che in realtà facevano parte dell’aristocrazia Demis. A dispetto delle tuniche magnificamente decorate di pietre preziose e dei korta che indossavano, Kayla sapeva che i Demis non possedevano neanche lontanamente le ricchezze dell’élite dei Puri. Questi ultimi nascevano ricchi, con sterminati possedimenti di terra adhikar, praticamente pari al doppio di quelli riservati ai bambini Demis. Naturalmente, a loro volta i territori adhikar dei Demis erano il doppio di quelli concessi ai Puri di basso ceto, mentre agli Impuri non spettava nulla. Così accadeva che i Demis non perdessero occasione di sbattere quel poco che avevano in faccia ai Puri di bassa levatura e agli Impuri. Di solito, tuttavia, i Demis stavano alla larga dagli Ibridi come Kayla e Jal. I Non-umani d’allevamento, come lei e suo fratello, i Puri non li consideravano nemmeno. Se fossero stati in cerca di un luogo in cui fermarsi a riposare, avrebbero di certo scelto un angolo appartato fra un deposito e l’altro. Quelli, invece, erano diretti verso la sponda del fiume, proprio nel punto in cui Jal stava sguazzando. Tenendo il capo chino, come se la sua attenzione fosse ancora tutta su Jal, spiò di sottecchi i Puri che si avvicinavano. «Jal» disse per richiamare il fratello d’allevamento al suo fianco «esci dall’acqua». Incespicando fra la melma, Jal le fece cenno di tacere, troppo intento a catturare un altro rospo per stare ad ascoltare le pretese della sorella maggiore. In effetti non aveva tutti i torti. Trovandosi entro la zona che delimitava la parte di fiume del distretto Chadi da quella di Foresthill, lei e Jal potevano considerarsi a buon diritto in territorio NGM. Quei Puri non avrebbero avuto nulla da segnalare coi loro dispositivi da polso. Ciononostante, Kayla continuò a tenerli d’occhio, guardinga. Le parvero leggermente più grandi di lei, che aveva quasi quindici anni. Il più robusto dei due sembrava un po’ sacrificato nel suo korta ricoperto di gemme. Lo faceva assomigliare a una salsiccia, e i gambali, stretti com’erano, minacciavano di esplodere da un momento all’altro. L’ altro Puro, un ragazzo di bell’aspetto, alto e biondo, con una fila di denti eccessivamente bianchi, aveva qualcosa di malvagio negli occhi. Di certo andava fiero delle proprie spalle larghe, dato che non le teneva nascoste sotto il mantello. Quest’ultimo era orlato di pelo di kilma, sicuramente creato in laboratorio e conciato secondo le usanze, per poi essere immerso in una tintura dalle sfumature color porpora. In cuor suo, Kayla si rallegrò che gli ingegneri genetici non avessero dotato gli NGM di una pelle di quel colore orrendo. Il Puro più bello si rivolse al compagno, con un tono di voce abbastanza alto da farsi sentire da Kayla in piedi sull’altra riva del fiume. «Che DNA avranno usato per fare quella lì?» disse indicando Kayla. «Assomiglia tanto a una scrofa.» «Di sicuro quello di un maiale allora» ribatté il compagno grasso. Kayla si sentì avvampare e per un attimo, pur conoscendo bene le conseguenze, avrebbe volentieri guadato il fiume e afferrato quel ragazzo alto e biondo per l’orribile 11 tunica color porpora. L’ avrebbe scosso forte, e poi gli avrebbe fatto fare un bel tuffo nel fiume. Il bel Puro sussurrò qualcosa all’orecchio dell’altro, poi entrambi si chinarono a raccogliere da terra qualche pezzo di permacalce. Il grassottello iniziò a tirarli a Jal, ma aveva una mira così scarsa che non sarebbe nemmeno riuscito a centrare un alobus con un macigno. Divertito, Jal li schivava uno a uno saltellando qua e là come se si trattasse di un gioco. L’ altro, però, aveva un mira migliore. I pezzi di permacalce che tirava atterravano pericolosamente vicino al piccolo. D’un tratto, mentre Jal correva in quell’acqua malsana, un sasso dai bordi taglienti gli graffiò la guancia proprio all’altezza del marchio NGM, e ricadde nel fiume. Kayla si precipitò subito giù dalla collina di rifiuti rivolgendo mentalmente una preghiera all’Infinito e ai tre profeti. Ma prima che potesse raggiungere il corso d’acqua, il Puro di bell’aspetto piegò all’indietro il braccio con un enorme pezzo