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Nucleare? Un futuro da precario!

Creato il 30 gennaio 2011 da Gifh

Nucleare? Un futuro da precario!Le ultime notizie sull’energia che circolano in rete a volte sconfinano nel paradossale. Certo, quando si tratta di propinare dati improbabili oppure complicate dimostrazioni matematiche sulle millemila velleità del comparto nucleare, è facilissimo costruirsi delle ottime figure. Il problema è che qualcuno potrebbe crederci davvero, e allora non è proprio colpa sua se poi si propaganda di 10-12.000 fantasiosi posti di lavoro, quando negli Stati Uniti l’industria nucleare occupa, indotto compreso, meno di 500 persone per reattore. Cari aspiranti ingegneri nucleari e volenterosi operatori che auspicate di procurarvi qualche vantaggio dalle promesse del carrozzone nucleare che si vorrebbe impiantare sul nostro Bel Paese, non illudetevi, per voi non ci sarà posto!

Già, perché è uso comune impiegare operai che parlano lingue diverse, forse per preservare il segreto industriale, chissà. Ad Olkiluoto, in Finlandia, circa il 30% della forza lavoro è di origine polacca e questo, naturalmente, ha creato grossi problemi di comunicazione, rallentando enormemente i lavori.

La crisi del nucleare non conosce tregue, e i baluardi designati a rappresentare questa tendenza sono proprio gli ultimi nati della cosiddetta terza generazione, il CANDU, l’EPR e l’AP1000, tanto per citare quelli che hanno preso più piede. Proseguite a vostro rischio e pericolo, e naturalmente con un pizzico di capsaicina!

Nucleare? Un futuro da precario!
I reattori di tipo CANDU generano più trizio nel loro refrigerante rispetto alle filiere ad acqua leggera, a causa della cattura neutronica da parte dell’idrogeno pesante. Parte di questo trizio sfugge nell’edificio di contenimento ed è generalmente recuperato, ma una piccola percentuale (diciamo circa 1%) sfugge dalle strutture di contenimento e costituisce una emissione radioattiva di routine (oltre tutto più grande che in un LWR di dimensioni simili).  Generalmente ci sono significativi dibattiti pubblici riguardo alle emissioni radioattive dalle centrali nucleari, e per gli impianti CANDU il trizio rappresenta una delle maggiori preoccupazioni. Nel 2009 Greenpeace pubblicò un preoccupante rapporto sulle emissioni di trizio dalle centrali nucleari Canadesi, scritta dal Dr. Ian Fairlie (ne avevo parlato qui). Questo documento fu prontamente contestato dal Dr. Richard Osborne,  tuttavia gli strani legami di quest’ultimo con l’AECL sono sufficienti a dissipare ogni dubbio in proposito…

Gli AP1000 sono attualmente in costruzione solo in Cina, 4 reattori di cui forse si vedrà qualche kW solo dal 2014 in poi, Maya permettendo, gli altri aspettano curiosi tergiversando allegramente.

L’EPR, questo fantastico European Pressurized Reactor che ti riempie la bocca, non è da meno.   Il Professor Stephen Thomas ricercatore  di politica energetica presso l’Università di Greenwich, con un’esperienza di oltre 25 anni nel campo, si è specializzato nel settore dell’economia e politica del nucleare, liberalizzazione e privatizzazione dei settori dell’energia elettrica e del gas, e nella politica commerciale sulle industrie di rete energetica e scrive editoriali per alcune prestigiose riviste specializzate.

L’analisi inclemente che Steve Thomas argomenta esaustivamente nell’opera dal titolo inequivocabile The EPR in Crisis, può servire a placare ogni facile entusiasmo. Ve ne risparmio le cronache, tuttavia provo a tradurne le conclusioni.

Il progetto EPR è in crisi.

  • La  costruzione è proceduta in maniera drammaticamente maldestra nei due siti europei in cui sorgeranno i nuovi reattori;
  • i prezzi a cui vengono offerti sono talmente elevati che in qualsiasi concorso a cui partecipano, rimangono invenduti (Sud Africa e Canada), oppure i contratti vengono aggiudicati con investimenti stracciati da parte di qualche concorrente opportunista (UAE);
  • i mercati potenziali come USA, UK e Italia sono tutti problematici e, se mai verranno piazzati, non sarà nell’immediato futuro come ci si aspetta;
  • i processi per l’ottenimento delle autorizzazioni di sicurezza in Francia, Regno Unito e Stati Uniti, sono ancora lungi dall’essere completati, e anche in caso di approvazione, le disposizioni necessarie per soddisfare i regolamenti che emergeranno, faranno lievitare i costi significativamente e inesorabilmente.

