Un mese dopo Chernobyl, dieci anni dopo Seveso, mezzo secolo (quasi) dopo la guerra mondiale. I tre rischi – fisico, chimico, militare – permangono. Sembra che la lezione, guardando in superficie, sia stata inutile. Eppure il mondo, L’Italia in particolare, ha riflettuto e discusso, in ogni famiglia. Possiamo dire: avevamo parlato, al XVII Congresso, delle <grandi contraddizioni della nostra epoca>, come oggetto moderno della politica. Ebbene, tre di queste sono state vissute intensamente da ogni cittadino dopo Cernobyl, da ognuno, compresi vecchi e bambini, anche dalle persone più lontane dalla politica: le contraddizioni tra sviluppo e ambiente, tra informazione e democrazia, tra conflitto e collaborazione internazionale. Posso dire, senza polemiche retrospettive, che il voto contingente sull’emendamento nucleare poteva essere più puntuale; ma nel giudizio sul mondo odierno, nelle scelte strategiche, abbiamo colpito nel segno. Ora il campo è aperto per difficili ma fruttuose coerenze fra analisi e azioni. Può essere utile, a questo fine, un breve e disordinato dizionario di parole che hanno mutato valore, in qualche senso, dopo Chernobyl.
Democrazia. L’Italia è forse il solo paese (purtroppo) dove la grande paura radioattiva è stata vissuta come lotta politica nelle forme variegate della manifestazione, del voto di assemblee elettive, della politica diffusa. Altrettanto era accaduto, qualche settimana prima, per la paura di guerra mediterranea. Non è fragile la democrazia in Italia, non è inutile la nostra faticata presenza.
Sviluppo. Negli anni settanta il noto rapporto Mit su <I limiti dello sviluppo> pose in evidenza due fattori: il rischio di esaurimento delle risorse, e il danno dell’incremento esponenziale della popolazione. Negli anni ottanta si sono aggiunti, in modo dirompente, gli interrogativi sulla qualità delle risorse e sull’orientamento delle scelte produttive.
Controllo. C’è un aspetto che pare finalmente avviato a soluzione: separare il potere tra chi produce e chi controlla l’energia. Le tesi di Montesquieu sulla separazione dei poteri (legislativo, giudiziario, esecutivo) sono ancora rivoluzionarie, in Italia e altrove. Ma qualche aggiornamento, qualche separazione ulteriore va fatta.
Controllo (bis). Si è parlato molto di controllo sociale delle tecnologie: Ma un diritto, per essere esercitato, richiede maturità. In questo caso, conoscenze diffuse. Simo molto lontani, in Italia, da una cultura scientifica di massa. Non voglio contrapporre religione e scienza, economia e cultura: ma segnalo che nell’ultimo anno si è parlato diffusamente di scuola soltanto per l’insegnamento della religione e per l’aumento delle tasse scolastiche.
Scienza. Tramonta il mito della sua infallibilità? Il mito c’è stato, l’infallibilità mai: come l’uomo stesso, ogni sua opera è storia, tormentata evoluzione. Dovremmo evitar che al mito subentri un antimito.
Scienza (bis) Abbiamo spesso detto che l’aumento del benessere richiedeva un accorciamento dei tempi, spesso lunghi, fra le scoperte scientifiche e le loro applicazioni pratiche. Forse è giunto il momento di suggerire, in qualche caso, di allungare i tempi, di riflettere meglio. Lo studio preliminare dell’impatto ambientale – su questa esigenza convergono ora leggi e programmi – è in sostanza un invito alla lentezza attiva. Diversa, ovviamente, dalla passività della burocrazia.
Forze produttive Il meccanismo classico delle rivoluzioni vale ancora? Eccolo, in maldestra sintesi: le forze produttive emergenti, imprigionate dai rapporti sociali di produzione invecchiati, si liberano, conquistano il potere, assicurano un balzo in avanti della storia. Manca in questo schema la qualità delle produzioni, la congruità fra sviluppo e ambiente. Manca inoltre un altro concetto: Forze distruttive. Il concetto di genere umano (più ancora, di catena dei viventi) è presente in molte filosofie che hanno conquistato l’animo popolare. E’ una delle basi da cui parte il giovane Marx. Penso che abbia nutrito gran parte della sua opera, assai meno il pensiero e la pratica dei marxisti. Se non erro, fra i contemporanei il primo a riparlarne con vigore è stato Togliatti, con l’appello all’unione fra comunisti e cattolici per salvare l’umanità dalla guerra nucleare. Gli ortodossi (sovietici e cinesi, in particolare) dissero che aveva abbandonato la lotta di classe. In realtà, una classe vince solo se interpreta gli interessi generali.
Energia. Non direi <rinunciamo per sempre al nucleare>. Problemi oggi irrisolti potranno essere affrontati meglio. Ma qui, in Italia, ora, su che cosa puntare? Per l’immediato, sul risparmio, e per il futuro sulle scienze di base. Ambedue le strade sono state sbarrate da illusioni e interessi. Ora sono più aperte. -Giovanni Berlinguer, Chernobyl un mese dopo, Rinascita, giugno 1986.
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BOMBA ATOMICA
Verranno cupi giorni
macchine arrugginite
campi bruciati
e solo il fumo
del denso fungo
alto nel cielo
regnerà sovrano.
Il pensiero
più non sarà
e l’uomo
cosa mai diverrà?
Sarà
anziché vestito di pelli
vestito di tute e caschi
e nelle mani
non stringerà clave
ma ordigni paurosi
strazianti.
La poltiglia dei corpi umani
degli animali e delle cose
raggiungerà la cima degli alberi
e l’orologio dei secoli
tornerà velocemente indietro:
Saranno secoli perduti.
La Terra diverrà cosa occulta.
-Renzo Mazzetti-