di permacalce stretto in pugno e gridò: «Lurida bestia! Afferralo con i denti!». «Scappa, Jal!» urlò Kayla, scivolando sulle pietre bagnate del letto del fiume per poi tentare di rimettersi in piedi. Per via dell’amplisacca piena di rospi, Jal mise un piede in fallo e perse l’equilibrio. Cadde in ginocchio nell’acqua bassa e pressoché immobile. Il Puro piegò un braccio all’indietro e si preparò a colpirlo di nuovo. All’improvviso qualcuno strappò la pietra di mano al giovane Puro. La riva scoscesa del fiume e le spalle larghe del ragazzo impedivano a Kayla di vedere il salvatore di Jal. Lo udì urlare: «Vattene Livot, o la permacalce questa volta la tiro io alla tua Proiettile». Furono sufficienti poche altre parole per rispedire, facendo scricchiolare sui detriti a ogni passo, Livot e il suo grasso compagno nella micro alomobile. Kayla afferrò Jal per un lembo della maglia e lo sollevò da terra: l’amplisacca e i trentacinque chili scarsi di bambino non erano nulla per la sua incredibile forza. Il piccolo tentò di ribellarsi all’inaccettabile affronto di essere trasportato, ma lei non lo mollò finché non ebbero raggiunto la riva. La sponda era talmente scoscesa che dovette arrampicarsi a carponi, ma, come sempre, la forza di cui era dotata la parte superiore del suo corpo ebbe la meglio sulla quella inferiore. Inciampò più di una volta e si sporcò le ginocchia di fango, per non parlare del fatto che i suoi gambali preferiti erano già macchiati di melma fino alle caviglie. Soltanto quando arrivarono in cima alla sponda, Kayla si rese conto che il Puro li aveva seguiti dall’altra parte del fiume. Aveva individuato un piccolo sentiero di rocce asciutte riuscendo a bagnarsi solo leggermente gli stivali e per nulla i gambali. Kayla si chinò per sussurrare a Jal: «Corri a casa. Se non torno entro un’ora, dì a Tala cos’è successo». Jal sgranò gli occhi. «Non posso lasciarti qui.» «Me la caverò.» La testa del Puro era spuntata in cima alla sponda. «E adesso fai come ti dico! Va’!» Stringendo l’amplisacca al petto, Jal imboccò di corsa l’angusto sentiero soffocato dalle erbacce. Scomparve dietro l’angolo del deposito di criograno prima che il Puro potesse raggiungere la cima della sponda e dirigersi verso Kayla. Anche se non avesse visto il diamante del bali all’orecchio destro, Kayla avrebbe capito che si trattava di un membro dell’élite. Aveva capelli lisci e lucidi, non arruffati e pieni di nodi come quelli di Kayla, o crespi come quelli di Jal. La sua pelle era del colore perfetto: nocciola scuro. Non era né nera come la pelle di Jal, né marroncino fango come la sua, ma una via di mezzo. Era il colore dell’élite. Il Puro sorrise e la mezzaluna candida apparsa sul suo bellissimo volto tolse a Kayla il respiro. Si fermò a mezzo metro di distanza e Kayla indietreggiò. Non era alto quanto il Puro biondo incontrato poco prima, ma lei era stata creata piccola e, per guardarlo in faccia, dovette buttare completamente indietro la testa. «Il piccolo maschio» chiese lui «sta bene?» Kayla rimase immobile, combattuta fra la voglia di andarsene a gambe levate e l’improvviso desiderio di restare. Non le piaceva il modo in cui la faceva sentire, con il suo sorriso, la sua falsa premura, ma rimase comunque con i piedi ben piantati nella melma del fiume. «Sì» rispose Kayla, scrutandolo con i suoi occhi grigi, con aria diffidente. Il ragazzo indossava un korta blu scuro, non c’era traccia di gemme sintetiche sul colletto, niente pelo né laniccio sui cheragambali marroni. Eppure si atteggiava a padrone del mondo. Quale era, dopotutto, essendo un Puro e, per giunta, di alto rango. I lisci capelli neri erano corti e non avevano nulla a che vedere con la chioma ispida color sabbia e lunga fin sotto la schiena di Kayla. Si spazzolava i capelli raccogliendoli in trecce ordinate ogni mattina, ma intorno a metà pomeriggio, come in quel momento, gran parte delle trecce era già sciolta. Santi profeti, com’è bello, pensò. Il suo volto superava in bellezza persino quelli delle divinità mitiche Iyenku e Kas, gemelli, che aveva visto più volte sui libri. Sulla Terra