Non parliamo nemmeno del nucleare a fusione, che se tutto va bene, forse verrà realizzato solo dai nostri pronipoti. Ecco cosa ne pensa Michael Dittmar (del CERN) il quale ha pubblicato la sua analisi in quattro parti:

The Future of Nuclear Energy: Facts and Fiction

Chapter I: Nuclear Fission Energy Today

Chapter II: What is known about Secondary Uranium Resources?

Chapter III: How (un)reliable are the Red Book Uranium Resource Data?

Chapter IV: Energy from Breeder Reactors and from Fusion?

Come potrete notare, l’ultima parte considera improbabile lo sfruttamento industriale della fusione nucleare. Emblematica l’analogia che chiude il paper, con un chiaro richiamo alla fiaba di Hans Christian AndersenI vestiti nuovi dell’Imperatore, in cui si sfrutta l’eloquente metaforica:

“Nelle prossime stagioni, l”autunno e l’inverno” della nostra civiltà industriale, caratterizzati dal declino dei combustibili fossili, appare chiaro che i vestiti dell’imperatore “energia da fissione nucleare” sono di gran lunga troppo sottili per mantenere lui e gli altri al caldo, e che il Re “fusione nucleare” ormai è praticamente nudo davanti a tutti! “.

Nonostante le dichiarazioni spesso ripetute come un disco rotto, che la tecnologia dei reattori veloci è oramai ben compresa, non esiste alcuna prova che supporti questa tesi. I due FBR in costruzione in India e Russia, non danno segni di supportare con successo nessuno dei principi sui quali si fondano. Probabilmente queste notizie infrangeranno i sogni più rosei delle convinzioni nucleariste…

Ma cosa dicono le previsioni più autorevoli sul futuro nucleare, in rapporto all’estrema e inevitabile competizione manifestata dalle  energie rinnovabili? Secondo l’ultimo rapporto rilasciato dall’EIAInternational Energy Outlook 2010 – Highlights, nelle proiezioni che arrivano fino al 2035, si prevede una crescita delle rinnovabili che tocca il 3% annuo, con quote di generazione condivisa in aumento dal 18% del 2007, fino a toccare il 23% nel 2035. La quota del nucleare aumenterà nello stesso periodo al massimo del 2%. Tuttavia sempre secondo Michael Dittmar, “Il contributo della fissione nucleare nel totale dell’energia elettrica prodotta, è scesa da circa il 18% di dieci anni fa a circa il 14% per cento registrato nel 2008″. Un calo davvero inquietante per le lobby che operano nel settore. Sarà questo il vero motore del presunto voluto rinascimento nucleare a cui stiamo assistendo in questi ultimi tempi?

Lo stesso rapporto prevede, nell’ambito delle fonti rinnovabili, un forte incremento dovuto alle energie idrauliche e da fonte eolica. Dei 4.500 miliardi di kilowattora derivati dall’aumento della produzione da fonti rinnovabili nel periodo di proiezione, 2.400 miliardi di kilowattora (il 54%) è attribuito a centrali idroelettriche e 1.200 miliardi di kilowattora (26%) al vento. Le alternative rimanenti, solare, geotermica, biomasse, rifiuti, e delle maree/onde/oceaniche, aumentano con ritmo più che significativo.

Queste tuttavia sono previsioni che non possono prevedere l’eventuale sviluppo che arriva dal progresso scientifico, il quale nel campo del fotovoltaico per esempio compie passi da gigante e lo fa rapidamente.

Nucleare? Un futuro da precario!
Il diagramma a lato rappresenta i percorsi cronologici della migliore ricerca scientifica in rapporto all’efficienza raggiunta, ovvero lo stato dell’arte nella ricerca sulla tecnologia del fotovoltaico e la sua storia, che diciamocelo, è decisamente sorprendente se confrontata con la sua relativa “anzianità” di esercizio, in rapporto agli altri sistemi di produzione energetica. L’efficienza di un pannello fotovoltaico è un calcolo molto complesso e dipende da numerose variabili, tra cui anche la semplice diffusione commerciale in un certo momento, che può favorire una tecnologia piuttosto che l’altra, quindi un calcolo sommario avrebbe poco senso.
Di recente (2007) è stato sfondato il limite di efficienza del 40%, sfiorando il ragguardevole limite del 42.8% con tecnologia a pacchetti ibridi multigiunzione (1), mentre le celle più diffuse credo siano quelle a silicio multicristallino, con efficienze variabili dal 14 al 19%. (2) Dispositivi accessori come i concentratori potrebbero inoltre aumentare l’efficienza anche del 15%, il che non è poco.

Premetto che sono un po’ arrugginito e talvolta prendo qualche cantonata, ma concedetemi un piccolo calcolo. Accetto critiche e correzioni in proposito, ritengo che in questo frangente posso solo imparare.

