NOW YOU SEE ME (Usa-Francia 2013)
Quattro prestigiatori piuttosto bravi vengono scelti da un misterioso personaggio per far fare di loro una squadra che si esibirà in incredibili spettacoli dal vivo; il fine è un altro, criminoso, e consiste nel rubare ingenti somme di denaro da alcune banche o conti correnti. Una poliziotta dell’interpol francese (la prima banca rapinata è a Parigi), interpretata da Mélanie Laurent, indaga insieme a un agente dell’Fbi (Mark Ruffalo), mentre un personaggio che ha fatto la fortuna smascherando in tv trucchi vari (Morgan Freeman) conduce un’indagine per conto proprio. Il colpo di scena finale ribalterà tutto.
Now you see me è un film brutto, non riuscito sotto tanti punti di vista e, francamente, insalvabile, prevedibile e con colpi di scena telefonati: pure l’ultimo, quello che svela e ribalta l’intero film, a uno sguardo un po’ più malizioso potrebbe essere previsto. Siamo di fronte al più classico dei film estivi, di quelli buoni per un sabato sera di Rai2 o per farci una serie tv.
Eppure le intenzioni erano buone. L’inizio, con i quattro maghi che fanno numeri in strada e vengono contattati in modo misterioso con dei tarocchi, riesce a sembrare in qualche modo avvincente e, diciamo fino allo svelamento del primo trucco, il film prosegue bene, mai un capolavoro ma neanche malaccio. Poi si perde. Le ragioni sono molteplici, come sempre, ma qui sembra proprio non salvarsi quasi niente. Innanzitutto il cast, composto da attori che sono buoni comprimari in film corali (Isla Fisher), ottimi interpretati di un film solo (Jesse Eisenberg, ma va detto che quello di Mark Zuckerberg era un ruolo particolare), qualche grande vecchio (Freeman, Michael Caine, Woody Harrelson, salvi tutti e tre), una figura dimenticabilissima (Dave Franco), una bella fuori parte (Laurent) e un protagonista talmente inespressivo da far rimpiangere Nicolas Cage (Ruffalo).
Una parola va spesa per i dialoghi: piatti, insignificanti, mai portatori di belle frasi o momenti memorabili, a cui si aggiunge (ma se il materiale era questo, poco si poteva fare) un doppiaggio italiano fuori fase.
Al di là dei colpi di scena, comunque, a deludere maggiormente è la trama. La storia “nell’ombra” è abbozzata, mai spiegata adeguatamente e sembra tratta da un qualche libraccio da bancarella, strumento da cartomanti da quattro soldi. A un certo punto viene infilata una storia romantica che non ha alcun appiglio con quanto visto fino a quel momento e la stessa indagine poliziesca si perde in incomprensibili lotte interne per decidere a chi dovrebbe competere indagare, con personaggi che spuntano dal nulla e scompaiono senza un perché. Uno dei grandi trucchi svelati (ma non dirò troppo) prevede l’uso di un gigantesco specchio che comunica il vuoto di una stanza: io mi sono chiesto come mai i personaggi, entrandoci, non si sono riflessi su quello specchio e probabilmente c’è una spiegazione, ma il fatto che uno spettatore si faccia queste domande è grave sintomo di disattenzione verso la trama.
Infine gli effetti speciali: orrendi, troppo orientati a un uso quasi esibizionistico della computer grafica. Diventano trucchi puramente filmici non spiegabili né replicabili nella realtà, e questo aggancio, nello spettatore, non deve mancare in un film che parla di magia – basti ricordare The Prestige, perennemente evocato come esempio positivo durante la visione.
Una pochezza disgustosa, insomma, nella quale solo l’affetto per Freeman o Harrelson (la prima ipnosi è molto divertente) permette di trovare qualcosa di buono.
Marcello Ferrara