Nonostante le promesse fatte in Svizzera, in queste ore, il Vice Ministro degli Esteri e Capo negoziatore nucleare Abbas Araqchi, ha dichiarato che l’Iran non ha preso alcun impegno a Ginevra e che, tutte le “red lines” che il regime iraniano ha stabilito, non sono state oggetto di discussione in sede negoziale. A questo punto sorge una domanda: di quale “red lines” parla Araqchi? L’argomento è estremamente interessante perchè, l’analisi delle parole del rappresentante iraniano, non solo prova che Teheran non ha un approccio serio verso i negoziati, ma dimostra che l’Iran non ha alcun diritto di arricchire l’uranio proprio in base a quanto stabilito dal Trattato di non Proliferazione nucleare.
Nonostante la segretezza, solo apparente, degli argomenti trattati dai negoziatori a Ginevra, leggendo le dichiarazioni dei politici iraniani diffuse in questi giorni, è possibile identificare almeno quattro punti su cui la Repubblica Islamica non sembra disposta a fare importanti concessioni:
- la fine dell’arricchimento dell’uranio al 20%;
- la chiusura dell’impianto sotterraneo di Fordo;
- l’esportazione di parte dell’uranio arricchito all’estero;
- ò’apertura incondizionata degli impianti nucleari e di tutte le aree sospette agli ispettori internazionali.
Partiamo da un punto cardine: l’Iran è volontariamente uno dei firmatari del Trattato di Non Proliferazione nucleare, approvato nel 1968 ed entrato in vigore nel 1970. In base a questo Trattato, gli Stati membri hanno il diritto di “promuovere la ricerca, la produzione e l’utilizzazione pacifica dell’energia nucleare” (articolo IV). Tale diritto, però, è condizionato a tutta una serie di garanzie fondamentali, prima fra tutti l’apertura totale dei centri nucleari agli ispettori internazionali dell’AIEA e il perseguimento di un programma nucleare pacifico, non volto alla costruzione di un’arma nucleare. Teheran, al contrario di quanto stabilito dal TNP, non soltanto ha sviluppato un programma nucleare clandestino legandosi alla rete dello scienziato pakistano A.Q. Khan (il padre della bomba atomica del Pakistan), ma ha anche impedito agli ispettori internazionali di visitare i centri nucleari quando richiesto.
A tal proposito, va rimarcato, che il testo del Trattato di Non Proliferazione Nucleare-TNP non cita mai direttamente il diritto di arricchire l’uranio e, soprattutto, le percentuali di arricchimento permesse. Sebbene su questo aspetto le parti negoziali possono scontrarsi, resta il fatto che nessuno può negare che ogni azione di uno Stato è fondata sul rispetto delle clausole di controllo dell’AIEA (articolo III). L’Iran, come suddetto, non soltanto ha negato l’accesso agli ispettori, ma ha impedito agli ispettori di visitare la base militare di Parchin, ove è stata simulata una vera e propria esplosione nucleare,
La base militare di Parchin, immagine ISIS
Tutto ciò senza dimenticare che il regime iraniano ha giustificato l’avvio dell’arricchimento dell’uranio al 20%, come necessario ai fini delle ricerche presso il reattore nucleare di Teheran (il TRR). Premesso il fatto che si tratta di una bugia clamorosa, va ricordato che - il 30 agosto del 2011 - l’ex Capo dell’Agenzia Atomica iraniana Abbasi Davani ha dichiarato che l’Iran ha già prodotto l’uranio necessario per alimentare il reattore di Teheran ma che, nonostante tutto, avrebbe proseguito lo stesso l’arricchimento al 20% dell’uranio. Si badi bene: arricchire l’uranio dal 3,5% al 20% è estremamente difficile. Una volta ottenuto questo step, però, arrivare dal 20% al 90% (weapon grade enrichment) è assai facile e rapido. Permettere all’Iran di arricchire ancora l’uranio al 20% o lasciare alla Repubblica Islamica il quantitavo di uranio già accumulato, quindi, significa garantire a Teheran di poter costruire la bomba atomica in qualsiasi momento.
L’agenzia di stampa ISNA del 30-08-2011, con le parole di Abbasi Davani
C’è di peggio: secondo l’articolo II del TNP, lo Stato membro non può “ricevere da chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, né il controllo su tali armi e congegni esplosivi, direttamente o indirettamente; si impegna inoltre a non produrre né altrimenti procurarsi armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, e a non chiedere né ricevere aiuto per la fabbricazione di armi nucleari o di altri congegni nucleari esplosivi”. Come già evidenziato, il programma nucleare iraniano, sanzionato a livello internazionale, è stato sviluppato grazie alla rete clandestina di A.Q. Khan – padre dell’atomica iraniana – e il test nucleare avvenuto a Parchin nel 2003. è stato raggiunto dall’Iran grazie al sostegno dello scienziato Vyacheslav V. Danilenko. Insomma, ancora una volta, l’Iran non ha rispettato il Trattato di Non Proliferazione Nucleare.
In poche parole, l’Iran sta usando i negoziati di Ginevra per uscire dall’isolamento internazionale, senza rinunciare praticamente a nulla. Mentre il mondo apre le sue porte al Rohani, Teheran viola quotidianamente il Trattato di Non Prolilferazione Nucleare con un solo e unico scopo: la bomba nucleare!
Lo scienziato pakistano A.Q. Khan, padre dell’atomica del Pakistan