Secondo lo Statistical Review of World Energy 2009, il consumo totale di energia nel 2008 nel mondo ha raggiunto i 474 exajoule (474×1018 J), e considerando che 1 J = a 2,7778*10-7 kWh, ottengo circa 1,31 *1014 kWh totali. Per confronto, le potenzialità raggiungibili dall’energia solare, si estendono fino a 174 petawatts (1.740×1017 W), basandosi su un diametro della sezione terrestre illuminata di 127.400.000 km2, qualche ordine di grandezza superiore rispetto agli attuali consumi. In pratica meno dello 0,02% delle risorse disponibili sono sufficienti per sostituire interamente tutti i combustibili fossili e l’energia nucleare come fonte di energia. La sola fotosintesi recupera in tutto il mondo ben 3.000 exajoule in biomassa ogni anno. In pratica la quantità di energia solare che raggiunge la superficie del pianeta è così vasta che in un anno è circa il doppio di quanto potrà mai essere ottenuta da tutte le risorse non rinnovabili della Terra, siano esse provenienti dal carbone, petrolio, gas naturale o uranio estratto, nel loro complesso.

Dati obsoleti, giusto per non illudersi troppo,  indicano che un pannello tipico da un metro quadro produce 150W. Tale pannello accumulerà ogni giorno circa 1 kWh, in media, prendendo in considerazione la variabilità del tempo e una latitudine mediamente favorevole. Nelle migliori condizioni (Sahara) si potrebbero ottenere fino a 8.3 kWh/m²/giorno. Ipotizziamo che l’intera superficie non abitata del deserto del Sahara, che supera i 9 milioni di km², fosse ricoperta da pannelli fotovoltaici, la produzione totale fornirebbe ben 630 terawatt, oppure con soli 360.733,5 km² (1,31 *1014 kWh/anno diviso 365 kWh/m²/anno) si eguaglierebbe l’intero fabbisogno energetico mondiale del 2008. Incredibile, vero? Io stesso stento a credere ai miei calcoli.

Nucleare? Un futuro da precario!

La sovrapposizione metrica del quadrato di Muneer

Probabilmente avrò commesso qualche errore, tuttavia esiste un calcolo molto simile, chiamato confidenzialmente il “quadratino di Muneer“. Se volete sapere cos’è, vi consiglio di dare un’occhiata al relativo articolo curato del Prof. Bardi che ne analizza gli estremi. Nella fonte citata si disegna un quadrato tratteggiato nel mezzo dell’Arabia Saudita, che se tappezzato di pannelli fotovoltaici al 20% di efficienza, basterebbe per fornire energia in quantità pari a quelle estrapolate per la produzione mondiale totale di energia elettrica nel 2020. Con un po’ di impegno ho sovrapposto il dettaglio della mappa riportante il quadratino su una presa da wiki con il riferimento metrico. Con le dovute imprecisioni (ho dovuto ruotare di qualche grado una delle due, e la distorsione di curvatura ha complicato il pairing), oltre a una certosina tolleranza occhiometrica, il quadrato risulta avere una dimensione pari a circa 200 km di lato, quindi 40.000 km².

Ma allora di cosa parliamo? Referendum, forum nucleare, maree nere, particolato, bronchiti, avvelenamenti, inquinamenti, lobby e sorelle, radiazioni vaganti, perdite tossiche, leucemie e tumori, global warming e acidificazione degli oceani, e chi più ne ha più ne metta, cerchiamo di proporre confronti diretti risolutivi, e non il modo migliore per metterci in saccoccia la mazzetta a scapito dei nostri eredi.

Tre domande di cui mi aspetto una risposta concreta:

Prima questione, è assodato o meno che il nucleare non è rinnovabile?

Secondo, un confronto diretto. Gse prevede che gli impianti fotovoltaici in esercizio in Italia hanno una potenza complessiva di 3 GW. (3) Direi che l’eolico supera ampiamente i 5 GW, Se aggiungiamo geotermico (altamente sottosfruttato), biomasse, ecc., forse raggiungiamo un totale di 10 GW, a quante centrali nucleari corrispondono?

Per finire. Dato il limite praticamente inesistente al pieno sfruttamento delle energie rinnovabili, per spazi disponibili, per essere costruite con risorse in gran parte riciclabili (un pannello si ricicla ora fino al 95%!) e presenti in quantità tali da non preoccuparsi dei picchi (famoso il picco del silicio!

Nucleare? Un futuro da precario!
), con impatti nulli o irrilevanti sull’ambiente (se non consideriamo i sensibili che sentono ronzii o sono abbagliati dagli specchi solari), per la ricerca scientifica che compie passi da gigante giorno dopo giorno, la domanda è: quante centrali nucleari che vanno a uranio possiamo costruire sulla Terra prima di renderci conto di ritrovarci in mano tante scatole vuote (e un pugno di mosche radioattive), inutili tra un tot di anni, tonnellate e tonnellate di scorie intrattabili comprese?
Nucleare? Un futuro da precario!


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