i due avevano condotto insieme il glorioso carro attraverso il cielo. Su Loka, invece, si rincorrevano: Iyenku, il sole primario, sorgeva per primo e più tardi Kas, assonnato, faceva capolino all’orizzonte. Kayla si disse che nessuno dei due reggeva il confronto con il Puro in carne e ossa che era in piedi davanti a lei. Il giovane prese a fissarla con un’insistenza che sfiorava la maleducazione. Kayla avrebbe voluto indietreggiare ancora, ma si fece forza e restò dov’era. «Cos’è, non hai mai visto un NGM prima d’ora?» «Ne ho visti in abbondanza. A volte lavoravano nei depositi. Altre in città. Ma non erano…» «Non erano cosa?» chiese la ragazza. Non le piaceva affatto come la guardava. Solitamente i Puri guardavano i Non-umani con aria di sufficienza, se non con vero e proprio disgusto. Facevano commenti sgradevoli, tirando a indovinare su quale fosse l’animale a cui era stato preso il DNA per il corredo genetico dell’Ibrido preso di mira, proprio come aveva fatto Livot. Quel Puro, però, la trapassava con lo sguardo. Era come se riuscisse a leggere i messaggi trasmessi dai suoi circuiti neurali con la sola intensità dei suoi occhi scuri. Quando finalmente il giovane smise di fissarla, Kayla poté tirare un respiro di sollievo. Il Puro prese a giocherellare con l’orlo del korta e, con una frangia della sua costosa scarpa, tracciò una linea immaginaria nel terriccio. «Non erano piccoli come te» disse. Ma certo. Per lui non era altro che un’insignificante NGM. Se accanto a lei ci fosse stata Beela, il Puro non sarebbe stato capace di distinguerle, se non fosse che gli ingegneri genetici le avevano dotate di diverse tonalità di carnagione. Forse era proprio per questo che davano a una NGM come Beela l’elegante pelle marrone chiaro dei ceti alti e i capelli scuri, e a un’altra – come lei – una carnagione dello stesso beige dei capelli. Il ragazzo studiò i contorni del tatuaggio di Kayla. «Credevo che andasse sulla guancia sinistra. Il marchio genetico, intendo» chiarì. Kayla sentì nuovamente il calore salirle alle guance. «Alcuni ce l’hanno a destra.» Ce n’erano pochi a Chadi, una di loro era la sua migliore amica Mishalla. Era stata proprio quella differenza a unirle. Ma mentre Mishalla poteva permettersi di scherzarci su, Kayla non poteva fare lo stesso. Era consapevole della forza sproporzionata di cui era stata dotata la parte superiore del suo corpo e della pelle chiazzata che le ricopriva le braccia. Il tatuaggio sulla guancia sbagliata rappresentava per lei un ulteriore motivo d’imbarazzo e le impediva di confondersi tra gli altri NGM. «Io mi chiamo Devak» disse lui sorridendo di nuovo. La sua mano ebbe un fremito come se l’istinto l’avesse spinto a stringere quella della ragazza, ma poi si ricordò che era un Puro e lei una NGM. Kayla non voleva dirgli il suo nome. Il tatuaggio sulla guancia avrebbe potuto rivelargli tutto quello che voleva sapere, se solo avesse avuto un datapod come la Brigata dei gendarmi. Aveva sentito dire che la maggior parte dei Puri li avevano. Gli sarebbe bastato accostare il datapod, delle dimensioni di un pollice, al suo tatuaggio per sapere tutto di lei fin nei dettagli più personali. La guancia le iniziò a prudere al solo pensiero, ma cedette alla tentazione di grattarsi. «Non dovresti restare qui. Non senza i tuoi amici.» «Non sono miei amici. Li conosco appena.» «Avresti fatto meglio ad andartene via con loro.» «Non mi vuoi qui?» le chiese in tono sinceramente sorpreso. «Credevo che saresti stata entusiasta di vedere un Puro da vicino.» «Sì, soprattutto uno che non vede l’ora di tirarmi delle pietre.» «Non siamo tutti cattivi come Livot» disse lui con espressione seria. «Devo ammetterlo, quel ragazzo ha più dhan che adhikar e più gemme sintetiche che cervello. La maggioranza di noi, però, vuole solo il meglio per gli NGM.» Come se un Puro potesse sapere cosa fosse meglio per un NGM. Lo disse, però, con una certa convinzione, come se le importasse davvero di lei. Un calore sconosciuto si fece strada suo malgrado dentro di lei. Non avrebbe dovuto farle quell’effetto. Per niente. Nella liturgia dell’Infinito era scritta a chiare lettere la legge che proibiva rapporti fra Non-umani e Puri. Eppure non riusciva a distogliere lo sguardo dalla perfezione di quel volto e non poteva fare a meno di notare come cadeva bene il korta sulle sue spalle e la fossetta che gli era apparsa sulla guancia. Fissò per un po’ la sua guancia da Puro, priva di tatuaggio, poi si girò in modo da riuscire a vederlo solo con la coda dell’occhio. «Alcuni NGM sarebbero capaci di approfittare di un Puro rimasto isolato dai compagni.» Il giovane alzò il mento e in quell’istante Kayla intravide qualcosa dell’arroganza propria del suo ceto. «Un NGM non oserebbe mai farmi del male.» «La disperazione a volte spinge a non curarsi delle conseguenze.» Non riusciva a credere di averlo detto davvero. «Non fare rapporto. Ti prego.» «E perché mai dovrei?» «Perché…» Perché in quanto Puro potresti, ecco perché. «Posso andare?» «Se vuoi.» Voleva. Ma non ci riusciva. Tergiversò, un po’ indecisa se cedere al fascino che il Puro esercitava su di lei o se optare per il buon senso. «E che mi dici di una femmina come te?» chiese. «Non è rischioso andare in giro da sola?» La ragazza evitò il suo sguardo. «Sono molto meno vulnerabile di quello che pensi.» Lui la studiò attentamente. «Ti ho vista trasportare il piccolo in cima alla riva. E ho visto anche come ti sei tirata su.» Allora doveva aver notato anche la facilità con cui l’aveva fatto. Arrossì. «È per via del mio corredo genetico.» «Ti piace il tuo corredo genetico? Intendo dire, essere così forte?» Lo detesto. A volte avrei voglia di strapparmi le braccia. E a volte lo faceva, nei suoi incubi. Rispose a voce alta: «È solo il mio corredo genetico. Un dono dell’Infinito». Controllò il suo orologio interno e cercò di calcolare da quanto tempo Jal se ne fosse andato. Doveva già essere arrivato all’appartamento. Avrebbe fatto meglio a tornare anche lei se non voleva che sua madre Tala si preoccupasse. «Grazie di aver aiutato mio fratello» disse e lo superò rapidamente per imboccare il sentiero. «Credo che dovrei venire con te.» Lo disse con lo stesso tono perentorio che aveva usato poco prima e fece ugualmente per allungare una mano, come a volerla toccare. La ragazza fu attraversata da un brivido e per un istante sentì di non essere al sicuro. Vide però l’imbarazzo che improvvisamente aveva tinto di rosso le guance di lui e il modo in cui manteneva le distanze. Nessun Puro, men che meno quelli d’alto ceto, si sarebbe mai azzardato a toccare un Ibrido a mani nude. Forse si era offerto di accompagnarla a casa, così, tanto per dire, e se ne era già pentito. A conferma della sua ipotesi, Devak si voltò di scatto e tornò verso la sponda del fiume. Una volta raggiunta, si mise seduto e si lasciò scivolare giù scomparendo dalla visuale di Kayla. A quel punto avrebbe dovuto andarsene via anche lei, ma attese di rivederlo spuntare e attraversare il fiume mettendo i piedi sulle stesse identiche pietre di prima. Kayla provò un lieve piacere al vederlo scivolare e sporcarsi di melma fino alle caviglie, tuttavia non riuscì più a togliergli gli occhi di dosso mentre riacquistava l’equilibrio e raggiungeva con un balzo aggraziato la riva opposta. Alla fine si decise a imboccare a passo svelto il sentiero verso casa. Quando raggiunse l’angolo del deposito di criograno, non poté fare a meno di voltarsi. Devak era ancora lì, immobile, che la fissava. A quel punto Kayla sentì l’improvviso desiderio di salutarlo con la mano, come avrebbe fatto con qualunque ragazzino NGM con cui si fosse scambiata baci rubati dentro i confini del distretto. Si chiese se lui le avrebbe restituito il saluto, ma nel profondo quelle strane sensazioni si mescolavano a una preoccupazione di cui Kayla non voleva conoscere le ragioni: erano sensazioni proibite, secondo la volontà dell’Infinito e doveva lasciarsele alle spalle, ” (continua a settembre…)
Karen Sandler
Karen Sandler vive nel nord della California con il marito, Gary, e tre gatti Tenka, Zak e Casper. Ha pubblicato 17 libri.
Sito dell’autrice: http://www.karensandler.net/
Sito del libro: www.tankborn.com